«La diagnosi di linfoma è stata un fulmine a ciel sereno che mi ha colpita a febbraio 2019: avevo 31 anni e stavo benissimo, senza alcun sintomo! Un giorno sono svenuta e sono stata ricoverata al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Martino di Genova, dove mi hanno diagnosticato un arresto cardiaco, insolito però per la mia giovane età. Per questo hanno preferito fare ulteriori accertamenti e dalla TAC è emersa una tragica realtà: avevo un “linfoma primitivo del mediastino”, una patologia molto rara (2%) che ha provocato un’infezione estesa, con abbondante versamento di liquido nella zona intorno al cuore, del pericardio e del mediastino. Mi hanno fatto sette infusioni di chemioterapia che purtroppo non hanno funzionato. Mi sono rivolta allora a un ospedale specializzato di Torino dove per la prima volta mi hanno parlato delle CAR-T, una parola che non conoscevo e che poi è diventata tanto familiare nella mia vita. Si trattava di nuova terapia che allora era in fase sperimentale. Come da protocollo, mi hanno fatto un secondo ciclo di chemioterapia che non ha funzionato. E allora mi hanno indirizzata all’Ospedale San Raffaele di Milano, dove era a disposizione l’ultimo lotto di terapia compassionevole con CAR-T. E sono stata inserita nella sperimentazione di questa nuova cura. Il ricovero è avvenuto ai primi di dicembre: mi hanno prelevato alcune cellule del sangue (linfociti) che sono stati trasferiti in America per essere “ingegnerizzati”. L’infusione delle nuove cellule, concentrate in una minuscola provetta di soli 20 ml, è avvenuta il 27 dicembre 2019. Sono rimasta ricoverata per tutte le Festività natalizie e ho trascorso pure il Capodanno al San Raffaele: un periodo che non dimenticherò mai! A febbraio 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia, sono stata dichiarata “guarita”, una parola che mi sembrava irreale, tenendo conto che pochi mesi prima non avevo più alcuna speranza di vivere, dopo due fallimenti della chemioterapia. Oggi, a due anni di distanza, sono completamente libera dalla malattia. E non aspetto l’ora di festeggiare un Natale e un Capodanno come si deve. A gennaio mi verrà anche reimpiantato il tessuto ovarico, che avevo congelato prima della chemioterapia, per permettermi di poter conservare la fertilità. E così ritornerò a tutti gli effetti una donna normale e spero tanto un domani di poter realizzare anche il sogno di diventare mamma!»
Anche noi auguriamo ad Eleonora di realizzare tutti i suoi sogni, dopo le tante prove che è riuscita a superare nella vita. È stata infatti tra le prime donne in Italia ad aver sperimentato questa nuova terapia, molto efficace, con tassi di remissione completa dell’82% in alcune patologie del sangue, come i linfomi più aggressivi (Linfoma diffuso a grandi cellule B e Linfoma primitivo del mediastino) e anche alcuni tipi di leucemie, come la linfoblastica acuta (50% di remissione), il più frequente tumore del sangue in età pediatrica. Attualmente in Lombardia esistono sette centri autorizzati per questi trattamenti, il più alto numero tra tutte le Regioni italiane.
Al via la campagna. Le CAR-T sono una speranza sempre più concreta per quei malati che non rispondono alle terapie convenzionali, ma cerchiamo di capire come funzionano e in quali casi possono essere impiegate. Il “laboratorio lombardo” è il punto di osservazione ottimale per rispondere a queste domande e per questo motivo è Milano a ospitare la prima tappa di “CAR-T – Destinazione futuro”, campagna itinerante e online, promossa da AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma, e realizzata con il supporto non condizionante di Celgene (ora parte di Bristol Myers Squibb), Janssen e Novartis: un vero e proprio “viaggio nel futuro” della lotta ai tumori, al quale sono invitati a partecipare pazienti, familiari, medici e istituzioni, articolato in eventi sul territorio e attività digitali, finalizzate ad accrescere l’informazione, far emergere bisogni e risolvere criticità.
«L’ arrivo delle CAR-T ha aperto nuove prospettive per alcune malattie ematologiche, ha innescato grandi aspettative tra i pazienti e i familiari e ha suscitato molto entusiasmo anche tra noi ematologi: ma serve un’informazione corretta, puntuale e trasparente per chiarire dubbi e incertezze su una terapia così innovativa», puntualizza Sergio Amadori, Presidente Nazionale AIL. «Per questo AIL ha deciso di scendere in campo con una campagna itinerante e online di informazione sulla terapia, e lo fa proprio in questi giorni dedicati alla raccolta fondi per la ricerca (vedi news AIL). L’obiettivo è spiegare ai pazienti e ai loro familiari che l’arma delle CAR-T c’è ed è efficace, ma in questo momento non è un’arma per tutti: è indicata solo per alcuni tipi di malattie ematologiche e per pazienti con requisiti adeguati, in centri qualificati e autorizzati. L’altro obiettivo è aprire a livello nazionale e locale un confronto con specialisti e decisori, per valutare le criticità e poter creare le premesse affinché questa innovazione abbia pieno successo».
Le attività della campagna prevedono una “landing-page” dedicata all’interno del sito dell’AIL (www.ail.it) con tutte le più importanti informazioni relative alle terapie CAR-T, assieme a una mappa dei Centri autorizzati alla somministrazione. I capoluoghi regionali che ospitano Centri abilitati alla somministrazione organizzano eventi che coinvolgono specialisti, pazienti, caregiver, i volontari AIL e i media per fare il punto sullo stato dell’arte sulla terapia CAR-T, le criticità nella Regione, le aspettative e le domande dei pazienti. Le attività di informazione sono arricchite da un video-racconto, disponibile sulla landing-page della campagna, nel quale Andrea Grignolio, Docente di Storia della Medicina e Bioetica dell’Università San Raffaele di Milano, narra il percorso di scoperta che ha portato a questo approccio rivoluzionario nel trattamento dei tumori.
Come agiscono queste terapie?
Le CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T cell therapies), sono la nuova frontiera della medicina personalizzata nel campo dei tumori e rappresentano un’opzione terapeutica in quei pazienti nei quali le precedenti strategie terapeutiche standard (chemioterapia e trapianto di cellule staminali emopoietiche) hanno fallito: i linfociti T prelevati dal sangue del paziente, vengono “armati” in modo tale da esprimere sulla loro superficie il recettore CAR che li aiuta a riconoscere le cellule maligne e ucciderle, per poi essere reinfuse nel paziente stesso.
«Le CAR-T possono essere considerate come la terapia per pazienti che non hanno altre opzioni terapeutiche», afferma Paolo Corradini, Direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano e Presidente Società Italiana di Ematologia. «Queste terapie combinano almeno due aspetti fondamentali: sono terapie intelligenti, in quanto identificano un solo recettore espresso dalle cellule tumorali, risparmiando i tessuti sani del paziente. In più sono terapie personalizzate e mirate, perché sono prodotte a partire dai linfociti del singolo paziente al quale vengono reinfuse dopo il processo di ingegnerizzazione che “arma” i linfociti contro le cellule tumorali. Un’altra peculiarità è che possono rimanere a lungo nell’organismo del paziente in cui vengono reinfuse, garantendo un meccanismo d’azione protratto nel tempo e in grado di riattivarsi ogni volta che la malattia ricompare». Molto resta ancora da capire e da studiare rispetto alla sicurezza e all’efficacia di queste cure, il cui utilizzo è associato al rischio di eventi talvolta gravi, come la sindrome da rilascio di citochine, che è provocata da un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati. Inoltre, può verificarsi la riduzione dei linfociti B e degli anticorpi e la persistenza di citopenia tardiva. Alle criticità acute si può rimediare con un buon impianto organizzativo e formativo e con lo stretto contatto con le terapie intensive. Le criticità di tipo cronico devono avvalersi di un buon team di patologia che faccia leva su ematologi dedicati. Per questo le terapie CAR-T possono essere somministrate in un numero limitato di Centri di ematologia e oncoematologia, pediatrica e per adulti, ad alta specializzazione per il trattamento delle Leucemie e dei Linfomi, con specifici requisiti (tra cui la disponibilità di accesso alla terapia intensiva, la certificazione del Centro Nazionale Trapianti in accordo con le Direttive UE, l’accreditamento JACIE 7.0 per il trapianto allogenico, la presenza di un Centro di aferesi e di un laboratorio per la criopreservazione).
Quali patologie si curano?
«La terapia CAR-T rappresenta uno sviluppo articolato e specializzato dell’attività dei Centri di trapianto avanzato», sottolinea Fabio Ciceri, Professore Ordinario di Ematologia Università Vita-Salute San Raffaele, Direttore U.O. Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo, IRCCS Ospedale San Raffaele. «I Centri di trapianto dove vengono somministrate le CAR-T sono esperti in trapiantologia complessa, in particolare proprio nel trapianto effettuato da donatore, perché dal punto di vista clinico bisogna saper governare le eventuali complicanze che sono non molto dissimili da quelle gravi del trapianto da donatore. Inoltre, questi Centri sono già abituati a gestire il materiale, in quanto sono anche Centri di raccolta di donatori volontari. Il nostro è il secondo Centro in Italia che preleva da donatori volontari e inviamo cellule a tutto il mondo».
I tumori ematologici, Leucemie e Linfomi, sono quelli più frequenti in età pediatrica, dagli 0 a 18 anni, di cui la Leucemia Linfoblastica Acuta è la forma più comune. Le prime sperimentazioni cliniche ed evidenze scientifiche sulle CAR-T si sono avute proprio sui tumori del sangue pediatrici, e nello specifico la Leucemia Linfoblastica Acuta dei bambini. La prima sperimentazione di questa terapia risale al 2012 con Emily, la bimba americana con questa leucemia, destinata a morte sicura, se non fosse entrata nella prima sperimentazione delle CAR-T presso l’Università della Pennsylvania.
«Grazie ai progressi degli ultimi anni la Leucemia Linfoblastica Acuta può essere considerata guaribile nell’80% dei bambini, ma la sfida è guarire di più, perché un 15-20% purtroppo muore ancora oggi a causa di questa malattia», aggiunge Andrea Biondi, Professore di Pediatria, Università degli Studi Milano Bicocca, Direttore Clinica Pediatrica Fondazione MBBM, Ospedale San Gerardo di Monza, European Reference Network (ERN). «Per i pazienti che vanno incontro a ricaduta o sono resistenti a più linee di trattamento, le terapie cellulari CAR-T hanno dato risultati straordinari. Il Centro ML Verga di Monza ha partecipato agli studi registrativi, ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che siamo solo all’inizio di questa nuova pagina della medicina. Abbiamo bisogno della ricerca per disporre di CAR-T con un migliore profilo di sicurezza, più efficaci, cioè in grado di prevenire la ricaduta della malattia che spesso perde il bersaglio contro cui abbiamo sviluppato queste terapie ed infine che siano più sostenibili da un punto di vista economico». Il trattamento con le terapie CAR-T prevede un percorso lungo e segnato da paure, dubbi e aspettative. Ogni fase di cura necessita di uno speciale accompagnamento. La sezione AIL di Milano ha attivato da marzo 2021 l’ambulatorio psicologico per supportare e ascoltare i pazienti ematologici che sta riscuotendo notevole successo con decine di richieste.
«Il supporto psicologico garantisce uno spazio protetto in cui la persona è libera di condividere l’esperienza vissuta in tutte le sue dimensioni, in cui può trovare risorse e punti di forza necessari a fronteggiare l’intero percorso terapeutico e permette di valutare l’impatto emotivo delle terapie CAR-T, aiutando a migliorare l’aderenza al percorso terapeutico», commenta Eleonora Criscuolo, Responsabile Ambulatorio di Supporto Psicologico AIL Milano. Enorme l’impegno della sezione AIL di Milano, al servizio della comunità ematologica del territorio dal 1976, che non solo si occupa, attraverso il progetto “AIL accoglie. Vicini concretamente” dei bisogni dei pazienti e dei loro familiari, sostenendo i più vulnerabili, ma sostiene anche la ricerca scientifica sui tumori del sangue.
«Siamo orgogliosi di sostenere progetti attivi presso l’Istituto Nazionale Tumori sulle CAR-T», conclude Matilde Cani, Responsabile Progetti Istituzionali AIL Milano. «In particolare stiamo seguendo uno studio prospettico sulle patologie mieloproliferative e un altro sul Linfoma primitivo del mediastino, entrambi per il monitoraggio della terapia CAR-T e le caratteristiche biologiche e cliniche predittrici di efficacia, per valutarne l’andamento ed essere in grado di anticipare eventuali ricadute, così da personalizzare il più possibile il trattamento».
La campagna promossa dall’AIL, che coprirà quest’ultima parte dell’anno e proseguirà anche nel 2022, sarà una iniziativa in progress: le informazioni veicolate attraverso il sito e negli eventi in presenza e online saranno aggiornate in relazione alle novità che arriveranno dal fronte della ricerca, delle autorizzazioni dell’AIFA e delle esperienze cliniche.
di Paola Trombetta
Un “missile” teleguidato contro il mieloma multiplo
Il mieloma multiplo è al secondo posto tra i tumori del sangue più frequenti, dopo il linfoma non-Hodgkin, ed è responsabile dell’1-2% di tutte le neoplasie e del 10- 15% dei tumori ematologici. Colpisce soprattutto gli anziani, con un’età media alla diagnosi di circa 70 anni (solo il 2% dei pazienti ha meno di 40 anni) ed è un po’ più diffuso negli uomini. L’incidenza stimata in Italia è di 5700 nuovi casi all’anno, di cui 3019 negli uomini e 2740 nelle donne. Una svolta nella terapia viene oggi da un nuovo anticorpo monoclonale “coniugato” (belantamab/mafodotin) composto cioè da due molecole: la prima agisce come apripista, agganciandosi a un recettore presente sulla superficie delle cellule del mieloma, chiamato BCMA, antigene di maturazione dei linfociti B. A questo punto viene introdotta l’altra molecola, mafodotin, un chemioterapico che blocca i processi vitali della cellula neoplastica, provocandone la morte attraverso un meccanismo definito di “apoptosi”. In senso figurato, belantamab/mafodotin si comporta come un “cavallo di Troia”. A questa azione principale se ne affiancano altre che attivano il sistema immunitario e potenziano l’effetto anti-mielomatoso. Il dato significativo è che questa nuova cura ha dimostrato di saper tenere a bada il mieloma e aumentare la sopravvivenza in pazienti già trattati, per i quali non esistono ad oggi ulteriori possibilità terapeutiche. In base alle attuali approvazioni, attualmente ne possono beneficiare circa 200 pazienti, dei 5700 a cui ogni anno viene diagnosticato un mieloma. Per tutto il 2021, in attesa dell’imminente via libera dell’AIFA, GSK ha messo a disposizione gratuitamente belantamab ai centri che ne hanno fatto richiesta, grazie ad un progetto di Expanded Access Program. Questo ha permesso di dare più tempo e qualità alla vita a molti pazienti che altrimenti sarebbero stati destinati alla palliazione. Il trattamento con belantamab/mafodotin, che prevede un’infusione endovenosa ogni 3 settimane, nello studio clinico registrativo DREAMM-2 pubblicato da Lancet Oncology, ha ottenuto un tasso di risposta globale del 32%. Oltre la metà dei pazienti (58%) ha raggiunto una risposta parziale molto buona e in alcuni casi completa. La sopravvivenza globale mediana è stata di circa 14 mesi, un risultato sorprendente in questa particolare sottopopolazione di pazienti. Numeri importanti che aprono nuove opzioni terapeutiche contro il mieloma multiplo. P.T.