Incoraggianti novità riguardo la cura del tumore al seno, vengono dal recente congresso di San Antonio, il più importante appuntamento internazionale dedicato a questa neoplasia. In particolare dati interessanti sono emersi per un tipo di tumore, triplo negativo, che rappresenta circa il 10-15% dei casi ed è associato a un maggior rischio di recidiva e a una prognosi peggiore, tanto che solo il 12,2% dei pazienti con questo tumore metastatico sopravvive a 5 anni. I risultati di uno studio di fase I “TROPION” con l’utilizzo di due molecole, datopotamab e deruxtecan (Dato-DXd), un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato, sviluppato da Daiichi Sankyo, ha mostrato una risposta tumorale duratura e controllo della malattia nelle pazienti affette da carcinoma mammario triplo negativo metastatico, con progressione della malattia dopo trattamento standard. Una percentuale di risposta del 34% è stata osservata in 15 delle 44 pazienti trattate con questa combinazione di farmaci. Complessivamente è stato osservato un tasso di controllo della malattia del 77%. In un sottogruppo di 27 pazienti, non precedentemente trattati, è stata riportata una risposta obiettiva del 52%.
«Nonostante i recenti progressi nel trattamento del carcinoma mammario triplo negativo, sussiste una significativa necessità di migliorare gli esiti per le pazienti, che sottolinea l’importanza di sviluppare terapie nuove ed efficaci», ha precisato Ian Krop, responsabile associato della divisione di Oncologia senologica del Susan Smith Center for Women’s Cancers, Dana Farber Cancer Institute di Boston. «Questi risultati preliminari con datopotamab e deruxtecan in pazienti pretrattate con carcinoma mammario triplo negativo metastatico sono molto incoraggianti e garantiscono ulteriori valutazioni di questo anticorpo monoclonale».
Nuovi dati vengono anche dal trial DESTINY-Breast03 e confermano la significativa superiorità dell’anticorpo monoclonale trastuzumab deruxtecan rispetto a trastuzumab emtansine, per la sopravvivenza libera da progressione in sottogruppi di pazienti affette da carcinoma mammario HER2-positivo non operabile e/o metastatico, precedentemente trattato con trastuzumab e taxano, incluse quelle che presentano metastasi cerebrali. In queste ultime, il trattamento con trastuzumab deruxtecan ha dimostrato una sopravvivenza libera da progressione più elevata. In occasione della conferenza della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) dello scorso luglio 2021 erano stati presentati i risultati di trastuzumab deruxtecan sulla popolazione complessiva dello studio, e avevano dimostrato una riduzione del 72% del rischio di progressione della malattia e di morte.
Novità anche per il tumore BRCA mutato con metastasi
Un altro studio presentato al Congresso di San Antonio (RxPONDER), appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, conferma l’importanza di eseguire il test molecolare su 21 geni per identificare particolari mutazioni BRCA1 e 2 e consentire così di evitare chemioterapie inutili in donne in postmenopausa con tumore al seno allo stadio iniziale e linfonodi positivi. Quasi il 92% delle donne in postmenopausa trattate, dopo la chirurgia, con la sola terapia ormonale, dopo 5 anni sono vive e libere da malattia invasiva, senza differenze significative rispetto alle pazienti che hanno ricevuto la chemioterapia dopo l’intervento (91,3%). In Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 50 mila donne (fonte AIOM), di cui il 15% svilupperanno metastasi o ne hanno già alla diagnosi. Oggi almeno 37 mila donne convivono con una diagnosi di carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico: nel 10% dei casi il tumore esprime una mutazione del gene BRCA trasmesso per via ereditaria. Per queste donne, anche in Italia è disponibile talazoparib, farmaco della classe dei PARP-inibitori, indicato come monoterapia per il trattamento delle pazienti con carcinoma mammario HER2 negativo, localmente avanzato o metastatico, con mutazioni dei geni BRCA1/2. Come da indicazione europea, le pazienti devono essere precedentemente trattate con antraciclina o un taxano, se hanno un tumore localmente avanzato o metastatico, e le pazienti con carcinoma mammario positivo ai recettori ormonali devono essere state prima trattate con terapia endocrina.
«L’accesso al test BRCA è disponibile su tutto il territorio nazionale ed è garantito il rimborso per le pazienti oncologiche che possono avere le mutazioni», dichiara Saverio Cinieri, Direttore dell’Oncologia Medica e Responsabile Breast Unit, Presidio Ospedaliero “San Antonio Perrino” di Brindisi e Presidente Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). «Per decidere a quali donne proporre il test BRCA esistono linee guida e raccomandazioni emanate da AIOM e pubblicate sul sito www.aiom.it».
Come agisce questa nuova terapia? «I PARP-inibitori agiscono sui meccanismi di riparazione del DNA nelle cellule tumorali della mammella causandone la morte», spiega Lucia Del Mastro, Direttore Clinica di Oncologia Medica e Coordinatore della Breast Unit, Policlinico San Martino, Università di Genova. «Gli enzimi PARP hanno il compito di riparare i danni del DNA. Anche le proteine BRCA1 e 2 regolano la riparazione del DNA, che però è carente nelle pazienti con mutazione BRCA. Quando le cellule tumorali vengono esposte a sostanze che bloccano il meccanismo di riparazione legato ai PARP (vale a dire gli inibitori di PARP), non sono più in grado di riparare in alcun modo i danni del DNA e questo ne blocca la crescita e le conduce a morte. Questo meccanismo spiega perché gli inibitori di PARP sono efficaci e vengono utilizzati nei tumori BRCA mutati. Talazoparib rappresenta una nuova specifica strategia terapeutica per i tumori al seno BRCA mutati, che prima della disponibilità degli inibitori PARP venivano trattati con chemioterapia o con terapia ormonale in presenza di recettori ormonali».
L’approvazione di talazoparib si basa sui risultati dello studio di fase 3, denominato EMBRACA: ha messo a confronto talazoparib con chemioterapia standard ed è stato condotto su 431 pazienti affette da carcinoma mammario, localmente avanzato o metastatico HER-2 negativo, con mutazione BRCA, precedentemente trattati con non più di 3 cicli chemioterapici citotossici per il trattamento del carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico. Lo studio ha dimostrato che con talazoparib, a 12 mesi dall’inizio del trattamento, la malattia non è progredita nel 40% delle pazienti trattate rispetto al 20% di quelle trattate con chemioterapia, con una riduzione del rischio di progressione di circa il 50%. L’efficacia di talazoparib è stata osservata sia nel sottogruppo di pazienti con tumore triplo negativo, che nel sottogruppo con recettori ormonali positivi, così come nel sottogruppo non pretrattato o pretrattato con chemioterapia. Inoltre, una riduzione delle lesioni tumorali è stata osservata nel 63% dei pazienti trattati con talazoparib rispetto al 27% dei pazienti trattati con chemioterapia standard. Infine, il trattamento con talazoparib ha determinato un significativo miglioramento, rispetto alla chemioterapia, dello stato di salute globale e della qualità di vita.
di Paola Trombetta