“Vedo noi otto nell’alloggio segreto, come fossimo un pezzetto di cielo azzurro circondati da nubi nere di pioggia… Non le case e i tetti, ma il cielo: finché potrai guardare il cielo senza timori, saprai di essere puro dentro e che tornerai ad essere felice…”. La speranza di ritornare ad essere felice, come cita la stessa Anna Frank nel suo Diario scritto mentre viveva nascosta ad Amsterdam, è stata infranta il 4 agosto 1944. Una macchina della Gestapo, la polizia tedesca, si ferma davanti all’edificio della Prinsengracht 263. Lì una ragazzina ebrea di 15 anni, Anna Frank, si sta nascondendo dai nazisti in un rifugio segreto, nella soffitta della fabbrica dove lavorava il padre, assieme ai genitori, alla sorella, e alcuni amici. Tutti vengono arrestati e deportati nei campi di sterminio ad Auschwitz. Anna e la sorella Margot vengono trasferite a Bergen-Belsen, dove moriranno di tifo tra febbraio e marzo del ’45. Da decenni gli investigatori hanno cercato di rispondere a una domanda: come sapeva la Gestapo che la famiglia Frank si trovava in quell’edificio? Chi aveva fatto la spia? Oggi, in occasione della Giornata della Memoria (27 gennaio) a raccontarci “Chi ha tradito Anne Frank” (The Betrayal of Anne Frank) è un libro, pubblicato in Italia da Harper & Collins, della scrittrice canadese Rosemary Sullivan che, con un ex agente dell’Fbi, Vince Pankoke, e un gruppo di investigatori, ha portato alla luce uno dei punti più oscuri dell’arresto della famiglia Frank. Secondo gli investigatori, la persona che tradì Anna Frank fu Arnold van den Bergh, un notaio ebreo olandese che lavorava nel mondo dell’arte. Un ebreo che tradisce altri ebrei. Purtroppo non sono stati episodi sporadici: le persone denunciavano ai nazisti gli ebrei nascosti in cambio di denaro o altri favori. Pare addirittura che il motivo per cui Arnold van den Bergh avrebbe rivelato il nascondiglio segreto della famiglia Frank, fosse la sua stessa vita e quella della sua famiglia. Le indagini dell’ex agente dell’Fbi, del suo gruppo e della scrittrice sono iniziate nel 2016; ci sono voluti sei anni tra testimonianze e altri documenti per trovare il nome del “traditore”. Secondo gli investigatori, l’uomo lavorava nel mondo dell’arte e avrebbe addirittura gestito la vendita di alcune opere rubate da gerarchi nazisti, tra cui il generale Hermann Göring, presidente del Reichstag e fondatore della Luftwaffe, l’aviazione nazista. Di fatto, dunque, il notaio ebreo era diventato un collaboratore dei nazisti. Ecco perché, come risulta dalle carte degli investigatori, né lui, né la sua famiglia furono mai deportati nei campi di sterminio. Comunque, nonostante gli investigatori dell’Fbi e la scrittrice Rosemary Sullivan siano riusciti a trovare un nome, nessuno finora è riuscito a dimostrare in modo circostanziato, le effettive responsabilità di van den Bergh. Queste importanti informazioni sul suo conto hanno comunque aperto una nuova pista che andrà sicuramente scandagliata e sarà oggetto di ulteriori ricerche che interesseranno storici e scrittori. E forse saranno lo spunto per la stesura di altri libri. Ma difficilmente riusciranno ad ottenere quell’impatto emozionale del celebre Diario di Anna Frank, una sorta di epistolario scritto a un’amica immaginaria, ricco di pensieri e riflessioni intime, vissute e sofferte nella monotona quotidianità: la paura della guerra, i suoi sentimenti per Peter, il figlio di una coppia che condivideva il nascondiglio con loro, il conflitto adolescenziale con i genitori, il suo desiderio di diventare scrittrice. Un testamento epistolare di un’adolescente, prigioniera di un destino tragico, che non le impedirà però di diventare la scrittrice famosa di un best-seller letterario, apprezzato dal mondo intero, da cui è stato prodotto anche un film. Un desiderio più volte manifestato dalla giovane Anna mentre era in vita: grazie al padre Otto, l’unico sopravvissuto della famiglia, che aveva ritrovato nel nascondiglio il diario dei suoi appunti, tale desiderio è divenuto realtà!
di Paola Trombetta