Dafne è la protagonista del cortometraggio “Mi Vedete”, presentato a Giffoni Next Generation, per favorire il confronto sul tema della depressione nei giovani, la cui incidenza è raddoppiata rispetto a prima della pandemia da COVID-19, assumendo le caratteristiche di una vera e propria urgenza sociale. Scritto dallo sceneggiatore Manlio Castagna e diretto dal regista Alessandro Riccardi, è stato realizzato da Giffoni Innovation Hub, su un’idea di Lundbeck Italia, in collaborazione con Havas Life e con il patrocinio di Cittadinanzattiva, Progetto Itaca Onlus, Laboratorio Adolescenza e SIP (Società Italiana di Psichiatria). E’ la storia di una ragazza di 16 anni affetta da depressione, che esprime il suo malessere attraverso l’isolamento sociale, l’irrequietezza e anche tramite gesti di autolesionismo, un comportamento purtroppo sempre più frequente tra i giovani. La depressione, così ingombrante, intrusiva e invadente nella vita della ragazza, arriva ad assumere le sembianze di una vera e propria presenza fisica: un’ombra. Un’ombra che accompagna Dafne costantemente in ogni sua attività quotidiana, restando però invisibile agli occhi dei genitori che, pur premurosi e attenti, non riescono a “vederla” perché impreparati e spaventati di fronte a ciò che semplicemente non conoscono. L’ombra crea in Dafne irritabilità, senso di inadeguatezza, oppressione e paura del futuro, fino a spingerla a compiere un gesto estremo: il tentato suicidio. La protagonista, con il supporto di figure esperte che aiuteranno anche i genitori a “vedere” e riconoscere la malattia della figlia, riuscirà progressivamente a prendere le distanze dall’ombra della depressione intraprendendo un percorso di cura verso la guarigione, perché la depressione è una malattia che, in quanto tale e al pari di altre patologie, può essere curata e superata. Il cortometraggio fa parte del progetto adoleSCIENZE, un’iniziativa di Lundbeck Italia, che nasce dalla necessità di sensibilizzare, informare e creare consapevolezza sulle malattie mentali in età adolescenziale, con l’obiettivo di superare lo stigma che ancora esiste.
Il cortometraggio è stato realizzato con il supporto di un Board Scientifico di clinici esperti che hanno contribuito alla creazione della storia per assicurare che fosse sovrapponibile alla realtà e hanno curato, insieme al regista e allo sceneggiatore, i dialoghi per facilitare il coinvolgimento del giovane pubblico: Sergio De Filippis, Direttore Sanitario e Scientifico clinica neuropsichiatrica Villa Von Siebenthal, Genzano di Roma e Docente Psichiatria delle Dipendenze alla Sapienza Università di Roma; Giovanni Martinotti, Professore Associato, Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, Università “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara; Gabriele Sani, Professore Ordinario di Psichiatria Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma e Direttore UOC di Psichiatria Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” IRCCS; Stefano Vicari, Professore Ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica, Università Cattolica, Roma e Responsabile Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
<Il timore dei ragazzi è il confronto con i genitori e domina su tutto la paura del giudizio. Ma l’aspetto positivo che abbiamo voluto sottolineare attraverso la storia di Dafne è l’evoluzione, la consapevolezza, il poter arrivare a dire “io mi sono curata, io ce l’ho fatta”. Non c’è da avere paura di mostrare le proprie fragilità perché, se aiutati ad affrontarle e a superarle, potrebbero trasformarsi nella nostra forza. Bisogna destigmatizzare la salute mentale e per farlo è necessario parlare ai ragazzi, spiegando loro che la depressione è una patologia come tutte le altre, che può essere curata e sconfitta, come fa Dafne nel cortometraggio>, dichiara il Professor Sergio De Filippis, Direttore Sanitario Clinica neuropsichiatrica Villa Von Siebenthal, Docente Psichiatria delle Dipendenze alla Sapienza Università di Roma.
Nel corso dei lockdown, dovuti alla pandemia COVID-19, i sintomi di depressione e ansia sono raddoppiati rispetto alle stime prepandemiche: 1 giovane su 4 (25,2%) e 1 su 5 (20,5%), a livello globale, sta sperimentando rispettivamente sintomi depressivi e ansiogeni. In Italia, durante la pandemia, il 16% dei pazienti psichiatrici ha tentato il suicidio, mentre l’ideazione suicidaria e l’autolesionismo sono state le ragioni di ricovero nel 31,5% dei pazienti, con un’incidenza elevata soprattutto tra le ragazze. <Ad oggi purtroppo in Italia c’è una scarsa cultura sulla Salute Mentale e il tema è ancora molto ignorato. Questi antichi pregiudizi possono essere superati solo con un’adeguata politica a supporto della Salute Mentale, dando tempo alle famiglie di occuparsi dei figli, mettendo i bambini al centro delle nostre agende, valorizzando il lavoro degli insegnanti nelle scuole e creando luoghi di aggregazione in cui i ragazzi, specialmente quelli con disturbi mentali, possono coltivare relazioni sane>, puntualizza il Professor Stefano Vicari, Ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica, Università Cattolica, Roma e Responsabile Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Il cortometraggio sarà pubblicato sul sito: insiemeperlasalutementale.it/adolescenze.
Paola Trombetta