Piccole perdite, anomale, di colore scuro che si verificano tra un ciclo mestruale e l’altro: gli esperti le definiscono “spotting”, termine inglese che significa “macchiare”. Possono essere eventi sporadici, altre volte un campanello d’allarme meritevole di attenzione; allora, per derimere ogni dubbio e preoccupazione all’eventuale comparsa, meglio sempre parlarne con il proprio ginecologo così da determinarne la causa e agire tempestivamente se necessario.
Le donne sono propense a chiamare queste perdite “sanguinamenti” anomali: corretto di per sé, ma troppo semplicistico e generico, perché quando appaiono fuori programma, non nel corso o in prossimità del ciclo, possono avere diversa origine che va motivata, anche con il loro giusto nome. È definito, ad esempio, intermestruale lo spotting che si verifica tra un ciclo e l’altro, ma non è la sola occasione di comparsa; può infatti verificarsi anche a seguito di rapporti sessuali come conseguenza di una possibile lesione. Oppure può avere una ragione clinica, annunciando un’eventuale malattia sessualmente trasmissibile come la clamidia, contratta dal partner, specie se nuovo o occasionale, o nel corso di rapporti sessuali non protetti. O, ancora, lo spotting può essere dovuto a un aborto spontaneo recente, a secchezza vaginale o perfino allo stress. Ragione per cui essere superficiali non è corretto, né nei confronti di sé stesse né della salute in generale.
«È importante capire innanzitutto il perché dello spotting. Il modo più semplice – spiega Manuela Farris, ginecologa – è tenere traccia dei cicli in un calendario, anche facendo ricorso a strumenti digitali come le App ad esempio: ciò aiuta a monitorare le perdite di sangue, identificando il momento in cui arrivano al di fuori del regolare ciclo mestruale. Ma non solo, è importante definire anche la quantità della perdita, cioè se è leggera quindi riferibile al classico “spotting” o più abbondante, e la durata». Ci sono infatti alcuni contesti in cui la comparsa di perdite anomale è più comune e frequente, tra questi il sanguinamento intermestruale che può comparire nelle giovani donne che assumono contraccettivi ormonali per diverse cause: l’aver dimenticato di prendere una pillola, una tipologia di pillola non indicata per la donna perché troppo “leggera”, a seguito dell’assunzione della pillola contraccettiva di emergenza. Anche il momento in cui compare lo spotting può essere una preziosa indicazione per definire la possibile causa: se si verifica a metà tra i cicli, associato anche a possibili dolori pelvici, definito dagli esperti come sanguinamento ovulatorio, può essere spia di una problematica in atto. «Lo spotting – continua la dottoressa – può originare da due cause principali: i cambiamenti ormonali, riconducibili anche a condizioni particolari che possono dare sanguinamento irregolare, come la sindrome dell’ovaio policistico o alterazioni della cervice dovute alla presenza di eventuali polipi o fibromi. Con l’età, invece, potrebbe essere sintomo (anche) di un tumore dell’utero, della vagina o della vulva. La seconda motivazione dello spotting può essere una causa organica. Ecco l’importanza di rivolgersi a un esperto di riferimento per ricevere una diagnosi corretta».
Il ginecologo, per arrivare a definire la causa, avrà necessità di quante più informazioni possibili: la presenza di patologie croniche, l’assunzione di specifici farmaci, la storia clinica dell’insorgenza, l’eventuale protrarsi degli episodi di spotting e la loro periodicità. In quest’ultimo caso può aiutare la tenuta di un registro dei sanguinamenti. «Consente di definire – precisa Farris – l’associazione con condizioni particolari, per esempio, dopo i rapporti sessuali o capire se capitano sempre nello stesso periodo, a metà, prima o dopo il ciclo. Conoscere anche un cambiamento recente della contraccezione, o l’eventuale variazione dell’assunzione, quali il salto di una pillola o l’aver fatto ricorso alla pillola di emergenza, può aiutare a chiarire la causa del sanguinamento».
Definita l’origine si potrà intraprendere la scelta terapeutica più adeguata. «In caso si sospetti di un’infezione alla base – conclude la ginecologa – sarà necessario procedere con uno screening delle IST (Infezioni Sessualmente Trasmesse), che consiste in un prelievo di sangue o un tampone vaginale. Di norma, o comunque quasi sempre, in caso di sanguinamenti al di fuori del normale ciclo si eseguono un test di gravidanza e un’ecografia pelvica, possibilmente transvaginale; mentre in caso di assunzione di pillola anticoncezionale si potrà deciderne la sostituzione con una di diversa tipologia per verificare se il sanguinamento si risolve». I trattamenti più appropriati in tutti gli altri casi saranno decisi dal medico: il fai-da-te, anche in questo caso, non è raccomandato.
di Francesca Morelli