La modella Bianca Balti ha annunciato, in occasione di una recente diretta Instagram, che si sottoporrà all’asportazione di tube e ovaie in via profilattica, essendo risultata positiva alla mutazione BRCA 1 che fa aumentare fino al 40% la possibilità di ammalarsi di tumore all’ovaio. Sembra dunque essere prossima a un intervento chirurgico che la porterà ad andare in menopausa a 38 anni. Nel frattempo ha provveduto al congelamento degli ovociti per garantirsi la possibilità di una futura gravidanza. Ma il rischio di ammalarsi di un tumore all’ovaio ha avuto evidentemente il sopravvento rispetto al desiderio di una gravidanza, che verrà invece posticipata. Una decisione coraggiosa, che era già stata presa qualche anno fa, con molto clamore, dalla celebre attrice Angiolina Jolie, la quale, dopo aver avuto un tumore al seno, aveva scoperto di avere la mutazione del gene BRCA1.
Oggi sono sempre più numerose le donne, soprattutto già in menopausa e con figli, che, dopo aver individuato queste mutazioni, decidono di attuare questa scelta drastica per evitare in futuro il rischio di ammalarsi di questo tumore, considerato uno dei più aggressivi e con più alta mortalità. Il 25% dei casi di tumore dell’ovaio è infatti riconducibile alla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Mancano ancora oggi purtroppo efficaci strumenti di screening di questa neoplasia e circa l’80% delle pazienti presenta la malattia in fase avanzata al momento della diagnosi.
«Conoscere lo stato della mutazione di questi due geni è molto importante e il test BRCA dovrebbe essere effettuato su tutte le pazienti al momento della diagnosi», ha commentato Saverio Cinieri, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), dopo la dichiarazione della modella. «È questa la via da seguire per definire le migliori strategie terapeutiche e iniziare il percorso familiare che può permettere l’identificazione di persone sane con mutazione BRCA, nelle quali impostare programmi di sorveglianza intensiva, medici e chirurgici, per la riduzione del rischio di sviluppare il carcinoma ovarico. L’asportazione chirurgica preventiva deve quindi inserirsi in un articolato percorso di consulenza oncogenetica in centri specializzati. È stimato che le strategie di riduzione del rischio (mediche e chirurgiche), attuate nelle parenti sane positive al test genetico preventivo, sono in grado di portare a una riduzione dell’incidenza del carcinoma ovarico del 40% in 10 anni».
«Delle 5200 nuove diagnosi ogni anno in Italia, 1300 sono determinate da alterazioni in due geni: sono BRCA1 e BRCA2, che producono proteine in grado di bloccare la proliferazione incontrollata di cellule tumorali», aggiunge il Presidente AIOM. «Quando sono mutate, cioè difettose, il DNA non viene riparato correttamente e si determina un accumulo di alterazioni genetiche, che aumenta il rischio di cancro. Una mutazione di BRCA1 e BRCA2, ereditata dalla madre o dal padre, determina quindi una predisposizione a sviluppare il tumore più frequentemente rispetto alla popolazione generale. Le donne che ereditano la mutazione BRCA1 hanno una probabilità del 40% di sviluppare un tumore ovarico nel corso della vita. Le percentuali sono inferiori per il gene BRCA2, pari al 18%. L’informazione sull’eventuale presenza della mutazione BRCA va acquisita al momento della diagnosi, perché può contribuire alla definizione di un corretto percorso di cura che parte dalla prima linea di trattamento. E nei familiari che presentano la mutazione devono essere avviati programmi di sorveglianza intensiva, che spaziano dai controlli semestrali fino all’asportazione chirurgica delle tube e delle ovaie».
«Nelle donne che desiderano avere figli sono raccomandati un controllo semestrale di un marcatore tumorale (CA-125) insieme all’ecografia ginecologica transvaginale», conclude il Presidente. «Dall’altro lato, l’asportazione chirurgica di tube e ovaie (annessiectomia profilattica bilaterale) può prevenire la quasi totalità dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria. La chirurgia profilattica è oggi consigliata nelle donne con mutazione genetica che hanno già avuto gravidanze o che siano in menopausa. Sono fondamentali la condivisione della scelta e il supporto psicologico, soprattutto nelle donne ancora in età fertile. Nell’assumere queste decisioni, va quindi considerata l’età, il tipo di mutazione e la pianificazione di eventuali gravidanze. L’asportazione chirurgica di tube ed ovaie rende poi impossibile la gravidanza, a meno che non si sia provveduto in anticipo al congelamento di ovociti, opzione che è stata appunto scelta da Bianca Balti».
di Paola Trombetta