Non hanno più voce né volto, solo cartelli stretti tra le mani per esprimere parole, troppo spesso cadute nel vuoto. Sagome che vivono e passano nell’indifferenza di tutti: è questo lo scenario in cui si ambienta la campagna innovativa “DoMore4ME – be part of the MIGRAINE voice”, promossa da Lundbeck Italia, per testimoniare l’indifferenza di società e istituzioni ai pazienti emicranici. All’incirca 6 milioni in Italia, portatori di pesanti “costi”: da un lato dolore fisico, intolleranza a rumori e luce in fase di attacco per il 70-80% e molte altre implicazioni; dall’altro il sensibile impatto socio economico. Mediamente 4 giornate di lavoro perse ogni 3 mesi, secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, con importanti ripercussioni su assistenza e cure, per il Sistema Salute in generale. L’emicrania, malattia invalidante, compromette gravemente la capacità della persona di gestire la propria quotidianità: la Legge 81 del 14 luglio 2020 ha riconosciuto, in particolare la cefalea primaria cronica, come malattia sociale. Un passo avanti “degno” di mettere pace alle sofferenze dei pazienti emicranici, favorendone l’accesso alle cure: un punto di partenza per la gestione della patologia. In pratica però, nonostante i numeri e le richieste ripetute di aiuto da parte di chi soffre di emicrania, tutto è rimasto in stallo: il decreto attuativo del Ministero della Salute, che avrebbe dovuto essere implementato entro 180 giorni, identificando progetti di presa in carico delle persone affette da cefalea cronica, regolamentare l’eventuale esenzione ai farmaci, come le possibilità di assenteismo dal lavoro a causa della malattia, sono caduti in un nulla di fatto.
«Chiediamo che venga emanato – dichiara Lara Merighi, coordinatore dell’Associazione AI.Ce. Group Italia – e che l’emicrania sia inserita tra i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza)». Una “protesta” denunciata anche nella campagna: seguono, infatti, ai cartelli che scorrono, le evocazioni esperienziali della malattia per far capire a chiunque cosa significhi convivere con l’emicrania. Un coinvolgimento che sottolinea come l’emicrania sia un problema collettivo, di sistema, che attiene a tutte le dimensioni della malattia: dalla comprensione della patologia alla presa in carico, dalla cura ai costi complessivi, diretti e indiretti, passando dalla scienza medica alle istituzioni: «Lo studio dell’emicrania – spiega Giorgio Palù, Presidente di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) – non deve riguardare solo la comprensione della malattia, dall’aspetto molecolare al determinismo genetico nel paziente, ma deve allargarsi anche alla valutazione delle componenti psicologiche, sociali che impattano sulla malattia e che possono esserne una causa eziologica diretta. Anche le istituzioni devono tenere in stretta considerazione queste osservazioni che si riflettono in maniera importante sulla società, destinando investimenti in ricerca». È necessario favorire la diagnosi precoce che, ancora, resta un problema aprendo la via alla cronicizzazione dell’emicrania e all’uso eccessivo di farmaci sintomatici: «Il paziente – aggiunge Fabrizio Vernieri, Responsabile Cefalee e Neurologia del Campus Bio-Medico di Roma – spesso arriva tardi al centro cefalee, dopo essersi rivolto a diversi specialisti non idonei e aver eseguito accertamenti diagnostici e terapie inappropriate. Oggi sono disponibili nuove opzioni terapeutiche specifiche come gli anticorpi monoclonali, che hanno rivoluzionato il trattamento dell’emicrania e possono consentire l’ottimizzazione del trattamento del paziente. Tuttavia esiste ancora una percentuale di emicranici che trae un beneficio ritardato dopo più di tre mesi dall’inizio della terapia e una parte che non risponde in maniera soddisfacente alle cure: per loro occorrono alternative efficaci».
L’intento è di sollevare il sistema dagli importanti costi: intorno ai 20 miliardi di Euro l’anno, di cui 10% di costi diretti e il restante 90% fra costi indiretti e sociali. Un recente studio ha evidenziato come il costo diretto annuale di Chronic Migraine (CM) risulta essere 4,8 volte superiore a quello di Episodic Migraine (EM) (2.037 contro 427 euro). «Sono motivazioni sufficienti – prosegue Francesco Mennini, Presidente SIHTA (Società Italiana di Health Technology Assessment) – per la politica e le istituzioni per prendere decisioni sul modello assistenziale e sulle risorse da destinare a percorsi di cura adeguati e alla presa in carico precoce dei pazienti. I bisogni clinici, se non affrontati per tempo e con terapie adeguate, determineranno un ulteriore incremento dei costi e degli anni vissuti con disabilità, generando conseguenze negative per il sistema di Welfare, per i pazienti, i caregiver, e per l’intera società». Nonostante l’emicrania sia stata riconosciuta come malattia sociale, ancora mancano dei punti fermi.
«È indispensabile garantire diritti effettivi ai cittadini che ne soffrono – interviene Maria Vitale, dell’Agenzia di Valutazione Civica di Cittadinanzattiva – rafforzando per esempio i centri diagnostici e di cura su tutto il territorio e incrementando la formazione dei medici di medicina generale, il primo consulto, affinché non siano sottovalutati alcuni segnali e si arrivi, con lo specialista, a una diagnosi precoce della malattia, così come va garantito l’accesso alle terapie più innovative».
La voce della politica è solidale al bisogno dei pazienti: «Rinnoviamo l’impegno verso l’emicrania. Stiamo valutando la possibilità di individuare nuovi metodi di presa in carico delle persone che ne sono affette nell’ambito dei LEA – informa l’Onorevole Fabiola Bologna – e di coinvolgere maggiormente i medici di famiglia e le farmacie. Entrambi possono avere un ruolo strategico in virtù della loro capillarità territoriale, nel suggerire il consulto di uno specialista. L’obiettivo è scendere in campo con quante più azioni concrete anche innovative, tali da affrontare la sofferenza legata all’emicrania e il suo impatto sulla quotidianità, sui costi sociali e il Sistema». Ciò significa «togliere lo stigma da questa patologia – conclude l’ex ministro della salute Beatrice Lorenzin, lei stessa emicranica – e non far sentire le persone in difficoltà o in difetto perché soffrono di cefalea a grappolo o emicrania. Bisogna indirizzarle verso un percorso terapeutico corretto: ancora troppe persone si curano male. Infine, nel rispetto della legge 81 del 2020, occorre portare l’attuazione di tutti gli aspetti della norma nella vita dei cittadini: questo sarà il nostro compito nella prossima legislatura».
di Francesca Morelli
Autunno: stagione critica per gli emicranici
Saranno lo stress, il cambio stagione, tutt’e due insieme e molto di più, ma vero è che l’autunno è un periodo nero per gli oltre 2,5 milioni di italiani che soffrono di emicrania con aura, la forma di cefalea in cui il dolore è preceduto da alcuni sintomi reversibili visivi, motori, sensitivi, della parola e del linguaggio. «La pressione barometrica che cambia con l’arrivo dell’autunno, l’instabilità climatica, la diversa luminosità dovuta al cambio di inclinazione del sole e la progressiva riduzione delle ore di luce – spiega Giorgio Dalla Volta, Coordinatore Sezione Regione Lombardia della Società Italiana Studio Cefalee – S.I.S.C. e Direttore del Centro Cefalee dell’Istituto Clinico Città di Brescia-Gruppo San Donato – esercitano un effetto destabilizzante sulle reti neuronali, stimolando in questi pazienti l’ipereccitabilità dei neuroni della corteccia cerebrale. A ciò si aggiunge il fattore stress tipico di questo periodo dell’anno in cui la bella stagione termina, le ferie diventano un lontano ricordo e riprendono a pieno ritmo le normali attività lavorative o scolastiche, qualificando ottobre/novembre come mesi davvero di “brutta” stagione, anche per l’emicrania». Non è corretto definire l’emicrania con aura un semplice mal di testa passeggero; questa forma non va sottovalutata, anche in funzione delle implicazioni sulla vita di tutti i giorni. I sintomi possono infatti durare anche un’ora e determinare un’importante disabilità e il disagio e la spossatezza che ne conseguono proseguire nelle 24 ore successive. Ne deriva che la metà dei pazienti subisce gravi limitazioni nello svolgimento delle proprie attività: solo in un caso su 10 l’attacco passa senza effetti postumi. L’impatto della problematica anche sull’intero sistema socio-sanitario è forte: colpisce infatti la fascia di popolazione in età produttiva, in misura quattro volte più frequente le donne, con ripercussioni dirette sul nucleo familiare. E la cura? A fronte di diverse opzioni terapeutiche, non tutti i trattamenti sono egualmente efficaci o ben tollerati. «Da qui la necessità di disporre, nella pratica clinica, di approcci alternativi – prosegue Dalla Volta – come per esempio i nutraceutici, integratori alimentari in grado di fornire benefici per la salute, il cui uso sta diventando sempre più diffuso, che possono essere composti da più ingredienti. Fra i più recenti c’è una formulazione con tre sostanze naturali: magnesio più estratti di due piante (Partenio e Griffonia). Diversi studi scientifici hanno dimostrato che può essere utilizzato, sia come terapia preventiva, che in fase acuta con benefici sulla riduzione della frequenza degli attacchi e dei sintomi dell’emicrania con aura a favore del miglioramento della qualità di vita; assunto in acuto, al primo insorgere, contribuisce anche ridurre il fenomeno visivo. Questo specifico nutraceutico è indicato in profilassi soprattutto in pazienti in età giovanile e/o avanzata o in pazienti già in terapia per altre patologie, con il vantaggio di non avere effetti collaterali e controindicazioni.
Per ulteriori informazioni sull’emicrania con aura è attivo il portale: www.emicraniaconaura.it. F.M.