“Non chiamateci guerriere”: ecco come aiutare chi ha un tumore al seno avanzato

«La prima volta che ho avuto un tumore al seno avevo 31 anni e un figlio di un anno e mezzo. Ho avuto tanta paura, perché non sapevo cosa mi aspettasse. Ho assunto la terapia antiestrogenica per diversi anni, come da protocolli. Ma dopo tre anni mi sono accorta di avere una metastasi e lì ho avuto ancora più paura della prima volta, anche perché avevo seguito tutte le cure previste e non capivo perché mi fosse capitato di nuovo». Così Chiara ricorda la sua esperienza di malattia, comune a circa 37mila donne che convivono con un tumore in forma avanzata. Cosa ti ha aiutato a superare queste paure? «Sicuramente il supporto del mio compagno e di mio figlio, che adesso ha 13 anni, al quale ho spiegato la mia situazione. Ma soprattutto mi ha aiutato il conforto dell’oncologo: quando mi ha comunicato la notizia della recidiva, mi ha tranquillizzato, dicendomi che, nonostante la mia malattia fosse diventata più aggressiva, apparteneva comunque a una categoria che si poteva “curare” con farmaci mirati. E così è stato: ora sto continuando ad assumere alcuni farmaci biologici (anticorpi monoclonali): rispondono bene alla tipologia del mio tumore che presenta la mutazione del gene BRCA 2. Da questo test genetico ho capito il motivo per cui il tumore è comparso quando ero molto giovane. E tutta la mia famiglia si è sottoposta a questo test: la mutazione come la mia è stata riscontrata solo in mio padre, che però non ha alcun tumore. Dall’esame istologico si è anche visto che si tratta di un tumore Her2+ che, proprio per questo, risponde bene ad alcune terapie specifiche. Per questo sono ottimista e affronto con coraggio e determinazione la malattia. Ma non chiamatemi guerriera: sono semplicemente una donna che vuole vivere, nonostante la malattia».

Oggi infatti “È tempo di vita”, come cita lo slogan della Giornata Nazionale del Tumore al Seno Metastatico, che si celebra giovedì 13 ottobre, in occasione della quale viene presentata “Note di Vita”, la prima guida che vuole aiutare a capire in profondità stati d’animo, pensieri e emozioni delle donne che convivono con questa diagnosi. È uno strumento che nasce dalla campagna “È Tempo di Vita”, promossa da Novartis Italia in collaborazione con Salute Donna Onlus. È una sorta di antologia ispirata da pensieri ed esperienze delle pazienti di Salute Donna Onlus. Si indagano gli aspetti trascurati nell’interiorità di una donna con tumore al seno avanzato, che deve intraprendere un percorso complesso, non solo dal punto di vista terapeutico, ma anche psicologico ed emotivo che investe tanti aspetti della quotidianità. Nei 10 punti della guida si trova tutta quella forza inaspettata che proviene dalla malattia e rimescola le priorità, così come quelle fragilità interiori che le pazienti faticano a condividere, ma che è bene tirare fuori per permettere agli altri di essere loro di aiuto. Si scopre poi come dia fastidio l’etichetta di “guerriera”, perché non si tratta né di vincere, né di sconfiggere il tumore, ma di un percorso in cui ognuna deve trovare il proprio equilibrio. C’è inoltre il valore sottovalutato del silenzio e quello “terapeutico” del tempo, che le pazienti considerano un po’ come una cura, perché alimenta la speranza.

«La malattia cambia la vita, ma allo stesso tempo dà la forza per farlo», afferma Chiara Gnocchi, Head of Country Communications and Patient Engagement di Novartis Italia. «L’ho imparato dalle pazienti e da tutte quelle persone che affrontano questo tumore. Molte delle quali sono giovani: l’età media per la diagnosi di un tumore metastatico è di 54 anni e il 40% delle donne con un tumore al seno metastatico è under 40 anni, quindi sono donne attive, con una vita lavorativa, familiare, sociale, una vita di relazione a cui non accettano di rinunciare».

«Sono donne quasi sempre sposate e la maggior parte ha un figlio non ancora maggiorenne: questo le rende ancor più motivate ad affrontare tutte le cure disponibili e sopportarne gli effetti collaterali», conferma la professoressa Lucia del Mastro, direttrice della Clinica di Oncologia medica dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova. «Sono persone che vogliono curarsi, vogliono “guarire” e per questo cercano in tutti i modi di mantenere anche una vita il più possibile normale, nella sfera sessuale, nell’alimentazione, nel fitness. La comunicazione della diagnosi e il rapporto con l’oncologo sono fondamentali. Cerco sempre di spiegare bene alle mie pazienti le caratteristiche del loro tumore e le possibili reazioni alle cure. Incoraggiandole nel percorso che stanno affrontando. Il confronto con le altre pazienti, che si trovano nelle loro stesse condizioni, è di grande aiuto. Per questo è fondamentale il lavoro svolto dalle Associazioni pazienti che si fanno carico dei problemi causati da questa malattia. Nel nostro reparto, ad esempio, l’Associazione è molto attiva e si è fatta promotrice di distribuire gratuitamente un certo numero di parrucche alle donne che hanno perso i capelli a causa della chemioterapia. E’ una delle tante iniziative che vengono promosse per rendere meno difficile il vissuto quotidiano della malattia».

«Una malattia non la si combatte, ma la si cura», sottolinea la presidente di Salute Donna Onlus, Anna Maria Mancuso. «Le guerriere danno l’idea di non cedere mai, ma quando una donna ha questa patologia sta soffrendo e sta attraversando un periodo molto doloroso: piange quando ha momenti di tristezza, ride quando ha momenti di felicità… Pertanto, non sta certo combattendo una guerra: sta semplicemente soffrendo, e affronta un percorso di dolore che condivide con altre donne e proprio la condivisione diventa fondamentale», aggiunge Mancuso. «Nessun “breviario” per insegnare a vivere alle pazienti, anche perché sono loro ad insegnare a noi, ma una guida speciale per tutti, dedicata anche a chi il tumore non lo ha e fatica a capire questa condizione, partendo dall’esperienza di chi vive la malattia per aiutare chi incrocia il cammino di una donna con il tumore al seno in stadio avanzato a capire come si sente, quali parole e quali gesti aiutano, quali invece no. Se prima si cercava di aiutare le donne a vivere al meglio il tempo che avevano a disposizione, tanto che la nostra campagna si chiamava “Tutto il tempo che c’è”, oggi invece “È tempo di vita”, ovvero di vivere al meglio gli anni della malattia, che tende sempre più a diventare cronica e quindi a prolungarsi nel tempo».

In Italia si contano oltre 830 mila donne con un tumore al seno, con 55 mila nuovi casi ogni anno, mentre si stima siano circa 37 mila le italiane che convivono con una diagnosi di carcinoma mammario metastatico. Se prima una donna con tumore al seno metastatico aveva un’aspettativa di vita che non superava i due anni, oggi si arriva anche a 7/9 anni. Gli studi più recenti confermano gli importanti passi avanti resi possibili dalla ricerca scientifica e dimostrano come stia cambiando la storia del tumore al seno avanzato.

«Oggi una donna con una diagnosi di tumore al seno avanzato si trova di fronte a prospettive radicalmente diverse rispetto a solo qualche anno fa, perché sono aumentate le aspettative di vita ed è notevolmente migliorata anche la qualità di vita nella quotidianità», afferma il professor Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, dell’Istituto nazionale tumori Ircss Fondazione G.Pascale di Napoli. «Adesso, infatti, possiamo avvalerci di molecole appartenenti alla categoria degli inibitori delle cicline che sono in grado di raddoppiare la sopravvivenza rispetto alle precedenti terapie e stiamo così andando verso un traguardo importante, che chiamiamo cronicizzazione dello stadio avanzato. Insomma, la buona notizia è che con le nuove armi terapeutiche si riesce a cronicizzare la malattia in un arco temporale superiore ai cinque anni, e siamo già in grado di andare fino a 10-15 anni. Insomma, non c’è limite a quello che possiamo fare in questo lasso di tempo».

De Laurentiis evidenzia come, nel giro degli ultimi cinque anni, sia cambiato tutto radicalmente nell’approccio a questa patologia, e auspica anche un cambiamento di “tipo olistico”, oltre che farmacologico, con un dialogo costruttivo, aperto, improntato all’ascolto, tra medico e paziente. «Ogni paziente è diversa da un’altra e non esiste un approccio standard alla persona: esistono terapie standard, ma il medico deve imparare a prendersi cura della persona malata di cancro e non mirare a curare il cancro come entità astratta», aggiunge De Laurentiis. «Purtroppo questo è un errore in cui si cade ancora troppo spesso. L’auspicio è di “cambiare approccio”, anche perché, se apparentemente è più dispendioso, dà certamente soddisfazioni straordinarie».

Così si scopre, ad esempio, che mentre viene ipervalutato il concetto distorto della paziente-guerriera, al contrario è sottostimato il valore del silenzio e la compagnia di chi ha il dono di stimolare le pazienti a vivere a pieno ogni momento rispettando i loro tempi e volontà. A guidare questo viaggio è Stefania Andreoli, psicoterapeuta e consulente scientifica del progetto, che attraverso le diverse fasi della malattia, dal cambiamento all’accettazione, approfondisce temi come l’intimità e l’importanza della figura del caregiver. Sono gli argomenti trattati nella Life Academy, frutto di un attento ascolto della community diÈ Tempo di Vita”, che oggi conta oltre 56mila utenti tra Facebook e Instagram. Le pazienti cercano attivamente spazi online dove aprirsi e condividere emozioni, rassicurarsi ed essere rassicurate. Da qui l’impegno della campagna a creare contenuti capaci di toccare gli aspetti più trascurati della malattia, come ad esempio la sfera interiore e più intima delle pazienti, che rappresenta il fil-rouge delle conversazioni della Life Academy. «Un percorso questo che invita coloro che convivono con una diagnosi di tumore al seno in stadio avanzato ad avere il coraggio di mettere a confronto la propria interiorità con l’esteriorità, ponendosi una semplice domanda: come sono, come mi sento?», puntualizza Stefania Andreoli. «Un viaggio per guidarle alla scoperta di sé stesse, attraverso conversazioni contraddistinte da un clima caldo e informale. Con la Life Academy abbiamo sottolineato il senso profondo di questa campagna: ricordare alle donne che è sempre tempo di vita, donando loro uno spazio dove comprendere che non sono sole in questo percorso. Le loro paure, le loro riflessioni sono condivise da molte altre donne».

Nell’appuntamento del 13 ottobre di Life Academy, visibile a partire dalle ore 10 sulle pagine Facebook e Instagram della community “È Tempo di Vita”, ( https://www.facebook.com/tempodivita/videos/1330086211130337), saranno ospiti Chiara, di cui abbiamo citato in apertura la testimonianza e la professoressa Lucia Del Mastro, direttrice della Clinica di Oncologia medica dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova.

di Paola Trombetta

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