Sarà Covid o influenza? È il grande quesito che ci attanaglierà per tutta la stagione virale che ci attende quest’anno perché i sintomi delle due infezioni, a carico prevalentemente delle vie respiratorie, sono sovrapponibili. Difficile distinguerle così nettamente, e lo si è già capito con l’arrivo dei primi casi. Per tenersene quanto più possibile lontani, un’opportunità è fare la doppia vaccinazione, disponibile anche in farmacia, somministrabile per chi la vorrà anche in una stessa seduta (una su un braccio e una sull’altro) perché i due vaccini non sono competitivi. Dunque non rappresentano un rischio, salvo per chi ha specifiche controindicazioni (è bene sempre parlarne con il medico e farsi consigliare), ma un mezzo efficace per alleviare i sintomi di queste infezioni virali. Tanto più che i casi di influenza, quest’anno, vista la mancata immunizzazione degli anni precedenti, sono previsti in crescita: 7 mila italiani a letto con molta probabilità, distribuiti lungo tutta la stagione, in alcuni periodi che coincidono con i picchi, in misura maggiore.
Ma qual è il percepito degli italiani riguardo questo stato “virale”? Molto dipende da sesso ed età, sebbene uno su 2 lo affronti con animo negativo, secondo quanto emerge dall’indagine “Tra pandemia e influenza stagionale: cosa dobbiamo sapere e cosa dobbiamo fare”, condotta da Human Highway per Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, su un campione rappresentativo di italiani. Il 23% si definisce “preoccupato” e stressato dal contesto sanitario, soprattutto per la possibilità di un nuovo inasprimento delle regole per contenere il contagio (22%), per la paura di contagiare soggetti deboli (17%) e per le difficoltà nel distinguere i sintomi dell’influenza da quelli del Covid-19 (17%), mentre il 21% è sfiduciato a livello generale. Le donne sono più in ansia degli uomini (27% vs 19,1%), che guardano alla prossima stagione di convivenza e sovrapposizione tra SARS-CoV-2 e virus influenzali con maggiore ottimismo, serenità e fiducia a dispetto dei trentenni (25-34 anni), i più demotivati e sfiduciati e dei giovanissimi (under 25) che si dividono tra ansiosi e indifferenti. A convivere meglio con lo stato attuale di cose e le prospettive sanitarie di salute pubblica sono i 45-54enni: senso di avvedutezza? Forse, ma fatto è che, se da un lato e fino ad ora il Covid ha modificato i comportamenti di prevenzione e cura dei cittadini, con il 2022 si è iniziato a osservare un graduale ritorno ai comportamenti abituali pre-Covid, pur senza raggiungere i livelli del 2019, in termini di gestione della problematica: diminuisce rispetto al 2020/2021 la quota di chi ritiene di dover contattare immediatamente il proprio medico di base alla comparsa dei primi sintomi influenzali (26%) e aumentano i favorevoli al riposo e ai farmaci di automedicazione, con contatto medico solo se necessario (45%).
Cosa ci aspetta? «Permarrà nella prossima stagione influenzale anche il SARS-CoV-2 e per molto tempo – spiega Fabrizio Pregliasco, Professore Associato del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario Aziendale dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano – anche se avrà sempre più difficoltà a diffondersi, considerata l’alta quota di persone che hanno già contratto il Covid-19 e dei vaccinati. Ciò significa che si assisterà a un andamento ondulante della curva epidemiologica, a causa della rapidità con cui si diffondono le varianti, della presenza (o assenza) di vaccinazioni o di casi di malattia recente, da poco negativizzati». In buona sostanza, è necessario non abbassare la guardia perché il SARS-CoV-2, nonostante la minor letalità, non è un’influenza: uccide ancora 4 volte tanto l’influenza ed è la causa del 95% dei decessi negli ultrasessantenni. Come distinguere fra le due manifestazioni? «La vera influenza – chiarisce Pregliasco – si riconosce per la febbre elevata, a comparsa brusca, sintomi respiratori o bruciore agli occhi e almeno un sintomo extra respiratorio come dolori muscolari, mal di testa, spossatezza». In tutti gli altri casi è sempre bene, per dirimere i dubbi, fare un tampone.
Occorre soprattutto educare la popolazione alla prevenzione e all’importante ruolo della (doppia) vaccinazione. Secondo l’indagine, infatti, solo quattro italiani su 10 dichiarano di voler ricorrere alla vaccinazione antinfluenzale, con una propensione che raggiunge i livelli massimi tra gli over 65, dove due su 3 intendono vaccinarsi, considerando il vaccino antinfluenzale consuetudine (44%), per evitare di contagiare persone vicine (30% circa) e per la volontà di agevolare la diagnosi differenziale tra influenza e Covid-19 (29%). Sono comunque percentuali basse che sottolineano la convinzione in una buona parte della popolazione (42%) che la vaccinazione sia inutile. Ad affermalo è soprattutto chi si ammala raramente e con sintomi lievi, oltre a un’elevata percentuale che non si pone il problema della vaccinazione antinfluenzale (24% nel 2022 contro i 26,3% nel 2020). «Il vaccino resta fondamentale – puntualizza Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana Medici di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) – poiché l’influenza è comunque una patologia aggressiva e debilitante, indipendentemente dal SARS-CoV-2. Grazie alla presenza dei tamponi diagnostici, ad oggi, siamo in grado di misurarne la contagiosità. Seguendo l’andamento virale dell’emisfero australe e considerando il livello ridotto delle difese immunitarie degli ultimi due anni (nei quali siamo stati poco esposti ai virus influenzali), la protezione attraverso la somministrazione del vaccino è basilare». Accanto alla prevenzione occorre sapersi curare al meglio: gli italiani lo sanno fare, tanto più che gli anni di pandemia hanno modificato profondamente la relazione medico (di famiglia) –paziente. Si è infatti assistito a un totale sconvolgimento dell’accesso allo studio medico come inizialmente concepito e sono subentrate nuove regole e normative che hanno contribuito a modificare le abitudini di ognuno, sia dei medici che dei pazienti. I giovani, ad esempio, mostrano una maggior propensione alla ricerca delle informazioni su internet e presso parenti e amici, mentre il medico di Medicina generale, in caso di influenza, resta più centrale, soprattutto al crescere dell’età (otto over 65 su 10 fanno riferimento al medico in caso di influenza), a cui si rivolge il 66% della popolazione, anche se diminuiscono le consultazioni e sale il ricorso ai farmaci di automedicazione, che permettono di alleviare i sintomi senza azzerarli e che sono una soluzione più femminile, mentre diminuisce l’utilizzo dei “rimedi della nonna” a cui si preferiscono integratori e vitamine. Non cala invece la percentuale di chi fa uso di antibiotici (ben un italiano su 5) in caso di sintomi influenzali: un errore e una tendenza più maschile.
Allora, quali sono i comportamenti corretti da tenere? «Farsi guidare sempre dal buonsenso – conclude Pregliasco – che rimane alla base di una migliore convivenza all’interno della propria comunità; la consapevolezza che i virus rimarranno e che rappresenteranno, anche in futuro, un problema di sanità pubblica; mantenere i princìpi igienici e comportamentali fondamentali; sottoporsi a vaccinazioni ed eventuali richiami se necessario; educarsi all’automedicazione responsabile per la gestione della sintomatologia ma, in caso di soggetti fragili, rivolgersi al medico subito perché venga valutata la possibilità di utilizzare farmaci antivirali alla comparsa dei primi sintomi».
di Francesca Morelli
È fondamentale vaccinare i più piccoli
«Fateci vaccinare i bambini: il nostro ruolo è strategico nell’aumento delle coperture». È l’appello del Presidente FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) Antonio D’Avino, in apertura del 16° Congresso Nazionale della Federazione. «Possiamo occuparci della profilassi – aggiunge – anche in occasione dei bilanci di salute, così liberiamo risorse dei servizi territoriali». Una richiesta giustificata anche dai numeri: secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, l’influenza colpisce in media ogni anno il 9% della popolazione, con picchi del 26% tra i bambini fino a 14 anni, e può in alcuni casi portare a complicanze tali da richiedere il ricovero in ospedale e i vaccini sono la forma di prevenzione indiscutibilmente più efficace per combattere alcune delle malattie infettive e le loro dirette conseguenze. «Il Pediatra di famiglia – prosegue D’Avino – è colui che più di tutti ha la possibilità di incidere sul successo delle campagne di prevenzione, grazie al rapporto fiduciario con le famiglie e alla capillarità assistenziale». Ma non solo: per sottolineare l’importanza della vaccinazione è stata attivata in 20 scuole dell’infanzia e primarie di 10 province italiane (Avellino, L’Aquila, Padova, Palermo, Pescara, Piacenza, Torino, Trapani, Verona, Vicenza), la campagna “Influenza: prevenire e proteggere”, realizzata da La Fabbrica, Gruppo internazionale leader nello sviluppo di percorsi di comunicazione educativa, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (Sip) e con il contributo di Astra Zeneca. La campagna aveva l’obiettivo di sensibilizzare i genitori dei bambini tra i 4 e i 10 anni, non solo sul corretto iter di prevenzione attraverso la messa in pratica di adeguati comportamenti igienico-sanitari, ma anche sull’importanza della protezione vaccinale per i più piccoli, la cui somministrazione va sempre valutata con il proprio pediatra. Grazie a una corretta prevenzione è possibile infatti evitare che il virus influenzale colpisca i bambini che, oltre a essere tra i più esposti e colpiti, sono anche i maggiori trasmettitori nelle comunità di appartenenza (famiglia, scuola, ecc.).
«Abbiamo aderito a questo progetto – afferma Annamaria Staiano, Presidente della Sip – perché siamo convinti che l’educazione ai temi della salute, sin dai primi anni di vita, sia un tassello fondamentale per favorire il benessere non solo individuale, ma anche della famiglia e della società, nel presente e nel futuro. Non a caso da tempo la SIP ha chiesto l’introduzione dell’educazione sanitaria nelle scuole. Sensibilizzare le famiglie, insegnare ai bambini le corrette regole di prevenzione e i sani stili di vita significa formare cittadini preparati sui temi della sanità pubblica». Durante la campagna è stato predisposto anche un pamphlet con consigli, informazioni e giochi da fare in famiglia per premiare i comportamenti virtuosi dei bambini. Per i genitori verrà distribuito un volantino con le informazioni e i consigli suggeriti dagli esperti della Sip (in allegato e cliccando QUI). F.M.