Sono grassi “buoni”. È questa la prima caratteristica degli Omega -3, grassi acidi polinsaturi preziosi per il benessere dell’intero organismo, ma soprattutto per il cuore verso il quale esercitano un’azione preventiva contro eventi cardiovascolari importanti. Ma sono anche grassi “essenziali”: ciò significa che il corpo ne ha necessità assoluta, ma deve procurarseli per vie alternative, come il cibo, perché incapace di produrli da solo. E infine, gli Omega-3 sono “eclettici”: possono essere assunti sotto forma di alimento, integratore o farmaco, ciascuno secondo modalità e necessità organiche differenti.
Degli Omega-3 non possiamo fare a meno, specie se l’obiettivo è proteggersi da infarto, ipertrigliceridemia e anche – novità assoluta – da scompenso cardiaco. Non occorrono inizialmente misure preventive dispendiose o onerose, perché in condizioni di benessere la prima attenzione per evitare il più possibile questi eventi va posta nella dieta.
«Uno studio recente – dichiara Alessandro Mugelli, Professore Ordinario del dipartimento di Neuroscienza, Area del Farmaco e Salute del Bambino, dell’Università degli Studi di Firenze – condotto su oltre 20 mila uomini sani, senza cioè preesistenti malattie cardiovascolari – ha dimostrato che una “dieta a basso rischio cardiaco”, comprendente frutta, anche a guscio, verdura, legumi, latticini magri, cereali integrali e pesce, è in grado di abbassare del 16% il rischio di infarto. Inoltre la dieta, associata ad altri 4 sani comportamenti – un consumo moderato di alcool, l’astensione dal fumo, la pratica di una attività fisica regolare e l’assenza di adiposità addominale – in un periodo di 11 anni, il tempo di monitoraggio dello studio, avrebbe favorito una riduzione fino al 79% degli infarti miocardici». Evidenze che hanno riconfermato le indicazioni “alimentari” delle maggiori società scientifiche, prima tra tutte l’American Heart Association, che raccomandano di includere nella nostra dieta almeno due porzioni di pesce a settimana a vantaggio della capacità preventiva cardiovascolare degli Omega-3, ma anche di un’azione antiaritmica, antitrombotica, anti-trigliceridi e antinfiammatoria. Insomma, già come semplice alimento, questi grassi buoni farebbero la differenza sulla salute del cuore.
La dieta però da sola potrebbe non bastare e allora in questi casi (ma anche per il mantenimento del benessere cardiovascolare), è possibile favorire l’apporto di Omega-3 ricorrendo a una supplementazione alimentare. «Gli integratori a base di Omega-3 – precisa Paola Minghetti, professore associato presso il dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Sezione di Tecnologia e Legislazione Farmaceutiche, Università degli Studi di Milano – si propongono come un’alternativa a una dieta bilanciata, ma i benefici nella prevenzione cardiovascolare apportata da questi acidi grassi all’interno di una dieta sana e un corretto stile di vita, non possono essere semplicisticamente sostituiti dalla sola assunzione di integratori, i quali hanno come unica finalità quella di mantenere uno stato di salute con un effetto esclusivamente nutritivo o fisiologico». Tanto più che, al momento, nessuno studio ha attestato significative attività di riduzione del rischio cardiovascolare degli integratori, come invece è stato dimostrato per i farmaci. «Questi ultimi, secondo la normativa italiana vigente – aggiunge Minghetti – sono infatti sottoposti a un rigoroso iter regolatorio che ha l’obiettivo di verificarne l’efficacia e garantire a pazienti e medici la correttezza di ciò che viene dichiarato sul foglietto illustrativo». Anche in termini di biodisponibilità e riproducibilità: garantendo cioè l’assoluta certezza che la composizione del farmaco in questione è la medesima, senza alterazioni di sorta e sempre con la stessa validità di trattamento.
In buona sostanza, l’azione “terapeutica” degli Omega-3 può essere garantita solo dal farmaco, già accreditato nella prevenzione secondaria (ovvero dopo l’accadimento di un evento) di morte improvvisa postinfartuale, ma anche dell’ ipertrigliceridemia.
Ma la gamma di benefici derivanti dagli Omega-3 oggi pare potersi allargare anche al trattamento di un’altra condizione cardiovascolare: lo scompenso cardiaco. «Uno studio internazionale, il GISSI-HF – aggiunge Aldo Pietro Maggioni, direttore del Centro Studi ANMCO (Associazione Nazionale medici Cardiologi Ospedalieri – avrebbe dimostrato che la somministrazione a lungo termine di Omega-3 è in grado di ridurre in pazienti ad alto rischio per scompenso cardiaco la mortalità totale del 9% e quella cardiovascolare così come delle ospedalizzazioni dell’8%, con una ricaduta sul risparmio netto di oltre 75 milioni di euro annui, confermando la sostenibilità anche economica di strategie terapeutiche innovative».
Gli Omega-3 “terapeutici” esistono, sono già in commercio, anche con qualche novità. Infatti un farmaco omega-3 equivalente, per il trattamento di queste 3 condizioni cardiovascolari, è già stato approvato da AIFA e dispensato in fascia A dal Servizio sanitario nazionale.«La differenza di questo nuovo farmaco equivalente rispetto ai più comuni integratori – commenta Elena Tremoli, direttore scientifico del Centro cardiologico Monzino – sta nella concentrazione di acidi grassi che supera l’85%, percentuale al di sotto della quale, come hanno attestato diversi studi scientifici, non si verificherebbe una prevenzione cardiovascolare efficace». Efficacia del nuovo farmaco equivalente, garantita non solo dalla formulazione, ma anche dall’“impacchettatura” ad hoc. Infatti gli omega -3 sono contenuti in capsule molli ermeticamente chiuse così da creare un’efficace barriera contro l’azione ossidante dell’ossigeno atmosferico a cui i grassi acidi sono sensibili, e una capsula arricchita da vitamina E che garantisce la stabilità, e dunque l’efficacia, dei principi attivi, con un buon rapporto costo/beneficio.
di Francesca Morelli