È un tumore, quello al polmone, che colpisce ogni anno più di 40 mila persone, e interessa sempre più le donne. Sia per l’aumento dell’abitudine al fumo, che è responsabile dell’80% di questi tumori, ma anche nel 20% dei tumori non correlati al fumo, il sesso femminile ha una prevalenza rispetto ai maschi. Da oggi per un particolare tipo di tumore compreso in questo 20%, e precisamente per quello non a piccole cellule (NSCLC, secondo la sigla anglosassone) è a disposizione un nuovo farmaco (amivantamab ) che ha ottenuto il riconoscimento come “farmaco dell’anno” ed è stato da poco approvato dall’AIFA (Agenzia Italiana per l’autorizzazione dei Farmaci). Per saperne di più abbiamo intervistato la professoressa Silvia Novello, ordinario di Oncologia medica presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, Responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale di Oncologia Toracica all’AOU “San Luigi Gonzaga” di Orbassano, Presidente di WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe.
Come sta andando l’incidenza del tumore al polmone nelle donne e da quali fattori dipende?
«Negli ultimi 20 anni è aumentata tra le donne e questa malattia rappresenta la seconda causa di mortalità oncologica, mentre nell’uomo è la prima. Inizialmente era una patologia prevalentemente maschile, tanto da portare il nostro gruppo a fondare WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe) per occuparci di questa patologia che cominciava a interessare le donne. Anche per loro, il fumo di sigaretta è il principale responsabile: l’85% di questi tumori sono infatti legati al fumo, anche se un altro 15-20% insorge in soggetti non fumatori. Se ci focalizziamo su questo 15-20% di non fumatori, sono molte più le donne che si ammalano, rispetto agli uomini e questo fa pensare che la donna abbia una maggiore suscettibilità a questa malattia. In questo 20% poi si trovano più alterazioni molecolari, più bersagli d’azione per quella che si definisce “oncologia di precisione”. Anche la mutazione di EGFR e, più nel dettaglio, l’inserzione dell’esone 20, è più frequente nelle donne».
Per questo specifico tumore quali terapie vengono somministrate?
«I pazienti con questo tumore non a piccole cellule, caratterizzato da mutazioni da inserzione dell’esone 20 correlato all’EGFR, hanno a disposizione poche opzioni terapeutiche, non solo per numero, ma anche per efficacia. Basti pensare che solo l’8 % delle persone con questa mutazione sopravvive a 5 anni dalla diagnosi. Nello specifico, il rischio di progressione della malattia è molto elevato: parliamo di un rischio maggiore del 93% rispetto alle mutazioni più comuni dell’EGFR. In questo contesto, l’arrivo di un nuovo farmaco, come amivantamab, in Italia è un traguardo importante perché rappresenta la prima terapia specifica per i pazienti con questa tipologia di tumore al polmone. Inoltre, gli studi clinici condotti con questo farmaco hanno mostrato una superiorità rispetto alle terapie standard in termini di efficacia, permettendo di raddoppiare l’aspettativa di vita dei pazienti».
Come agisce questo nuovo farmaco?
«Amivantamab ha una duplice azione: da un lato blocca il recettore a livello delle EGFR e dunque rallenta la proliferazione delle cellule tumorali; dall’altro potenzia anche la risposta immunitaria dei macrofagi. Per questo suo meccanismo viene studiato anche su altre alterazioni molecolari. Per ora la rimborsabilità è stata riconosciuta solo per il tumore polmonare in stadio avanzato con la mutazioni da inserzione dell’esone 20 correlato alle EFGR. La sua efficacia e sicurezza è stata dimostrata dallo studio clinico di fase 1 CHRYSTALYS dove è stato somministrato a un centinaio di pazienti precedentemente trattati con terapia a base di platino. Il tasso di risposta complessiva osservata nello studio è stato pari al 43 per cento, con una durata complessiva della risposta di 10 mesi e una sopravvivenza globale media di 22,8 mesi. Questa nuova terapia rappresenta una speranza per tutti coloro che soffrono di questa tipologia di carcinoma polmonare, sia in termini di allungamento della prospettiva di vita, sia di miglioramento della qualità di vita. Ci auguriamo che queste cure innovative, sempre più mirate ed efficaci siano rese disponibili, in tempi rapidi, a tutti i pazienti che ne hanno bisogno».
Quali test si devono fare per individuare questa tipologia del tumore?
«Purtroppo circa il 75% dei pazienti con questo tumore a non piccole cellule è già in stadio III o IV al momento della diagnosi. Questo è dovuto al ritardato riconoscimento dei sintomi, generalmente non specifici, quali tosse, affaticamento, dolore al petto, dispnea, perdita di peso. Anche per questo, una diagnosi di tumore al polmone spesso porta pazienti e caregiver a provare sentimenti di incertezza, ansia e paura. Poter riconoscere con prontezza il tipo di mutazione è fondamentale per seguire il paziente con la terapia più adeguata, sin dalle prime fasi della diagnosi e non solo dopo aver iniziato le terapie. La necessità di ricercare e distinguere le diverse varianti è essenziale, in quanto a ciascuna di esse può essere associata una terapia differente, in prima linea. E la ricerca si sta muovendo in questo campo. Si conoscono finora più di dieci biomarcatori che caratterizzano i differenti tipi di tumori polmonari. I test genetici, soprattutto la Next-Generation Sequencing (NGS), sono uno strumento fondamentale, non solo per una corretta diagnosi, ma anche per un approccio terapeutico personalizzato. Per offrire la terapia più adeguata ed efficace al paziente affetto da tumore al polmone con mutazioni correlate a EGFR, è quindi necessario studiare a fondo ogni singolo caso e valutare ogni dato. È la cosiddetta “medicina di precisione”, ovvero una medicina fortemente personalizzata e mirata, che parte proprio dalle differenze individuali in termini di genetica, microbioma, stile di vita e ambiente».
A quali centri si devono rivolgere i pazienti per avere queste “diagnosi di precisione”?
«Tutti i pazienti dovrebbero avere accesso a questi test di screening molecolare per riconoscere il tipo di malattia. Se questo non avviene nel centro dove il paziente è in cura, ci sono altri centri nelle varie regioni dove questi test possono essere eseguiti. Sta al centro dove il paziente è seguito, se non ha in dotazione questa metodica, fare riferimento agli istituti più attrezzati. Esiste oggi un programma di collaborazione tra centri differenti che consente di effettuare questi screening molecolari anche in altre strutture».
E’ possibile una diagnosi precoce del tumore al polmone in generale?
«Esiste un programma di screening che utilizza la TAC-spirale per individuare precocemente forme tumorali ai polmoni. Non è però uno screening di massa, come quello alla mammella. Nella popolazione a rischio, soprattutto i grandi fumatori o ex-fumatori, è consigliato sottoporsi a questo esame, soprattutto in presenza di sintomi quali tosse persistente, affaticamento, dolore al petto, perdita di peso. Per informazioni: www.programmarisp.it».
di Paola Trombetta