Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia 1 bambino su 77 presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi, che sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine. Si tratta di un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale in molteplici contesti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. Possono presentare profili di funzionamento molto variabili in base alla presenza di altri disturbi (disabilità intellettiva, disturbi del linguaggio, disturbi di attenzione, sindromi genetiche ecc). La diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono azioni strategiche per il miglioramento della prognosi e della qualità di vita delle persone con questi disturbi e dei loro caregiver.
<I primi segnali di un disturbo dello spettro autistico si manifestano generalmente nella primissima infanzia>, sottolinea la professoressa Elisa Fazzi, Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia, in occasione della Giornata per la consapevolezza sull’Autismo (2 aprile). <Oggi è possibile arrivare a una diagnosi già intorno ai 2 anni, grazie a una maggiore conoscenza del disturbo e alla presenza di una rete diffusa di collaborazione tra i pediatri e i servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza che permette di intercettare i segnali di rischio già a 18 mesi e avviare il percorso diagnostico con accesso prioritario, giungendo ad una diagnosi entro i 2-3 anni di età. Si tratta di una rete sviluppata nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale Autismo dell’Istituto Superiore di Sanità, che si è consolidata grazie ai progetti NIDA finanziati dal Fondo Nazionale Autismo. Possiamo considerare la diagnosi precoce come un obiettivo raggiunto o ben avviato nella maggior parte delle regioni, non altrettanto avviene per gli interventi terapeutici, che in età evolutiva rappresentano la vera sfida per il Servizio Sanitario Nazionale, sebbene anche in questo ambito grandi passi avanti siano stati realizzati rispetto al passato>.
<E’ fondamentale che gli interventi abilitativi siano basati sulle migliori e più recenti evidenze scientifiche>, aggiunge Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. <E soprattutto che siano personalizzati per ogni bambino e ogni famiglia, in base al profilo di funzionamento, agli specifici punti di forza e criticità di quel bambino e del suo ambiente, all’età, alle risposte al trattamento e agli obiettivi. Non tutto va bene per tutti e ogni progetto va costruito su misura e condiviso con l’utente e la sua famiglia: quello che può funzionare molto bene per un soggetto può determinare conseguenze negative per un altro. Purtroppo, questa è l’area su cui sono ancora presenti le maggiori disomogeneità regionali, per la grande differenza di risorse di partenza dei servizi di NPIA, che i progetti del Fondo Nazionale Autismo non bastano a colmare>.
La formazione e un adeguato sostegno ai genitori e ai caregiver rappresentano un altro aspetto particolarmente importante della presa in carico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha messo a punto il Caregiver Skills Training (CST), un modello open-access per caregiver di bambini con disturbo del neurosviluppo, incluso l’autismo, e l’ISS, in collaborazione con la rete nazionale dei servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA), ha contribuito a formare operatori che a loro volta formeranno a cascata altri operatori, per una ricaduta capillare in tutte le Regioni.
di Paola Trombetta