Dolori addominali, diarrea con perdite di sangue, impellente bisogno di andare in bagno nell’arco della giornata: sono i sintomi di una malattia, la colite ulcerosa, che condiziona in modo rilevante la vita di chi ne è affetto, solitamente persone giovani, nel pieno dell’attività lavorativa e sociale. È una patologia cronica caratterizzata dall’infiammazione del rivestimento mucoso del colon e del retto e può provocare a volte anche febbre, anemia, astenia. Il peso di questa Malattia infiammatoria cronica dell’intestino (MICI) sulla qualità di vita è rilevante, sia per l’andamento intermittente con remissioni e riacutizzazioni, sia per la natura stessa dei sintomi, tra i quali il più impattante è il sanguinamento rettale associato a diarrea. Considerando il fatto che il numero di chi convive con una MICI è in progressivo aumento, si stima un raddoppio entro il 2030. In Italia colpisce circa 140/150 mila persone e si configura come una patologia con un impatto clinico e sociale da non sottovalutare, con spese sia per il Servizio Sanitario Nazionale (il costo medio totale per ogni paziente è di 12.707 euro), sia dal punto di vista del singolo individuo, con perdita di produttività e assenteismo legati alla patologia.
«Convivere con la colite ulcerosa è come fare un viaggio con un compagno antipatico, sperando che dorma sempre», commenta Salvatore Leone, Direttore generale di AMICI, Associazione nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino. «È una patologia che in alcuni casi può essere molto aggressiva, comportando una qualità di vita pessima nel pieno della vita lavorativa e sociale, perché caratterizzata da una disabilità non visibile, con sintomi difficili da raccontare, come il sanguinamento rettale e la diarrea cronica, di cui spesso le persone si vergognano. Un paziente con MICI rimane a carico del SSN per buona parte della sua vita, andando ad impattare sulle risorse a disposizione: il ruolo dell’associazione è quello di proporre soluzioni che possano garantire una buona qualità di vita e proporre trattamenti che permettono anche di risparmiare al Sistema Sanitario. Tra queste soluzioni, il coinvolgimento attivo del paziente e il miglioramento del dialogo medico-paziente possono contribuire a migliorare l’appropriatezza e l’aderenza terapeutica».
La gestione della colite ulcerosa presenta infatti diversi problemi ancora insoddisfatti, a partire dal basso tasso di remissione: il 30% dei pazienti non risponde alle terapie, anche a quelle più recenti, dopo 14 settimane di trattamento, e fino al 75% di quelli che inizialmente rispondono, non mantiene poi la risposta dopo 1 anno. Esiste anche il problema dell’alto tasso di interruzione delle terapie: da qui nasce la necessità di opzioni terapeutiche che agiscano velocemente nella riduzione dei sintomi, con una modalità di somministrazione agevole che favorisca una maggiore aderenza alla terapia.
Tra le novità disponibili in Italia, è stato recentemente approvato e rimborsato dall’Agenzia Italiana del Farmaco filgotinib, un inibitore di Jak-1, una proteina della classe Janus chinasi, principale responsabile dell’ infiammazione: con una sola somministrazione orale al giorno, è indicato per il trattamento di pazienti adulti con colite ulcerosa da moderata a severa che hanno avuto una risposta inadeguata, non hanno avuto risposta, o sono risultati intolleranti alla terapia convenzionale e ai farmaci biologici.
«Sicuramente è presente una quota di pazienti che non risponde al trattamento, nonostante le diverse terapie a disposizione, introdotte negli ultimi anni», dichiara Flavio Caprioli, Segretario generale IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e Professore Associato di Gastroenterologia, Università degli Studi di Milano. «L’innovazione farmacologica può determinare un vantaggio in termini di appropriatezza terapeutica e un’ulteriore possibilità di rispondere a questi bisogni, garantendo una normalizzazione della qualità di vita del paziente, che è il più importante degli obiettivi terapeutici».
«Il programma di sviluppo SELECTION ha valutato l’efficacia di filgotinib rispetto al placebo nell’indurre e mantenere la remissione clinica, intesa come assenza di sintomi intestinali, nella guarigione delle ulcere del colon (risposta endoscopica), tipiche della colite ulcerosa, nel miglioramento e normalizzazione degli esami di laboratorio che vengono alterati dall’infiammazione e nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti», assicura Gionata Fiorino, Ricercatore clinico e gastroenterologo, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e UO Gastroenterologia, Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, che ha partecipato al programma di studi SELECTION. «Questi obiettivi della terapia sono stati raggiunti in maniera maggiore nei pazienti che avevano assunto filgotinib rispetto a coloro che avevano assunto placebo: c’è dunque un’evidenza scientifica che supporta l’efficacia del farmaco nel trattamento dei vari aspetti legati alla malattia che impattano sulla vita dei pazienti, insieme a un adeguato grado di sicurezza. Tutto questo si unisce alla formulazione orale, ben accettata dai pazienti, che può contribuire a migliorare l’aderenza alla terapia, e al basso potenziale di interazione con altri farmaci, comunemente co-somministrati nella colite ulcerosa».
di Paola Trombetta