«Ho ricevuto la diagnosi di diabete tipo 1 quando avevo 5 anni e, nonostante il parere contrario del mio medico, ho sempre volute praticare sport. All’età di 11 anni mi sono avvicinata alla pallavolo. Mi sentivo libera e, nonostante le difficoltà che la malattia comportava, ho continuato su questa strada. All’epoca però non mi hanno permesso di conseguire il certificato di idoneità sportiva per questa disciplina. E ho dovuto ripiegare sul nuoto. In acqua ero felice! Mi avevano proposto di far parte della squadra di nuoto e ho accettato, senza dichiarare però la mia malattia. Ho vinto una medaglia di bronzo in una competizione regionale. Dopo di che ho dichiarato pubblicamente di essere affetta da diabete tipo 1. Da lì è partita la mia battaglia per favorire l’accesso delle persone che come me hanno una malattia cronica alla pratica sportiva. Nel 2007 ho fatto la traversata a nuoto dello stretto di Messina e sono stata la prima diabetica al mondo ad effettuare quest’impresa. A quell’epoca i medici sconsigliavano addirittura ai pazienti diabetici di praticare sport. Ho cercato di sfatare questo divieto e ho nuotato per 21 chilometri nel Golfo di Napoli. Nel 2015 ho attraversato tutta l’Italia in camper e in ogni Regione cercavo di testimoniare l’importanza dello sport per la gestione della patologia e di far conoscere la condizione del soggetto diabetico. Tuttora, a 47 anni, continuo ad allenarmi, a praticare sport e a gareggiare anche a livello agonistico, grazie al supporto di alcuni diabetologi e medici dello sport che mi hanno rilasciato i certificati di idoneità sportiva. Oggi cerco di interfacciarmi anche con le istituzioni per perorare la causa dei soggetti con una malattia cronica come il diabete e convincere medici di base e specialisti sull’importanza della pratica sportiva. E sto cercando di sensibilizzare anche gli allenatori sportivi ad accettare che i diabetici possano praticare sport in condizioni di assoluta sicurezza. Finalmente gli specialisti hanno riconosciuto che l’attività sportiva, in particolare nel diabete tipo 2, può addirittura far regredire la malattia. Anche nel diabete tipo 1 si riscontrano benefici. Nel mio caso sono addirittura riuscita a ridurre i livelli di insulina: da 80 unità al giorno, sono passata a circa 25, grazie alla costante attività fisica. Vorrei concludere confermando che l’efficacia dello sport per un soggetto diabetico è enorme, non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico. Spesso un malato cronico cade in depressione e attraverso l’attività fisica la mente si apre a nuovi orizzonti. Oserei addirittura definire l’attività fisica come una “terapia” a tutti gli effetti».
Ne è fermamente convinta Monica Priore, atleta nuotatrice diabetica, la cui storia è raccontata nel libro scritto dal giornalista sportivo Luca Gregorio (Edizioni Agapantos), presentato di recente alla Camera dei Deputati in occasione del centenario della scoperta dell’insulina. E ne sono convinti anche gli specialisti intervenuti al Ministero della Salute in occasione della Terza Giornata Italiana della Prevenzione (12 maggio), promossa dalla Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC), per la presentazione di un documento con 11 punti che riguardano il miglioramento dello stile di vita.
«Il documento in questione ripercorre le tematiche principali della prevenzione e gli interventi che possono essere messi in campo per preservare la salute del nostro cuore e dei nostri vasi, per vivere in benessere, scongiurando, o quanto meno ritardando, eventi cardiovascolari molto gravi e talora fatali, in particolare l’infarto del miocardio, l’ictus cerebrale, ma anche la fibrillazione atriale, lo scompenso cardiaco, le manifestazioni dell’aterosclerosi, che impattano pesantemente sulla salute dei cittadini, oltre che sui costi che i singoli individui e il Sistema Sanitario Nazionale devono affrontare», ha dichiarato il professor Massimo Volpe, Presidente SIPREC. «Il documento si articola in undici punti: alimentazione corretta, promozione dell’attività fisica, lotta al tabagismo, controllo della pressione arteriosa, controllo delle dislipidemie, del sovrappeso e dell’obesità, controllo del diabete e della condizione pre-diabetica, implementazione dell’aderenza dei cittadini alle prescrizioni terapeutiche, impiego delle vaccinazioni come strumento di prevenzione cardiovascolare, la declinazione degli interventi in relazione all’età nell’arco di tutta la vita e in relazione alle specificità di genere e, infine, lotta all’inquinamento ambientale, che impatta sul nostro cuore e sulle nostre arterie».
Dagli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il 98% degli italiani è esposto ad almeno un fattore di rischio cardiovascolare, mentre il 41% ne presenta almeno tre. Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità nel mondo con 17 milioni di decessi l’anno. In Italia queste patologie sono responsabili del 35% dei decessi (230 mila casi all’anno) e sono la prima causa di ricovero ospedaliero. Si stima che nel 2050 gli over sessantacinquenni saranno il 35% della popolazione italiana: il costo per la loro assistenza potrebbe non essere più garantito, considerando che le malattie croniche, tra cui le patologie cardiovascolari, assorbono la maggior parte della spesa sanitaria. Oggi solo il 3% della spesa sanitaria viene investito in programmi per la prevenzione cardiovascolare.
«Le donne, in particolare, che vivono più a lungo degli uomini, hanno maggiori comorbidità che condizionano la qualità della vita», puntualizza la dottoressa Daniela Galeone, direttore dell’Ufficio Promozione della Salute, Prevenzione e Controllo delle Malattie Cronico Degenerative del Ministero della Salute. «Ogni anno muoiono molte più donne per malattie cardiovascolari che per tumori. Il rischio cardiovascolare nel genere femminile non può ignorare l’esistenza di fattori genere-specifici: la donna è esposta a una quota aggiuntiva di rischio per il proprio sistema cardiovascolare, collegato a fattori “emergenti” che sono predominanti e hanno un maggior impatto sul sesso femminile. Tra questi rientrano le malattie infiammatorie croniche/autoimmuni, causate probabilmente dal ruolo immunostimolante esercitato dagli estrogeni. Lo stato di infiammazione sistemica che le accompagna sembrerebbe essere responsabile dei processi aterosclerotici più precoci e accelerati. Altri fattori di rischio, definiti “ginecardiologici”, sono legati allo stato ormonale della donna. Una menopausa precoce, ad esempio, con la cessazione della produzione ovarica di estrogeni, è associata a un maggior rischio di eventi cardiovascolari e una maggiore mortalità. Non va dimenticato il fatto che gran parte dei farmaci utilizzati per le malattie cardiovascolari sono stati studiati prevalentemente su soggetti di sesso maschile: questo potrebbe determinare una differenza di trattamento ottimale, in termini di dosaggio e selezione del principio attivo. Per questo è fondamentale diffondere il concetto di prevenzione cardiovascolare, che può essere attuato anche attraverso l’utilizzo delle Carte del Rischio che consentono al medico di valutare i soggetti più a rischio e indirizzarli verso un approccio nutrizionale e di attività fisica più mirati e continuativi. Utili anche i servizi offerti dalle farmacie per la misurazione della pressione, del peso e l’esame del colesterolo».
«Il primo passo per la prevenzione è una sana alimentazione, rappresentata dalla Dieta Mediterranea, fortemente consigliata anche dalle Linee Guida dell’European Society of Cardiology», conferma la dottoressa Stefania Maggi, presidente della Fondazione Dieta Mediterranea del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). «È una dieta completa che include la combinazione dei cibi: frutta, verdura, legumi, ma anche latticini e carne bianca, che garantiscono un equilibrato apporto di carboidrati, proteine, grassi e vitamine. Questa dieta contribuisce al controllo dei valori glicemici, del colesterolo e dello stato infiammatorio generale. Riduce la mortalità e morbilità per tutte le cause, favorisce la longevità in buona salute, con una riduzione della spesa sanitaria. Alcune analisi economiche hanno calcolato che, se il costo per anno di vita con una terapia farmacologica può oscillare tra i 2.000 e i 5.500 euro a persona, e per un bypass coronarico circa 25.000 euro, con la dieta mediterranea si attesta intorno ai 900 euro. Ma la sana alimentazione rappresenta anche un modello importante di dieta sostenibile, in quanto è in grado di apportare benefici non solo alla salute, ma anche all’ambiente. Per ottenere 100 calorie la dieta mediterranea determina un impatto ambientale di circa il 60% inferiore rispetto a un’alimentazione basata su grassi animali. Non dimentichiamo che la dieta mediterranea è stata riconosciuta come Patrimonio Culturale dell’Umanità: non è considerata solo una condotta alimentare, ma uno stile di vita sano ed equilibrato con alimentazione, attività fisica, socialità e convivialità».
Un altro elemento importante relativo all’alimentazione, secondo gli esperti SIPREC, è il controllo del consumo di sale nell’alimentazione, soprattutto in relazione alla pressione arteriosa. Come consigliato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ridurre il consumo di sale di 5 grammi al giorno, porterebbe a una riduzione complessiva del 23% circa di ictus e del 17% di malattie cardiovascolari.
«Insieme all’alimentazione, non va trascurata l’importanza di una regolare attività fisica», aggiunge la dottoressa Maria Rosaria Squeo, responsabile dell’Attività Sanitaria Olimpica. «Il 30% degli italiani (circa 20 milioni di persone), soprattutto donne residenti al Sud, non praticano attività fisica, che offre invece innegabili vantaggi nella prevenzione del rischio cardiovascolare e nel controllo di malattie croniche come il diabete. Diversi studi clinici paragonano addirittura i benefici dell’attività fisica a quelli di un vero e proprio “farmaco”. Come del resto lo dimostra l’esperienza di Monica Priore. L’abitudine all’attività fisica dovrebbe essere proposta fin da bambini, cercando di assecondare la propensione a determinati sport. A questo proposito dovrebbero essere valorizzate figure come il personal trainer e il medico dello sport, che devono interagire con medici di base e pediatri».
E per concludere, tra i fattori di prevenzione delle malattie croniche, non possiamo trascurare le cattive abitudini come il tabagismo e l’esposizione a sostanze inquinanti, che intervengono nei processi infiammatori a carico dell’apparato cardiorespiratorio.
Non sempre però le corrette abitudini sono sufficienti a scongiurare l’insorgere di malattie cardiovascolari. Esistono, infatti, fattori di predisposizione genetica o condizioni molto diffuse come diabete, ipertensione e ipercolesterolemia che possono favorirle e richiedere specifici interventi terapeutici anche in prevenzione primaria. Per questo motivo, diventa necessario promuovere iniziative di screening e consulenza nell’individuazione del rischio cardiovascolare dei singoli e nell’adozione di interventi preventivi, come le campagne antifumo. A questo proposito SIPREC ha dato vita a un progetto di comunicazione integrata ad ampio raggio, che include una campagna social #DaCuoreaCuore, attività di media relation, il supporto di figure istituzionali e di ambassador come l’attore Pierfrancesco Favino, che ha deciso di prestare la propria immagine per divulgare il messaggio dell’importanza di proteggere, preservare e prendersi cura del proprio cuore, con l’auspicio che le future generazioni possano ammalarsi sempre meno. Il suo messaggio è visibile al seguente video: https://youtu.be/XxLoaWu3M7I
di Paola Trombetta