«Mia mamma è scivolata mentre stava andando in bagno alle 5 del mattino: si è ritrovata a terra con la gamba sinistra piegata e non riusciva più ad alzarsi. Per non parlare del dolore intenso che ha provato quando è arrivata la donna che l’accudisce e ha cercato di alzarla; ma non riusciva ad appoggiare la gamba per l’eccessivo dolore. Mi hanno chiamata al volo e mi sono precipitata a casa sua con il cuore in gola. Povera mammetta! A 90 anni, con trenta chili di peso, una grave osteoporosi e una frattura vertebrale pregressa, mancava giusto la rottura del femore. Appena distesa a letto, abbiamo subito notato che la gamba sinistra era completamente rivolta verso l’esterno e quando cercavamo di raddrizzarla, la mamma dolorava terribilmente. Dopo un consulto con la zia medico, prontamente intervenuta, abbiamo chiamato l’ambulanza. Il trasporto all’Ospedale di Carate, il più vicino a casa, è stato un vero calvario: il dolore per la mamma era davvero intenso, soprattutto quando l’ambulanza percorreva strade con dossi o buche. Finalmente arrivata in ospedale, è stata subito presa in carico dalla bravissima dottoressa Francesca Colombo, specialista in ortopedia, che, dopo aver fatto la RX (di cui già intuiva l’esito), ha diagnosticato una frattura al femore, che richiedeva l’intervento, programmato tempestivamente per il pomeriggio stesso. Nonostante un’iniziale diffidenza e comprensibile paura da parte di mia mamma, la dottoressa Colombo, con modi alquanto garbati, l’ha convinta all’intervento. Anch’io sinceramente ero un po’ titubante. Alla mia domanda, “ma si può operare una donna di 90 anni?” La risposta è stata: “Solitamente è proprio questa l’età in cui le persone si rompono, soprattutto il femore”. Anche perché l’alternativa all’intervento era quella di trascorrere 90 giorni immobilizzata a letto, con rischi di piaghe da decubito, problemi polmonari e dolori insopportabili. La mia ansia e preoccupazione sono durate fino al termine dell’intervento, quando la dottoressa mi ha convocato per dirmi che tutto era andato bene e mia mamma era già in reparto, con una placca e due chiodi che avrebbero tenuto ben saldo il suo femore. E appena l’ho vista era perfettamente vigile, anche se un po’ dolorante, e mi faceva una tenerezza infinita! Il più era stato fatto e ringrazio ancora oggi l’équipe di ortopedici di questo ospedale di provincia che hanno fatto un intervento encomiabile! Dopo pochi giorni mia mamma era già seduta in carrozzina e dopo una settimana l’abbiamo portata a casa, scegliendo la riabilitazione a domicilio che in un mese ha dato i suoi frutti, grazie alla bravissima fisioterapista Laura. Mia mamma ha ripreso a camminare, dopo due settimane, con l’ausilio di un deambulatore e dalla recente visita di controllo, persino l’ortopedico si è meravigliato del veloce recupero che ha avuto. E oggi posso davvero dire che mammetta è una donna “bionica”! Devo riconoscere che, tutto sommato, è stata “fortunata”».
Le fratture da fragilità per osteoporosi hanno infatti rilevanti conseguenze, sia in termini di mortalità che di disabilità motoria, con elevati costi sanitari e sociali. «La mortalità da frattura del femore è del 5% nel periodo immediatamente successivo all’evento e del 15-25% a un anno. Nel 20% dei casi si ha la perdita definitiva della capacità di camminare autonomamente e solo il 30-40% dei soggetti torna alle condizioni precedenti la frattura», afferma Ferdinando Silveri, Vicepresidente Comitato Scientifico della Federazione italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro (FEDIOS), intervenuto all’evento di presentazione del Premio giornalistico sull’Osteoporosi “Dalla parte delle ossa”, promosso da FEDIOS (Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro) e UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di informazione), in collaborazione con SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro), GIBIS (Gruppo Italiano Bone Interdisciplinary Specialists) e GISMO (Gruppo Italiano Studio Malattie Metabolismo Osseo) con il contributo non condizionato di Abiogen (vedi box a fine articolo).
Con questa iniziativa si vuole informare, attraverso i media, sull’importanza di prevenire una malattia dell’apparato scheletrico come l’osteoporosi, caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo, con conseguente fragilità, che accresce il rischio di traumi. «L’incidenza di fratture da fragilità aumenta con l’età, particolarmente nelle donne», puntualizza Silveri. «Nel corso della vita, circa il 40% della popolazione incorre in una frattura di femore, vertebra o polso, in maggioranza dopo i 65 anni. Si stima che in Italia l’osteoporosi colpisca circa 5 milioni di persone, di cui l’80% sono donne in post menopausa. Secondo i dati ISTAT relativi all’anno 2020, l’8,1% della popolazione italiana (il 13,5% delle femmine e il 2,3% dei maschi) ha dichiarato di essere affetto da osteoporosi, con prevalenza che aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, in particolare nelle donne dopo i 55 anni, fino a raggiungere il 32,2% oltre i 74 anni (il 47% delle femmine e il 10,3% dei maschi)».
Tuttavia, nonostante sia una patologia con gravità alla pari di malattie cardiovascolari, non viene trattata adeguatamente e nessuno se ne preoccupa, per questo potremmo dire che si tratta di una patologia “Cenerentola”. «Abbiamo una grossa lacuna nel trattamento dell’osteoporosi, che riguarda anche la classe medica, non abbastanza sensibile a questa tematica, a partire dal medico di base fino allo specialista (ortopedico, fisiatra)», fa notare ancora Silveri. «L’osteoporosi è una patologia con molte implicazioni e va trattata in modo adeguato. A volte può succedere che il paziente inizia una terapia, ma poi la sospende, nel 50% entro un anno, in quanto non è stato sufficientemente “preparato’’. Una frattura vertebrale raddoppia il rischio di avere una frattura di femore entro un anno e quintuplica il rischio di avere una nuova frattura vertebrale in assenza di trattamento adeguato. Inoltre, è noto come la presenza di fratture vertebrali influisca negativamente sulla qualità di vita del paziente e ne aumenti la mortalità, con incremento dei relativi costi socio-sanitari».
Il carico economico più elevato è rappresentato proprio dalle fratture, che comportano costi sia nel breve periodo, per la gestione della frattura stessa, sia nel lungo periodo per le conseguenze. L’ospedalizzazione è l’aspetto principale legato ai costi diretti a carico del Servizio sanitario nazionale; a questi si aggiungono quelli legati alla perdita di produttività dei soggetti con osteoporosi. Nonostante la maggior parte delle fratture da fragilità si verifichi in pazienti anziani, quando ciò avviene in età lavorativa, in Italia, si stima che si perdano circa 95 giorni lavorativi per mille individui. A ciò si associano i costi riguardanti l’assistenza del paziente da parte di familiari e caregiver.
«L’osteoporosi rappresenta oggi una vera emergenza sanitaria, essendo una patologia di prevalenza e incidenza in costante incremento. Basti considerare che la mortalità, un anno dopo la frattura di femore è di circa il 25% e i soli costi diretti del trattamento della frattura da fragilità sono 4 volte superiori a quelli del tumore della mammella, 3 volte superiori a quelli dell’infarto del miocardio e 3 volte a quelli dell’ictus», aggiunge Sandro Giannini Presidente Gruppo Italiano Bone Interdisciplinary Specialists (GIBIS). «Servirebbe dunque un cambio di paradigma per la gestione dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità, sia a livello organizzativo sia per quanto riguarda l’approccio alla patologia da parte del paziente, ma anche del medico».
Nell’ambito delle fratture da fragilità, esiste un modello coordinato multidisciplinare di presa in carico e gestione del paziente, riconosciuto a livello internazionale per essere costo-efficace nella riduzione del rischio di rifrattura, denominato Fracture Liaison Service (FLS). Con questo approccio si implementano programmi diagnostico-terapeutici all’interno delle strutture sanitarie, mirati a ridurre il divario nell’assistenza ai pazienti con fratture osteoporotiche e a migliorare la comunicazione tra i vari professionisti sanitari coinvolti. Il modello FLS promuove la continuità assistenziale, migliora i processi di diagnosi e aumenta l’aderenza al trattamento terapeutico, contribuendo a ridurre il tasso di fratture e i costi di gestione della patologia. «In SIOMMMS siamo impegnati da anni su questo fronte per cercare di riportare l’attenzione sulle fratture da fragilità, in particolare avviando progetti con l’obiettivo di strutturare un percorso di cura efficace rispetto ai bisogni dei pazienti e flessibile rispetto alle caratteristiche del sistema socio-sanitario italiano», afferma Bruno Frediani, Presidente Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS). «Migliorare la cura dell’osteoporosi puntando sulla prevenzione delle fratture, riducendo i costi a queste associati: è la vera sfida da cogliere e vincere grazie all’innovazione terapeutica che non deve essere vista come una spesa, ma come un investimento».
Cosa fare per mantenere l’osso in salute?
«Per la salute dell’osso e per scongiurare il rischio che diventi fragile e si possa fratturare, è necessaria una combinazione di movimento più alimentazione ricca di nutrienti come calcio e proteine, una regolare esposizione alla luce del sole che favorisca la produzione di vitamina D, importantissima per la salute delle ossa e per la prevenzione di fratture», sottolinea Ranuccio Nuti Presidente Gruppo Italiano Studio Malattie Metabolismo Osseo (GISMO). «Abbiamo recentemente dimostrato che nella popolazione italiana l’assunzione della vitamina D con gli alimenti è molto carente, oscillando da 200 a 250 UI al giorno, ben lontana da quella che è giudicata essere la quantità fisiologicamente idonea a garantire una corretta omeostasi fosfo-calcica, vale a dire 800 UI al giorno. Non tutti gli alimenti contengono la vitamina D e quindi è opportuno favorire l’assunzione di quelli che la contengono in misura maggiore, come ad esempio pesce (in particolare olio di fegato di merluzzo), latte e derivati, uova. Al fine di ottenere un normale stato vitaminico D, può essere utile una regolare esposizione alla luce del sole che, come è noto, garantisce a livello cutaneo la sintesi del colecalciferolo, primo metabolita della vitamina D. Nel momento in cui si dovesse realizzare una carenza di vitamina D, può essere utile ricorrere alla supplementazione che può avvenire con diverse modalità, a cadenza settimanale o mensile. L’utilizzo della vitamina D nella gestione dell’osteoporosi è stato regolamentato dalla Nota 96 dell’AIFA che, accanto ad alcune indicazioni positive, presenta tuttavia diversi aspetti di criticità che ne ostacolano un corretto impiego nella pratica clinica. Nei casi di osteoporosi conclamata, esistono oggi diverse categorie di farmaci da utilizzare: dai tradizionali bisfosfonati, alcuni dei quali si possono assumere una volta alla settimana, altri una volta al mese, ai recenti anticorpi monoclonali da somministrare sottocute ogni sei mesi, fino ai più sofisticati farmaci per endovena una volta all’anno. L’importante è in ogni caso “personalizzare” la cura: questo consente di migliorare l’aderenza terapeutica e ottimizzarne gli effetti».
di Paola Trombetta
Il Premio giornalistico “Dalla parte delle ossa”
Il Premio giornalistico “Dalla parte delle ossa” verrà assegnato per la realizzazione di articoli pubblicati in lingua italiana su web, stampa, agenzie stampa, e di servizi televisivi e radiofonici apparsi su emittenti a carattere nazionale e regionale che abbiano per argomento l’osteoporosi. È riservato ai giornalisti italiani iscritti all’Ordine, autori di articoli, inchieste e servizi andati in onda o pubblicati su carta stampata, tv, radio, agenzie di stampa e testate online tra il 1° novembre 2023 e il 31 ottobre 2024. Termine ultimo per candidarsi 10 novembre 2024. Il premio in palio per ciascuna categoria è del valore di 1.000 euro. I premi saranno attribuiti secondo il giudizio della giuria, che sarà composta da: Ferdinando Silveri (Vicepresidente Comitato Scientifico FEDIOS); Bruno Frediani (Presidente SIOMMMS); Sandro Giannini (Presidente GIBIS); Ranuccio Nuti (Presidente GISMO); più cinque membri UNAMSI: Massimo Barberi, Vera Martinella, Nicola Miglino, Elvira Naselli, Paola Olgiati. I partecipanti dovranno inviare alla Segreteria Organizzativa del Concorso un solo articolo o servizio, precisando il nome della testata e la data di uscita. In particolare, dovranno fornire: Modulo di adesione; due copie su supporto cartaceo/o elettronico per i servizi video per ogni servizio giornalistico o nota di agenzia. La premiazione avverrà al congresso SIOMMMS, a Padova dal 5 al 7 dicembre 2024. «Abbiamo accolto con molto piacere l’invito a promuovere un premio giornalistico legato al tema dell’osteoporosi, di così grande attualità in una popolazione, come quella italiana, destinata a invecchiare sempre più», sottolinea Nicola Miglino, presidente UNAMSI. «Favorire un’informazione corretta significa sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione e del trattamento, quando necessario, così come la classe medica nell’affiancare i pazienti quando la salute delle ossa comincia a farsi precaria. Le conseguenze di un’osteoporosi trascurata sono molto spesso le fratture, che provocano disabilità, se non esiti ancor più gravi, senza trascurare i costi per il SSN. Essere ben informati è il primo passo per mantenersi in buona salute».
Per consultare il bando e inviare la propria candidatura visitare i siti web: www.fedios.org; unamsi.it; www.siommms.it e gismo.net
Paola Trombetta