Il futuro delle neurotrofine: la prima fu scoperta da Rita Levi Montalcini

«La ricerca è un’esplorazione della speranza. In questi giorni più di cento scienziati hanno deciso di collaborare mettendo a sistema le proprie conoscenze per guardare al futuro», ha affermato il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini in occasione della Nature Conferences “From the Eye to The Brain” sponsorizzata da Dompé farmaceutici che ha coinvolto scienziati leader a livello globale per discutere lo stato dell’arte e il futuro della ricerca sulle neurotrofine, la famiglia di molecole, la prima delle quali fu scoperta dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini. «Grazie allo scambio di conoscenze la scienza si interroga, si confronta e individua un nuovo orizzonte per la ricerca scientifica. In un mondo che cambia velocemente la medicina impiega i suoi tempi affinché una scoperta si trasformi in una risposta terapeutica. Ma non dobbiamo dimenticare che alla fine dello scorso anno più di 10 mila pazienti sono stati trattati con un farmaco pionieristico prodotto qui in Italia per una rara malattia oftalmologica». Una storia che parte dagli studi della grande scienziata Rita Levi-Montalcini, una donna che è un esempio ispiratore per tutti noi. Il suo entusiasmo e la passione per la ricerca sono una grande eredità morale. Sulla figura di Rita Levi Montalcini e sull’importanza delle sue scoperte per il futuro impiego nelle neuroscienze, abbiamo intervistato la regista Barbara Bernardini, biologa, già collaboratrice di Piero e ora di Alberto Angela, sia nel programma televisivo SuperQuark che nel nuovo NOOS. Con più di vent’anni di esperienza nella comunicazione scientifica, Bernardini è fondatrice della Oneframe-Creative Science Communication, che ha curato la produzione di The Brain Makers, the inside story of the discovery and potential of neurotrophins, un documentario in tre episodi sulle prospettive di applicazioni terapeutiche di queste molecole.

Come mai la scelta di produrre questo documentario e di cosa tratta?
«The Brain Makers è forse il primo grande progetto di divulgazione sulle neurotrofine. Grazie al supporto di Dompé farmaceutici, attiva in questa area di ricerca, abbiamo potuto raccontare l’avventurosa scoperta del Nerve Growth Factor (NGF), il fattore di crescita nervoso che è valso il Premio Nobel a Rita Levi Montalcini e Stanley Cohen nel 1986. Una scoperta che all’inizio fu addirittura osteggiata da molti scienziati, ma che ora, dopo 70 anni, si sta rivelando molto importante. Oggi infatti sappiamo che NGF era solo la prima di una classe di molecole, le neurotrofine, che determinano lo sviluppo e il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale e periferico. Non agiscono solo quando si sviluppa l’embrione, ma anche nella vita adulta. Il mondo della ricerca sta ora esplorando il possibile utilizzo di queste molecole per “riparare” eventuali danni del sistema nervoso. È contemporaneamente una storia di scienza, e di una “donna di scienza” che ha ostinatamente proseguito sulla sua strada, contro tutti gli ostacoli dell’epoca, dalle leggi razziali alla discriminazione di genere, che l’hanno spinta a emigrare negli Stati Uniti. È grazie alla determinazione nel dimostrare le sue intuizioni, che Levi-Montalcini, insieme al collega Stanley Cohen, è arrivata nel 1951 a scoprire l’NGF. Il Nerve Growth Factor è una proteina chiave nei processi di crescita, mantenimento e sopravvivenza dei neuroni ed è proprio da qui che parte The Brain Makers. Il primo episodio, intitolato “War, chickens and snakes”, è incentrato sul tortuoso cammino che ha condotto a questa sua scoperta. Nel secondo racconteremo il singolare percorso che ha portato all’utilizzo del NGF per trattare una grave e rara patologia dell’occhio che induce la degenerazione della cornea».

Nel film sulla vita della professoressa Rita Levi Montalcini si parla di una bambina che stava perdendo la vista e sulla quale è iniziata la sperimentazione della molecola NGF nell’ occhio…
«Nel secondo episodio viene proprio citato questo primo esperimento, condotto negli anni ’90 dal gruppo di ricercatori del Policlinico Umberto I. Si racconta appunto la sua storia di questa bambina che aveva già perso un occhio a causa della malattia e che rischiava la cecità completa. A quel tempo la molecola era di derivazione murina, estratta cioè dalla ghiandola salivare del topo. C’erano solo dati sugli animali e ci volle molto coraggio: la somministrazione fu fatta perché non c’erano alternative di cura. Fortunatamente il trattamento ebbe successo. Da allora sono passati molti anni e molti studi clinici per convalidare l’efficacia e la sicurezza dell’NGF e oggi la molecola che si utilizza per questa patologia è del tutto equivalente a quella fabbricata dal corpo umano, prodotta come si fa per l’insulina attraverso le biotecnologie».

Parkinson e Alzheimer, sono malattie neurodegenerative devastanti e molto diffuse. Potrebbero le neurotrofine rivelarsi utili anche in queste patologie?
«Nel terzo episodio del documentario cercheremo di capire proprio questo, ovvero quali orizzonti si stanno aprendo nella ricerca sulle malattie del Sistema Nervoso Centrale. Le neurotrofine sono una classe di molecole molto potenti per promuovere la sopravvivenza dei neuroni e questo le rende interessanti agli occhi dei ricercatori che studiano possibili soluzioni per fermare la degenerazione delle cellule nervose e non mancano esperimenti audaci e promettenti che racconteremo nel documentario. Ma sono anche molecole molto complesse e in parte misteriose.  Rappresentano una speranza per il futuro, ma solo un paziente e rigoroso lavoro di ricerca scientifica potrà portare risultati positivi, proprio come fu per Rita Levi Montalcini».

di Paola Trombetta

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