Un video per spiegare la mastocitosi

Pochi minuti per raccontare, anzi “spiegare” con immagini e videografiche la Mastocitosi, una malattia rara, complessa e poco conosciuta, caratterizzata dalla crescita anomala e dall’accumulo in organi e tessuti di mastociti, un particolare tipo di cellule del sistema immunitario. È l’obiettivo di #Telospiego, il video educazionale ideato da ASIMAS – Associazione Italiana Mastocitosi e realizzato con il supporto non condizionante di Blueprint Medicines, presentato in occasione dell’annuale Giornata Mondiale dedicata alla sensibilizzazione su questa patologia (20 ottobre).

Attraverso un originale mix di disegni stilizzati su fondo giallo, animazione, didascalie e voce narrante, il video racconta in 3 minuti cos’è la mastocitosi, cosa sono i mastociti, le cause, come si arriva alla diagnosi, a quale medico rivolgersi, come e dove si cura. E’ caricato sul canale Youtube di ASIMAS e ideato dello youtuber Sacha Dominis di Co Opera Multimedia: è visibile al link: https://www.youtube.com/watch?v=XE_krohgY4w.

«Il compito di ASIMAS è riconoscere le persone con mastocitosi non diagnosticata e questo obiettivo si può raggiungere attraverso il riconoscimento dei sintomi, molteplici ed eterogenei, che possono coinvolgere organi diversi», dichiara la Presidente Patrizia Marcis. «Un altro importante obiettivo è dare voce ai bisogni dei pazienti, per una diagnosi tempestiva e una presa in carico presso centri di riferimento. Il video #Telospiego nasce da queste esigenze ed è il punto di partenza di un lavoro di conoscenza sulla mastocitosi che la nostra Associazione intende portare avanti e condividere con la RIMA-Rete Italiana Mastocitosi, le 22 Associazioni internazionali, i pazienti, i diversi specialisti che ruotano attorno ad una patologia tanto complessa. È importante non lasciare soli i pazienti e sensibilizzare cittadini, medici, specialisti, istituzioni affinché i diritti di chi soffre a causa di questa malattia siano sempre più tutelati».

La mastocitosi è una malattia rara e assai eterogenea, dovuta alla presenza di una mutazione del gene KIT, la D816V, che genera la proliferazione incontrollata dei mastociti, cellule immunitarie diffuse nell’organismo, che possono infiltrare e accumulare a livello della pelle e di altri organi come il tratto gastrointestinale, la milza, i linfonodi, il midollo osseo e così via.

Due le forme principali: cutanea, che si manifesta con lesioni orticariformi nei primi anni di vita e viene facilmente riconosciuta grazie al cosiddetto “segno di Darier”; sistemica, più tipica dell’adulto e persistente, con diversi gradi di severità che vanno dalle forme indolenti a quelle avanzate.

In Italia sono circa 5.000 i pazienti con mastocitosi, non tutti diagnosticati: di questi il 10% è affetto dalla forma sistemica avanzata, che può manifestarsi con numerosi sintomi, spesso simili a quelli di altre patologie, in funzione degli organi colpiti: prurito, orticaria, bruciori o diarrea e dolori addominali, gastrite e ulcera,osteoporosi con fratture da fragilità fino ad episodi di shock anafilattico. Spesso sono necessari anni, in media 3,5, per ricevere una diagnosi corretta e ottenere un trattamento adeguato, oggi possibile grazie a terapie specifiche.

«Il ritardo diagnostico in alcuni casi può arrivare anche a 5-6 anni, ma si sta accorciando, anche grazie alla crescita delle conoscenze e dell’interesse da parte dei clinici alla malattia», sottolinea l’ematologa Roberta Zanotti, Presidente della RIMA-Rete Italiana Mastocitosi. «Il punto cruciale è la presa in carico del paziente presso un centro di riferimento con il supporto di un team multispecialistico di esperienza, costituito da allergologo, ematologo, dermatologo, gastroenterologo e reumatologo. Ma fondamentale è anche il coinvolgimento del medico di Medicina generale, che deve essere informato sulla patologia per poter indirizzare un possibile paziente al centro di riferimento. Il trattamento include farmaci tradizionali per controllare i sintomi (antistaminici) che sono utilizzati prevalentemente nelle forme senza dolore; per le forme avanzate, sono disponibili oggi farmaci inibitori delle tirosin-kinasi, particolarmente efficaci nell’inibire le cellule con mutazione di KIT, in grado di portare in taluni casi anche ad una remissione duratura di malattia. Più di recente è stato approvato dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) l’utilizzo di un inibitore delle tirosin-kinasi, che agendo in modo mirato sulla mutazione genica KIT riesce a “spegnere” i sintomi resistenti alla terapia tradizionale».

Paola Trombetta

 

 

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