Come cambia l’approccio ai tumori: intervista ad Adele Patrini dell’Associazione C.A.O.S.

Una rivoluzione che cambierà l’approccio al paziente, alla cura e la visione del tumore nella sua complessità, grazie a una nuova strategia di valutazione terapeutica: il Molecular Tumor Board (MTB), uno strumento di governance clinico-organizzativa per un approccio sempre più personalizzato all’oncologia, basato sull’analisi approfondita delle alterazioni molecolari dei tumori, utile a migliorare l’accuratezza terapeutica.

Il MTB da anni già presente nelle realtà sanitarie e ospedali lombardi, si sta via via consolidando, implementando e “istituzionalizzando” in diverse regioni italiane. «Il MTB – esordisce Adele Patrini, Presidente dell’Associazione C.A.O.S. (Centro Ascolto Operate al Seno) di Varese e Delegata FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) per la Lombardia – rappresenta un’innovazione in ambito oncologico in termini di tematiche, contenuti ed applicazione della medicina di precisione, permettendo di fornire gli strumenti più adeguati a tutti gli operatori sociosanitari per una più avanzata ed appropriata assistenza ai pazienti. Insomma, una vera e propria rivoluzione che apre ad un cambio di visione culturale molto significativa in cui concorrono tre fattori cruciali: multidisciplinarietà, personalizzazione della cura e rete».

Abbiamo intervistato Adele Patrini su questo a alcuni temi che le stanno a cuore in occasione dell’evento “La rivoluzione del Molecular Tumour Board in Regione Lombardia: un nuovo approccio all’oncologia”, promosso da Italian Healty Policy.

Presidente Patrini come nasce l’Associazione C.A.O.S. e con quali obiettivi?
«C.A.O.S. nasce nel 1997 dopo il mio primo “incontro” con il tumore del seno con l’obiettivo di portare la voce del paziente nelle Breast Unit e renderlo parte integrante nell’équipe multidisciplinare a fianco di medici, infermieri e personale sanitario di senologia. Intento dell’Associazione è offrire supporto al paziente oncologico, specificatamente alle donne con tumore del seno, portando la sua voce fuori dalla cartella clinica, con una valenza terapeutica ed istituzionale, ma anche organizzativa e culturale. Ovvero rendendo le nostre storie, la mia e quelle di milioni di altre donne, viva testimonianza dei protocolli di cura e delle scelte di politica sanitaria. Con questo intento diamo risposta concreta anche alle indicazioni dell’OMS che attribuisce alla variante psicosociale il 40% delle peculiarità della lotta al cancro».

Che tipo di aiuto offre C.A.O.S. alle donne con tumore del seno?
«Come parte integrante del team multidisciplinare di senologia, all’interno del PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) della Breast Unit, l’Associazione e i nostri volontari prendono per mano le donne offrendo loro un aiuto attraverso un centro di ascolto, accompagnando ciascuna con sensibilità e passione nel proprio “viaggio con il cancro”: così definisco il PDTA che ci guida e detta i passi della cura. Investiamo moltissimo in una relazione che si fonda sull’empatia, sull’aiuto alla donna/paziente con un’attenzione, mai così importante come in questo momento storico, anche al familiare e ai care-giver, a volte più pazienti dei pazienti stessi».

Come possono accedere le donne all’Associazione e al vostro aiuto?
«Siamo dentro la Breast Unit e la donna ci incontra quando vi accede, imparando a conoscere non solo il valore dell’esperienza, ma anche delle parole: ritengo che le parole non riescano a fotografare la realtà ma che la possano determinare. Penso che le Associazioni Pazienti abbiano anche il compito di “pungolare” le istituzioni a un rinnovamento della comunicazione sociale, ad esempio abbandonando il termine di presa in carico che evoca qualcosa di pesante, a presa in cura, sinonimo di dedizione e di attenzione alla persona. Nel momento in cui una donna entra in una Breast Unit, insieme alle terapie radianti, chemioterapiche, chirurgiche e mediche, trova anche centri di ascolto e le associazioni di volontariato che hanno nel Case Manager e nello psiconcologo le principali figure di riferimento».

In questo quadro, qual è il ruolo del paziente?
«Il ruolo del paziente sta sensibilmente crescendo, non solo come protagonista del proprio percorso di cura, ma anche come parte interagente ad esempio nei Tumour Board, cioè alle discussioni dei casi clinici, dove non apporta un contributo strettamente scientifico, ma interviene nella logica della personalizzazione della terapia, secondo l’obiettivo del MTB, offre cioè il proprio sapere. Tuttavia questo percorso, per ben funzionare e dare pieno frutto, deve essere parte di un sistema, che punti a raggiungere il 100% delle guarigioni da cancro, auspicato dal professor Veronesi. Oggi siamo alla soglia del 95-96% di guaribilità in caso di corrette diagnosi precoci: l’obiettivo è vicino e lo dobbiamo dribblare per il professore e per le donne. A Umberto Veronesi va infatti riconosciuta non solo la paternità scientifica della quadrantectomia, del Linfonodo Sentinella, ma anche di avere insegnato ai pazienti a parlare in modo diverso di cancro, spingendoci a partecipare a Tavoli Tecnici, dandoci voce con la creazione di Europa Donna che rappresento nella sua Accademia, trasferendo i suoi messaggi anche tramite il mio incarico di Vicepresidente della Scuola Italiana di Senologia, che lui stesso mi ha offerto».

Come interagite con le istituzioni?
«La forza della voce del paziente ci struttura anche all’interno di federazioni, come la FAVO che livello nazionale comprende 127 associazioni, 215 mila volontari e 700 mila iscritti a vario titolo. Interagiamo con le istituzioni in una logica relazionale, empatica e in condivisione, dove svolgiamo un’azione di lobby, un movimento di opinione per essere parte del sistema, e partecipare a fianco delle istituzioni a tavoli tecnici e attivamente a campagne di sensibilizzazione e di informazione».

Quali sono le maggiori difficoltà che incontrano oggi le donne con tumore del seno?
«Le lunghe liste d’attesa che dilatano enormemente il tempo dalla diagnosi alla chirurgia o all’esecuzione di un esame di imaging come la mammografia o di completamento diagnostico quale una microbiopsia. In questi intervalli le associazioni pazienti e volontari possono svolgere un’ importante azione di sostegno con una relazione di aiuto, attraverso il counselling insieme agli psiconcologi o altre azioni. Dunque, il fattore tempo è certamente una delle difficoltà maggiori, tanto più oggi in cui abbiamo raggiunto quasi 60mila nuove diagnosi annue, in una popolazione di donne sempre più giovani, in cui il reintegro nel tessuto sociale e nel mondo del lavoro diviene cruciale. Anche in quest’ambito le aiutiamo stipulando accordi o convenzioni con i patronati, ad esempio. Un aiuto che potrebbe esser potenziato se all’interno delle Breast Unit si superasse il tradizionale concetto della riabilitazione, intesa come trattamento di un esito prevalentemente fisiatrico, a riabilitazione socio-relazionale dove il lavoro è il primo aspetto.

di Francesca Morelli

MTB, la voce delle istituzioni e dei clinici 

Che cosa rappresenta il Molecolar Tumor Board per il territorio? «È un traguardo cruciale per l’oncologia in Lombardia – spiega Emanuele Monti, consigliere e presidente della Commissione Welfare di Regione Lombardia, in apertura dei lavori –, confermando la nostra Regione come punto di riferimento per l’innovazione e la qualità delle cure. Abbiamo lavorato affinché il nostro sistema sociosanitario potesse adottare tecnologie avanzate come quelle multidisciplinari». E il MTB ne è un chiaro esempio. «Nel corso degli ultimi anni – aggiunge Armando Santoro, Responsabile Oncologia Medica, IRCCS Humanitas Research Hospital – stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione scientifica e culturale nell’approccio al malato oncologico. Al cosiddetto “modello istologico” che ha storicamente regolato le indicazioni terapeutiche, così come la ricerca clinica, si sta affiancando un nuovo modello definito “mutazionale” che ha aperto la strada all’Oncologia di Precisione. In questo contesto l’istituzione del Molecular Tumor Board regionale, in qualità di organismo competente deputato ad indicare l’esecuzione di test genomici complessi e a interpretarne i risultati, rappresenta una straordinaria opportunità per la personalizzazione delle terapie oncologiche sul territorio lombardo, per l’accesso precoce a trattamenti innovativi, ma soprattutto per l’implementazione di un nuovo paradigma di gestione del paziente oncologico che coniuga tecnologia, avanzamento scientifico e multidisciplinarità. Il MTB consentirà a tutti di affrontare adeguatamente le crescenti sfide poste dell’incremento esponenziale delle conoscenze di genomica tumorale, garantendo le migliori prospettive di assistenza e cura ai nostri pazienti».   F. M.

 

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