Emicrania e cefalea di tipo tensivo, spesso anche in forma cronica. Sono le due forme di “mal di testa” che più di frequente attanagliano i giovani: all’incirca il 2% dei ragazzi, secondo stime recenti. La natura del problema? Principalmente psico-emotiva: tensione, ansia, senso di inadeguatezza e fatica ad adattarsi alle situazioni sociali. Ecco perché in gran parte dei casi il dolore, spesso persistente e quotidiano, non risponde adeguatamente ai farmaci, orientando verso trattamenti nuovi. Anche in funzione dell’origine e dell’inquadramento nei giovani pazienti dell’emicrania, considerata oggi un fenomeno bio-psico-sociale, in cui si integrano e interagiscono aspetti di tipo biologico, psicoemotivo e sociale. La prima azione punta alla correzione dello stile di vita: seguire una buona alimentazione, fare movimento, mantenere un corretto ritmo sonno-veglia svolgono un effetto di prevenzione primaria, aiutano a ritardare l’insorgenza del sintomo e a contenere il dolore emicranico.
Che fare dunque? Al risveglio non saltare una buona colazione, che non solo prepara alle attività intellettuali della giornata scolastica, ma che può ridurre fino al 30% la frequenza degli episodi di dolore; praticare regolare attività fisica che, oltre ad agire sull’emicrania, favorisce anche il contrasto di altre problematiche di natura emotiva, come la depressione o il dolore conico. Non è un caso il fatto che si definisca l’esercizio fisico “come un farmaco” e si conducano battaglie per la sua prescrizione su ricetta medica al pari di altre terapie farmacologiche. Studi clinici, fra cui il recente Exercise for the treatment of depression, pubblicato sul British Medical Journal del 2024, dimostrano che l’attività fisica può sostenere un miglioramento clinico ottenuto da trattamenti di prevenzione dell’emicrania con risultati significativi in termini di riduzione, frequenza e intensità degli attacchi fino al 25-30% e un miglioramento della disabilità indotta dalla malattia fino al 40%. Molto efficace è inoltre la psicoterapia nel trattamento della depressione con effetti significativi sia sul dolore e che sulle manifestazioni tipiche della problematica stessa.
Non da ultimo l’ambiente. Anche il contesto di vita dei ragazzi – conflitti familiari, scarso rendimento scolastico, delusioni amorose o dalle amicizie – hanno un sensibile impatto sul mal di testa, soprattutto nel caso degli adolescenti più vulnerabili, fragili e più facilmente esposti a manifestare il proprio disagio emotivo, che non è riconosciuto in modo consapevole, con il “mal di testa”. E quando il sintomo cefalea ha questa origine, il farmaco può non essere la giusta o l’unica soluzione. «Accostare alle terapie farmacologiche approcci che modificano il comportamento può rappresentare una strategia vincente – spiega la dottoressa Licia Grazzi, Responsabile del Centro Cefalee, Neurologia 3 dell’Istituto Neurologico Besta, dove ogni anno giungono centinaia di
giovani. È quindi importante educare i ragazzi e le loro famiglie alla pazienza e a coltivare le proprie risorse interiori per superare un momento difficile. Affrontare il dolore è un elemento imprescindibile in un corretto progetto di terapia e può prevenire condizioni di malattia come cefalea ed emicrania». Secondo gli esperti del Centro Cefalee dell’Istituto Besta, occorre incoraggiare approcci di terapia multidisciplinare per rinforzare comportamenti corretti e stili di vita adeguati che favoriscano la salute del cervello, facendo ricorso anche a nuove tecnologie. Tra queste le piattaforme di terapia comportamentale online, o la mindfulness praticata in presenza o online, anche combinata ad altre terapie, che consentono di seguire costantemente pazienti adulti e giovani, lungo percorsi e programmi di cura per migliorare gli esiti terapeutici. Presso il Centro Cefalee del Besta è stata infatti osservata una riduzione del 50% della frequenza degli episodi di emicrania nei ragazzi che dimostrano un’adesione positiva al trattamento di pratica mindfulness associata a terapie, con esiti che tendono ad essere mantenuti nel tempo. «I clinici che si occupano dei pazienti con cefalea ed emicrania – conclude Grazzi – possono davvero fare prevenzione in questo ambito partendo da istruzioni semplici e che fanno parte di una strategia terapeutica. Una modalità di approccio efficace nel ridurre la frequenza e intensità del dolore, che favorisce anche la riduzione di utilizzo delle terapie farmacologiche, riservandole a contesti specifici di malattia e
di elevato impatto clinico in cui sono di grande utilità».
di Francesca Morelli
Emicrania e cefalea cronica: le novità sui farmaci nell’adulto
In occasione del 54° Congresso della SIN (Società Italiana di Neurologia) sono state presentate le innovazioni anche nella gestione e trattamento dell’emicrania, ambito che è stato oggetto di enormi progressi negli ultimi anni. «I modelli preclinici e clinici sperimentali – spiega Cristina Tassorelli, Professoressa di Neurologia all’Università di Pavia – hanno contribuito in modo significativo a fornire informazioni utili sulle strutture cerebrali che mediano gli attacchi di emicrania. Questi modelli hanno chiarito il ruolo di alcune vie di neurotrasmissione, permettendo di identificare molecole-chiave nella complessa patogenesi dell’emicrania, con il risultato che, negli ultimi 5 anni, l’armamentario terapeutico si è enormemente arricchito con farmaci target-specifici. Dagli anticorpi monoclonali diretti contro il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) o il suo recettore, che vanno somministrati per via parenterale mensilmente o trimestralmente, agli ancora più recenti gepanti, antagonisti dello stesso recettore che seguono invece la canonica somministrazione per via orale, i nuovi farmaci stanno cambiando rapidamente lo scenario gestionale dell’emicrania, grazie alla loro efficacia e tollerabilità, ma anche in virtù delle specifiche modalità di somministrazione». Tra i gepanti è stato approvato per la rimborsabilità Patogepant, applicato nella prevenzione dell’emicrania nell’adulto: ha una emivita di 11 ore, viene assunto per via orale, una volta al giorno con dimostrazioni di efficacia importanti: pazienti che rispondono al 50% con un dimezzamento dei giorni di emicrania al mese; altri al 75% e 40% che possono mostrare una risposta fino al 100%. Il farmaco è rimborsabile in pazienti con almeno 8 giorni di emicrania al mese o con alle spalle tre fallimenti terapeutici di diversa natura (mancata risposta, controindicazioni al trattamento o altro). E mentre molte persone con emicrania che non avevano avuto beneficio dai precedenti trattamenti, godono ora di un notevole miglioramento della loro qualità di vita, la ricerca sta approfondendo studi riguardo a un nuovo anticorpo monoclonale diretto contro un diverso peptide, il PACAP, che si è dimostrato efficace nel trattamento dell’emicrania in uno studio di fase 2. Le buone notizie per medici e pazienti quindi continuano. «Resta un dato di fatto – conclude la professoressa – che l’emicrania colpisce prevalentemente le donne, con tendenza a peggiorare nel corso della vita. A fronte di uomini e bambini maschi in cui si osserva l’insorgenza nel periodo delle elementari, tuttavia con buone percentuali di miglioramento, fino alla possibile regressione spontanea, nelle donne è più probabile che l’emicrania cominci qualche anno dopo, nel periodo del menarca, ma in progressione ingravescente. In caso di terapia cronica ben tollerata, che dà prova di proteggere la donna anche dagli squilibri ormonali in atto con la menopausa, potrebbe essere mantenuta “stabilmente”, senza necessità di rimodulazione». F.M.