La ricerca è migliorata, anche nell’ambito dei tumori che colpiscono i bambini. Eppure non tutti possono approfittarne o non sufficientemente presto da riceverne beneficio. Esiste nel mondo una enorme disparità di accesso a metodi di diagnosi precoce e ciò si ripercuote sulla presa in carico della malattia, spesso in uno stadio già avanzato, che riduce la possibilità di trattamento, impattando sulla prognosi, sulla qualità di vita dei bambini, delle famiglie e del care giver. Lo attesta il Progetto Benchista, un’ampia indagine che ha coinvolto oltre 11 mila bambini di 27 Paesi differenti, che hanno ricevuto tra il 2014 e il 2017 una diagnosi di uno dei sei principali tumori pediatrici: neuroblastoma, tumore di Wilms, medulloblastoma, osteosarcoma, sarcoma di Ewing e rabdomiosarcoma. Dallo studio è emerso, per esempio, che in bambini del Regno Unito e in Irlanda, il neuroblastoma è scoperto in stadi più avanzati rispetto ai coetanei dell’Europa centrale o che nell’ Europa dell’Est la diagnosi di un tumore avviene in una fase più precoce rispetto all’Europa centrale, sebbene spesso vengano effettuati meno esami per identificare eventuali metastasi. Ciò ha conseguenze importanti sulle strategie terapeutiche, certamente con la richiesta di terapie più aggressive.
«Le differenze in termini di tempestività diagnostica, ma anche di corretta definizione dello stadio del tumore, sono elementi cruciali per intraprendere le giuste scelte terapeutiche e arrivare alla guarigione dei piccoli pazienti – spiega Gemma Gatta, ricercatrice dell’Istituto Nazionale dei Tumori e co-responsabile del progetto insieme a Kathy Pritchard-Jones di UCL. Inoltre è fondamentale la collaborazione internazionale per un confronto e la comprensione delle ragioni delle disparità nelle sopravvivenze».
Il progetto BENCHISTA ha indagato anche le cause delle differenze nelle sopravvivenze dei piccoli pazienti oncologici. «I nostri risultati – conclude Laura Botta, co-responsabile della seconda fase del progetto – dimostrano che in alcuni Paesi i tumori pediatrici vengono diagnosticati in stadi più avanzati rispetto al gold standard adottato da un gruppo di Paesi europei, o che non si seguono le pratiche raccomandate per determinare lo stadio del tumore. Ci auguriamo che questi risultati possano contribuire a indirizzare le politiche sanitarie, fondamentali per salvare vite». Lo studio è stato realizzato grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e l’University College of London e sostenuto da Fondazione AIRC e Children with Cancer UK.
Francesca Morelli