Fibroma uterino: una nuova opzione terapeutica per evitare la chirurgia

«Le abbondanti perdite di sangue rendevano la mia vita impossibile, soprattutto quando arrivava la bella stagione e indossavo abiti chiari che, senza accorgermi, si macchiavano di rosso perché nemmeno gli assorbenti riuscivano a contenerle. E poi il dolore che compariva ciclicamente ogni mese, sempre più intenso. Ero arrivata al massimo della sopportazione e proprio un anno fa, prima di Pasqua, ho deciso per l’intervento di isterectomia totale, a causa di un grosso fibroma che avevo da diversi anni. I primi mesi di convalescenza sono stati duri, ma poi la situazione si è normalizzata e adesso sto benissimo e non vedo l’ora che venga la primavera per indossare abiti di colore chiaro, senza alcun patema d’animo».
Lucia rientra nel 30% delle donne in età fertile, tra 30 e 50 anni, che ha una storia di fibroma uterino, con un impatto significativo sulla qualità di vita, tanto da essere stata costretta all’intervento chirurgico.

Oggi questa soluzione estrema potrebbe trovare un’alternativa con l’arrivo di un nuovo farmaco orale Linzagolix Colina, per la cura dei sintomi da moderati a severi dei fibromi uterini, soprattutto nelle donne in età riproduttiva. Come evidenziato dai risultati pubblicati sulla rivista scientifica “The Lancet”, il farmaco agisce sul dolore pelvico e sul sanguinamento e diminuisce fino al 49% il volume del fibroma, con efficacia testata al terzo giorno e riduzione dei sintomi a ventiquattro settimane per oltre 9 donne su 10, garantendo un miglioramento significativo della qualità della vita. Il 43% delle donne con fibroma uterino sintomatico riferisce, infatti, un effetto importante su diverse sfere della vita sociale e privata: il sanguinamento e il dolore pelvico legati alla fibromatosi possono ridurre l’autonomia e la produttività, possono portare a dolore durante i rapporti sessuali e a un calo del desiderio, con conseguenze sull’umore e sul benessere psicologico.

«Negli ultimi anni abbiamo assistito a importanti passi avanti nel riconoscimento del dolore femminile e nell’adozione di un approccio di genere nella medicina», conferma Francesca Merzagora, fondatrice e presidente di Fondazione Onda ETS. «Finalmente si sta dando il giusto peso alle differenze nella percezione e gestione del dolore, riducendo il divario nella presa in carico delle pazienti. Questo significa diagnosi più tempestive, terapie più mirate e, soprattutto, clinici più formati e attenti rispetto ai bisogni delle donne che per troppo tempo hanno visto il proprio dolore minimizzato o ignorato».

A confermare questi disagi è la recente indagine condotta da Elma Research, per conto di Theramex, su un campione di 1508 donne: le pazienti con fibromi uterini affrontano sfide significative, come cicli mestruali irregolari e abbondanti, dolore pelvico, disfunzioni urinarie e intestinali, dolori nei rapporti sessuali e difficoltà di concepimento. Spesso i sintomi sono molto variabili da donna a donna, vengono trascurati e non ne viene riconosciuto l’impatto sulla qualità della vita e sul benessere fisico, emotivo e sociale. Questo nuovo farmaco si candida a rispondere a un bisogno molto sentito dalle pazienti e finora insoddisfatto: un’opzione terapeutica non invasiva, sicura ed efficace non solo nel ridurre i sintomi invalidanti, ma anche le dimensioni dei fibromi.

«Stimolato dagli ormoni sessuali, come estrogeni e progesterone, il fibroma è un tumore benigno che si sviluppa nel tessuto muscolare liscio dell’utero nella forma di noduli, che possono variare in dimensione, numero e sito», spiega Michele Vignali, Professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia del P.O. Macedonio Melloni di Milano, riconosciuto dal 2019 come il primo ospedale di genere in Italia. «Questo farmaco è un antagonista delle gonadotropine del GnRH e ha l’effetto di bloccare la produzione degli estrogeni: riduce la crescita dei fibromi e il dolore ad esso correlato ma, abbassando gli estrogeni circolanti, può comportare sintomi quali vampate e perdita della massa minerale ossea. Da alcuni mesi è disponibile un altro antagonista del GnRH, che viene ugualmente impiegato per arginare i sintomi correlati alla presenza di fibromi, che differisce da questo nuovo farmaco in quanto costituito da una combinazione di antagonista e 1 mg di estradiolo/0.5 mg di noretisterone acetato che consentono di contenere gli effetti collaterali.

Ciò che distingue Linzagolix Colina dalle altre soluzioni fino ad oggi disponibili è la possibilità di personalizzare il dosaggio, modulando l’associazione o meno alla terapia ormonale sostitutiva in base alle esigenze cliniche di ogni paziente. Linzagolix Colina è infatti disponibile in due dosaggi: 200 mg e 100 mg (che ha minori effetti collaterali). Si prospettano diverse possibili combinazioni: se si desidera intervenire subito sul fibroma, soprattutto in presenza di gravi disturbi, come il dolore e una grave anemia, è indicato il dosaggio di 200 mg, in grado di ridurne le dimensioni del 40% nel giro di tre mesi e anche il dolore, quasi sempre conseguente ad una compressione delle strutture adiacenti. Come terapia di mantenimento, è possibile invece utilizzare il dosaggio da 100 mg, che controlla gli effetti collaterali, mantenendo nel tempo la riduzione del fibroma. In questi casi, per diminuire il rischio di vampate e di osteoporosi, è possibile affiancare il farmaco a una terapia ormonale sostitutiva di supporto (add back therapy) o, nel caso specifico di rischio osteoporotico, la vitamina D. Questo farmaco potrebbe aiutare la transizione verso la menopausa e ridurre il numero di interventi di isterectomia, che oggi sono purtroppo ancora molto praticati, come pure le asportazioni chirurgiche del fibroma». «Potrebbe anche far diminuire il ricorso agli interventi per l’endometriosi, anche se gli studi sono ancora limitati a un anno di utilizzo di questo farmaco», aggiunge il professor Vignali. «Salvo casi limite, come in presenza di idroureteronefrosi (ostruzione dell’uretere) o di occlusione intestinale, in cui è inevitabile il ricorso alla chirurgia, nella prevalenza dei casi l’indicazione primaria è quella farmacologica. Oggi abbiamo a disposizione il farmaco Dienogest, che è un progestinico indicato per l’endometriosi, molto efficace nella riduzione del sintomo doloroso. Qualora non dovesse funzionare (circa un terzo delle pazienti affette da endometriosi), si potrebbe provare con questo nuovo prodotto, antagonista del GnRH.

Qual è il meccanismo d’azione? Va a competere con i recettori per il GnRH presenti a livello ipofisario inibendo la produzione delle gonadotropine FSH/LH che stimolano la produzione gonadica di estrogeni e progesterone. Bloccando i recettori, s’interrompe la produzione di gonadotropine, in modo più o meno incisivo secondo il dosaggio di farmaco che viene impiegato. In questo modo si ottiene un blocco della proliferazione sia dei fibromi che dell’endometriosi».

Anche il professor Felice Petraglia, ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università di Firenze e direttore del Dipartimento materno infantile dell’azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze, conferma i benefici e la sicurezza di Linzagolix Colina. «La fibromatosi e l’endometriosi sono le patologie uterine benigne più frequenti nella donna in età riproduttiva, con impatto significativo sia sulla fertilità sia sulla qualità di vita. Se fino ad oggi la terapia chirurgica è stata tra le soluzioni più utilizzate per la cura di entrambe le malattie, l’approccio medico – meno invasivo – è quello più auspicato dalle pazienti. In questi ultimi due decenni, la ricerca farmacologica ha cercato e fornito nuovi farmaci. L’ultima novità, a disposizione delle donne europee con fibromatosi uterina ed endometriosi, è Linzagolix Colina. Gli studi di fase III, pubblicati su “Lancet” nel 2022 per i fibromi e nel 2023 per l’endometriosi, hanno confermato l’efficacia di questo farmaco che agisce sul sintomo, riducendo perdite di sangue e dolore. Linzagolix blocca la produzione degli ormoni ovarici, che hanno un ruolo nella genesi delle due malattie, e può essere utilizzato per lunghi periodi di trattamento, con il dovuto controllo. La scommessa sarà quella di poterli utilizzare per tanti anni con il giusto dosaggio, personalizzato per ogni donna, e poter così ridurre il ricorso alla chirurgia. Oggi purtroppo c’è troppa facilità a ricorrere alla chirurgia e questo farmaco potrebbe essere davvero promettente. Anche le donne hanno un approccio fiducioso e si trovano bene con questo farmaco che, riducendo il fibroma e bloccando il sanguinamento, in molti casi consente di riprendere anche una normale attività sessuale, spesso interrotta a causa di questi disturbi».

di Paola Trombetta

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