Giovane, di età compresa fra 0 e 45 anni, con familiarità per malattie trombotiche, come infarto, ictus, embolia polmonare, trombosi venosa e arteriosa, predisposto a attacchi di emicrania, specie se con aura (ovvero con quelle manifestazioni soprattutto visive, quali lampi, o formicolii alle braccia che la precedono), e particolari anomalie della coagulazione sanguigna. Con qualche abitudine sbagliata: sedentario, fumatore e portato all’assunzione di droghe. È questo l’identikit di uno dei tanti giovani che, nel fiore degli anni, possono essere colpiti da un evento cerebrovascolare. Un ictus cerebrale in particolare. Una probabilità che, erroneamente, viene attribuita solo all’età avanzata. Invece fra le 600 mila trombosi che ogni anno si verificano in Italia, 8 mila colpiscono i più giovani, nei casi più sfortunati anche i neonati dopo pochi giorni di vita. È dunque un evento raro nei giovani, solo il 3% della totalità, eppure esistente, difficile da capire e con una diagnosi che spesso arriva in ritardo, dopo 24 ore (mentre l’ideale sarebbe scoprirla entro le 3 ore dalla manifestazione), perché quando si è così giovani, si pensa a tutto, si fanno mille ipotesi… Ma la trombosi, anche da parte del medico, è la più remota, perché lascia gravi segni di invalidità. Anche nei bambini e talvolta può perfino arrivare a uccidere, se non è colta in tempo. Mentre non si sa ancora e non abbastanza che la trombosi può essere adeguatamente prevenuta e curata.
Fare conoscere bene e meglio è invece l’obiettivo della 4a Giornata Nazionale per la Lotta alla Trombosi, promossa da ALT (Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari) che si celebra il prossimo 15 Aprile, anche in funzione di dati che parlano chiaro. «Una recente indagine, svolta dalla nostra Associazione – dichiara la professoressa Lidia Rota Vender, Presidente ALT – ha attestato che solo un italiano su 3 conosce il significato della parola “trombosi”, la sua insorgenza e le sue implicazioni. Che si può prevenire. Scegliere consapevolmente, giorno dopo giorno, uno stile di vita intelligente, ovvero una sana attività fisica, una corretta alimentazione senza rinunce ma senza eccessi, l’eliminazione del fumo e delle droghe quali la cocaina, potrebbe consentire di proteggere il cuore, il cervello e l’organismo dalla malattie cardiovascolari da trombosi». Azioni che contribuirebbero a “mettere un ALT” alla trombosi e a essere evitata in un caso su 3. Perché oggi si sa che l’ictus non è una malattia che si eredita o per lo meno che non è esclusivamente genetica, ma piuttosto che è una malattia di squadra. Specie nel giovane, occorrono infatti più fattori di rischio che agiscano contemporaneamente perchè la trombosi si manifesti. Lo ha evidenziato una progetto italiano – chiamato IPSYS – sostenuto da ALT, che ha coinvolto 24 centri ospedalieri e universitari del territorio e più di 2 mila giovani tra 0 e 18 anni: «Lo studio – dichiara il dottor Alessandro Pezzini del Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Brescia – ha consentito da un lato di identificare alcuni aspetti specifici relativi alle cause individuali che predispongono alla malattia nei giovani, quali ad esempio una correlazione fra emicrania con aura e ictus cerebrale ischemico, ma anche la frequenza di eventi vascolari precoci nei familiari consanguinei. Dall’altro il progetto ha permesso di elaborare un indicatore diagnostico (IPSYS score) che potrà essere utilizzato su ogni singolo paziente per calcolare la probabilità che si verifichi un secondo ictus dopo il primo, evitandolo».
Si è dunque capito che anche i giovani possono essere a rischio di un evento trombotico, ma che lo sono soprattutto quelli in sovrappeso a causa di una compromissione del sistema metabolico che indurrebbe la malattia vascolare.
«Grazie a un progetto sostenuto da ALT – precisa la Dottoressa Paola Giordano, direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – siamo partiti con l’arruolare 35 bambini, il cui numero è andato crescendo, con l’intento di esaminare se, in qualche misura, nella trombosi fosse implicata anche la salute delle arterie. È stato così possibile capire che il sovrappeso o l’obesità stimolano l’accelerazione della malattia delle arterie, come accade nell’aterosclerosi, che candida il bambino ad andare incontro in tempi molto precoci a eventi vascolari importanti come infarto, ictus cerebrale, arteriopatia diffusa».
Così come l’OMS ha lanciato una battaglia per frenare la crescita e l’incidenza dell’obesità fra i ragazzi, ALT dal 1997 ha lanciato la sua campagna di sensibilizzazione e lotta alla trombosi. Perché va prevenuta da giovani, non è possibile pensarci poi, poiché il rischio aumenta negli anni e con sensibili risvolti.
«In questa considerazione – aggiunge il Professor Marco Moia, responsabile U.O.S. Fisiopatologia della Coagulazione Centro Emofilia e Trombosi della Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Policlinico di Milano – è contenuto anche un aspetto di efficacia e di sostenibilità perché stiamo diventando una popolazione sempre più anziana e non si avranno mezzi a sufficienza per sostenere una spesa sanitaria e degli interventi sanitari basati su una tecnologia e sui farmaci. La prevenzione primaria va dunque iniziata subito, in giovane età, stimolando i ragazzi a farlo. Ma occorre saperli convincere: ci vuole un minuto, da parte di un medico, per prescrivere una pillola, ci vuole un po’ di più per persuadere il paziente a prenderla e ci vuole molto tempo per infondere la decisione di un cambiamento di uno stile di vita». Per fare capire cioè che fare cose diverse, come scegliere uno stile di vita sano, non è una punizione. È una chance che diamo a noi stessi per il presente e il futuro. E in occasione della Giornata Nazionale, ALT ha deciso di puntare tutto sui giovani lanciando la campagna #ALTpigrizia, e invita a partecipare con un selfie pubblicandolo su Instagram, Twitter e Facebook che testimoni l’azione sana, quotidiana, contro la sedentarietà. La campagna e le manifestazioni della giornata, reperibili sul sito: www.giornatatrombosi.it, hanno tutte un importante obiettivo: spiegare a giovani e meno giovani come riconoscere e sconfiggere i nemici della salute, ovvero la squadra complice e responsabile delle malattie cardiovascolari da trombosi il cui capofila è la pigrizia. Un nemico molto più facile da combattere di quanto si pensi.
di Francesca Morelli
IL REGISTRO CHE AIUTA I MEDICI
Ci voleva un registro ad hoc per capire meglio le trombosi infantili. È nato come risposta a un “disagio”, soprattutto dei medici pediatri, impreparati a trattare un evento di questo tipo in piccoli pazienti, tanto più se neonati. E così, dal 2007, ALT ne finanzia la realizzazione resa possibile grazie a 156 medici appartenenti a 51 Centri (fra cui a Padova, Torino, Genova, Roma e Bari), in 15 Regioni italiane che da allora lo utilizzano costantemente. Il Registro Italiano delle Trombosi Infantili (R.I.T.I.) è on-line (www.trombosiinfantili.it), è dedicato ai giovani fra 0 e 18 anni, e raccoglie la casistica e tutte le informazioni importanti che servono a curare meglio e bene questi eventi cerebrovascolari “giovani”. «Grazie a questo registro – commenta il dottor Paolo Simioni, del Dipartimento di medicina all’Università di Padova – è stato possibile comprendere che la trombosi nei bambini è soprattutto cerebrale e che può colpire sotto forma di ictus ischemico e/o di trombosi dei seni venosi cerebrali. Ma abbiamo anche scoperto che intorno ai 4-6 anni interessa più frequentemente i maschi (il 60% contro il 40% delle femmine), e che solo 6 casi su 100 vengono diagnosticati entro le 3 ore necessarie a impostare una cura efficace, mentre in oltre 60 casi su 100 la diagnosi avviene tardi, dopo 24 ore».
Ma il registro sta dando anche importanti informazioni diagnostiche: «Ha evidenziato – continua lo specialista – che in 40 casi su 100 è presente un difetto ereditario della coagulazione del sangue che rende i bambini più familiari con il rischio di trombosi oppure anche con la trombosi venosa profonda della gamba. Un altro evento possibile in età pediatrica, che colpisce ancora una volta prevalentemente i maschi, soprattutto i neonati entro i primi 8 giorni di vita, o fra 1 e 5 anni (32 casi su 100) e intorno ai 14-16 anni». Il registro è già presente in alcuni paesi d’Europa (Canada, Germania, Olanda, Gran Bretagna) ma ha un obiettivo di più largo respiro: estendere capillarmente la propria azione a livello non solo europeo ma anche mondiale. Per arrivare cioè a identificare le migliori strategie per curare la trombosi. E soprattutto prevenirla “perché ogni bambino nato nell’anno 2000 ha il diritto di vivere almeno fino a 65 anni senza essere colpito da malattie cardiovascolari evitabili” (Dichiarazione di San Valentino – Bruxelles, 14 febbraio 2000).
F. M.