Non sono sempre scuse accampate per non fare i compiti o non andare l’indomani a scuola. L’improvvisa interruzione del gioco, il pallore, il vomito e la voglia di andare a letto sono indicazione nel bambino di un problema reale: una emicrania coi fiocchi e che non può tradire la mamma. Una condizione sempre più in crescita anche tra i piccoli, tanto che il 9% dei bambini (circa 800 mila in Italia) la sperimenta già in età prepuberale, quindi tra i 10-12 anni, prima cioè che gli ormoni maschili e femminili facciano la loro parte influendo ulteriormente sul problema.
«L’emicrania – spiega il professor Giovanni Battista Allais, responsabile del Centro Cefalee della Donna dell’Università di Torino – è una patologia benigna ma invalidante con la testa che pulsa, necessità di buio assoluto e nausea. Tanto che nei giorni no, e soprattutto quelli in cui si verificano attacchi acuti, il bambino è costretto a mettere uno stop a scuola, attività sportive, ricreative e al divertimento».
Manifestazioni, quelle encefaliche, che vanno intese come una risposta cerebrale fisiologica di incapacità a reggere a troppi impegni. Complice lo stress eccessivo della modernità, i pomeriggi full immersion suddivisi tra compiti e una miriade di attività extrascolastiche a cui proprio non si regge. Anzi si esplode: perché il cervello che ha mal di testa, perde anche più facilmente tono e forza (lo stress intensivo ne porta via moltissima), e iperirritabile, viene cioè sollecitato maggiormente da stimoli di ordine ambientale, alimentare, da un eccessivo aggravio di impegni quotidiani, ma anche da fattori emotivi quali ansia, nervosismo e tensioni. In questo delicato contesto “cerebrale” diventano dunque fondamentali, per mamma e papà, due avvertenze: la prima è l’attenzione, specie in caso di predisposizione del proprio piccolo all’emicrania (di norma lo sono i bimbi di genitori che già lamentano questo problema), a organizzare il tempo in maniera più “light”, lasciando cioè spazio anche a un po’ di sano ozio e soprattutto a intervenire precocemente nel controllo della problematica. Perché, purtroppo, l’emicrania non scompare, ma sarà per chi ne soffre un compagno di viaggio per la vita, spesso poco gradito, soprattutto nelle fasce di età dell’infanzia e giovanili.
«La prima terapia – continua lo specialista – è la correzione dello stile di vita. Ovvero dedicare il giusto numero di ore al sonno (nella maggior parte dei casi il buon riposo favorisce nel bambino la scomparsa dell’attacco emicranico), regolamentare i pasti con una buona colazione al mattino, che fornisce energia anche al cervello e la limitazione, meglio ancora l’eliminazione, di quei cibi che possono essere una potenziale miccia al mal di testa, come il cioccolato, le noci e le nocciole, alcuni tipi di agrumi e i formaggi stagionati. E soprattutto occorre ridurre il numero di attività che possono indurre ulteriore stress nei piccoli».
Alle “terapie comportamentali” si possono poi affiancare terapie alternative che rappresentano la prima tappa di cura: «Intorno ai 10 anni, o comunque quando il bambino è in età scolare – precisa Allais – è possibile ricorrere alle tecniche di rilassamento che hanno una derivazione dal training autogeno. La più diffusa ed efficace è il biofeedback elettromiografico (EMG). Si tratta di una macchina che monitorizza la tensione muscolare del bambino emettendo dei fischi e che insegna anche frasi ad hoc per un buon rilassamento: più il piccolo è teso maggiore sarà l’intensità del suono che decrescerà a mano a mano che subentra lo stato distensivo».
Non occorre molto tempo al bambino per apprendere la tecnica che si fa da seduti: può essere sufficiente un incontro a settimana ripetuto per 4-5 volte, dopo di che, una volta capita la metodica e perché il biofeedback dia benefici, il bambino dovrà autoindursi il rilassamento tutti i giorni per un quarto d’ora. «Alcuni bambini molto bravi – dichiara ancora Allais – imparano perfino a gestire l’attacco, ma il biofeedback va inteso come una sorta di profilassi contro l’emicrania».
Ci sono però anche altre tecniche alternative: come l’agopuntura, già possibile a partire dai 10 anni di età, con sedute di 30 minuti ciascuna una volta a settimana, attuata da agopuntori competenti (accertandosi cioè che siano medici che dopo la laurea abbiano seguito un corso di specializzazione di almeno 3 anni). «L’agopuntura – commenta ancora il professore – nasce come tecnica, non per togliere i mali, bensì per prevenirli e che ha un unico scopo: mantenere al massimo le funzioni fisiologiche dell’organismo. Dunque è particolarmente indicata nei ragazzi giovani (12-13 anni) in cui la risposta è rapida ed efficace anche nelle situazioni in cui il mal di testa si presenta con un’alta frequenza, cioè quotidianamente e in qualsiasi periodo dell’anno, anche d’estate quando invece di norma dovrebbe regredire per la riduzione degli impegni scolastici».
E se proprio queste tecniche dovessero fallire lo scopo, è possibile intervenire con dei preparati, anche non farmacologici. «Secondo l’intensità del problema e della risposta del bambino – precisa il professore – si può optare per una terapia con le vitamine B2, B12 o con il magnesio che dà energia al cervello e, ancora meglio, ricorrere a un preparato innovativo naturale, a base di Ginkgolide B, arricchito dal coenzima Q10, vitamina B12 e magnesio che agiscono in sinergia con effetti migliori rispetto all’azione dei singoli componenti. Quest’ultimo preparato è un antiaggregante che apporta un maggiore afflusso sanguigno ai neuroni cerebrali, energizzandoli dall’interno (ricordiamo che la poca energia è alla base del mal di testa), riducendo così accessi e sintomatologia dell’emicrania. Come valore aggiunto, poi si è dimostrato particolarmente efficace anche nel contrastare l’aura, quella sintomatologia per lo più caratterizzata da disturbi visivi, come scintillii, macchie scure e flash, o formicolii alla mano e/o al braccio che precede il mal di testa (attacco emicranico)».
Non ultimo, intorno ai 12-13 anni è possibile avviare, laddove necessario, anche una profilassi con antiepilettici, calcio antagonisti o alcuni betabloccanti. E per gli attacchi acuti? Fino ai 12 anni di norma si agisce con il paracetamolo, e dopo questa età con opzioni terapeutiche che prevedono anche antinfiammatori (i cosiddetti FANS) o i triptani, impiegati nella gestione dell’attacco nell’adulto, ma di cui uno in formato spray nasale può essere già usato in età giovanile.
di Francesca Morelli