DAL SOGNO DI UNA DOTTORESSA, E’ NATO L’OSPEDALE UMANITARIO PER I PICCOLI

Lei è Nicoletta Tradati, un chirurgo oncologo, specialista nel trattamento e cura delle patologie tiroidee, che si è dedicata a migliorare la qualità di vita di moltissimi pazienti, prima all’Istituto Nazionale dei Tumori, poi all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, fin dal primo giorno in cui il professor Veronesi ha messo in piedi questa struttura. È grata, la dottoressa, al suo passato, alla sua storia di medico e di donna, ma questo orizzonte oggi ha confini troppo ristretti che possono allargarsi con una nuova “missione” da realizzare. Il primo Ospedale Umanitario Pediatrico Internazionale (O.U.P.I.), dedicato ai bambini dei Paesi in via di sviluppo, ospitato in un’ala dismessa del nosocomio della Santa Casa, là sulla collina di Loreto, al centro dello stivale. Come al centro di ogni interesse e azione deve essere la vita.

Alcuni mesi fa, in occasione del Convegno sul Turismo Religioso, il presidente della Regione Marche, Gianmario Spacca, annunciava che presto il territorio si sarebbe pregiato di questo fiore all’occhiello. Da quella data, e prima ancora, di incontri ne sono stati fatti tanti: sono stati profusi fiumi di parole, raccolte energie e idee sul progetto, messi in piedi Tavoli tecnici e di esperti con la promessa che da lì a poco la struttura avrebbe potuto iniziare la propria attività.

Ma la burocrazia si fa sentire e la delibera arriverà a giorni, lasciando chi è coinvolto in trepida attesa. In primo luogo la dottoressa Tradati, che è la presidente dell’Associazione Ospedale Umanitario Pediatrico Internazionale (A.O.U.P.I.), a cui si deve anche l’idea del progetto. Attende, assieme a lei, l’intera squadra di A.O.U.P.I. che Nicoletta con il suo entusiasmo ha saputo trascinare verso la realizzazione di questo sogno. Ma aspettano soprattutto i tanti bambini, il cui innocente sorriso è stato già segnato dalla malattia. Sempre importante, ma curabile, qui in Italia: non nel loro paese di origine, dove sarebbero destinati a crescere senza sapere cosa significa correre, giocare, perché affetti da un problema motorio o al cuore, a non vedere e non sentire i colori e le voci della vita, perché per loro luci e suoni sono ombre, a non pensare al futuro perché un tumore li sta privando della speranza di diventare uomini e donne.

Sarà un ospedale extra-ordinario, efficiente ed efficace, concepito con una filosofia nuova: aprendosi alle segnalazioni e richieste di aiuto di bambini provenienti da ogni parte del mondo, non manda medici esperti là dove necessità chiama, ma raduna tutti, professionisti e piccoli, in un ambiente protetto nel quale ricevere le migliori cure possibili. «In Italia – spiega la dottoressa Tradati – esiste un settore della medicina di cui andare orgogliosi nel mondo: una medicina eccellente e itinerante al servizio dei soggetti più deboli e indifesi, costituita da medici e chirurghi che vanno periodicamente all’estero per prestare generosamente la loro opera nei Paesi più poveri della terra». Il cui lavoro, però, è spesso limitato dalle condizioni degli ospedali locali, dove manca la possibilità di affrontare e risolvere le patologie più gravi perché non ci sono le attrezzature e gli strumentari adeguati, non si hanno le competenze all’altezza del caso clinico, le condizioni igienico-sanitarie sono scarse, l’energia elettrica salta nel bel mezzo dell’intervento chirurgico, l’aria condizionata funziona a tempo. E tutto è estremamente difficile, qualche volta impossibile, ma di certo senza le massime garanzie e sicurezze. L’Ospedale Umanitario risponderà a queste necessità e ai bisogni di chi soffre e di chi allevia la sofferenza. «Con il nostro progetto – continua la presidente – vorremmo servire la vita, metterci al fianco di chi chiede e di chi presta aiuto, offrendo a chi ha la necessità, ma non la possibilità, di essere curato e guarito, una struttura ospedaliera nella quale poter eseguire trattamenti medici e chirurgici complessi ma indispensabili. Con un solo obiettivo: ridare qualità e dignità alla vita di questi piccoli».

Una struttura, così concepita, oggi manca nel panorama della sanità italiana e, proprio per queste sue particolari caratteristiche, potrà diventare un centro di riferimento internazionale per ogni medico impegnato in missioni umanitarie estere che potranno essere svolte con gli stessi obiettivi e ideali in Italia, in contesti all’avanguardia. Senza gravare sul Sistema Sanitario Nazionale o sulla spesa pubblica perché O.U.P.I. confida nella solidarietà di donazioni, autofinanziamenti e nella “imprenditorialità”: «Vorremmo – precisa ancora la dottoressa – che il nostro ospedale diventasse l’anello mancante di quella catena che unisce i bisogni dei bambini ai centri di eccellenza sanitaria, passando per l’imprenditoria e le istituzioni. Pensiamo a sinergie straordinarie ed efficaci perché sono convinta – e come me chiunque faccia parte di questo progetto – che, anche in questi tempi di crisi, sia possibile raggiungere grandi risultati senza disperdere risorse ed energie, ma dando un senso diverso e umano a un periodo difficile e buio. Ci aspettiamo di poter realizzare delle “cordate della solidarietà” nelle grandi aziende, che possono così qualificare la loro attività legandola a un progetto umanitario importante, nella sensibilità di chi verrà a conoscenza dell’esistenza di O.U.P.I. e ovunque ci sia un gruppo coeso di persone. Ogni singolo individuo potrà sentirsi orgoglioso di aver partecipato a salvare la vita di un bambino». Che non può attendere.

 

di Francesca Morelli

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