Sono più di 4 mila le coppie italiane sterili che ogni anno vanno all’estero per cercare di diventare genitori, un desiderio finora ostacolato dai limiti imposti dalla Legge 40 del 19 febbraio 2004 che lo proibiva. Da oggi la sentenza della Corte costituzionale dovrebbe porre fine ai cosiddetti “viaggi della speranza”. A smuovere le acque stagnanti di una legge piena di lacune e incongruenze, sono stati due ricorsi accolti dai tribunali di Milano e Catania e inviati alla Corte Costituzionale che oggi si è pronunciata, riconoscendo l’incostituzionalità della Legge 40 per quanto riguarda il divieto di fecondazione eterologa per le coppie sterili. Ad esprimere soddisfazione sono soprattutto le due coppie che hanno presentato questi ricorsi. «Per noi è una vera e propria liberazione», ha commentato Tina, casalinga di Cremona, che dal 2005 frequenta un centro privato di Lugano nel tentativo di avere un figlio con la donazione di gameti. «In seguito a una malattia oncologica, mio marito è diventato sterile e nessuno all’epoca ci aveva parlato della possibilità di conservare i gameti prima della chemioterapia», ricorda la moglie. «Come pure abbiamo tentato la via dell’adozione, molto complessa quando uno dei coniugi ha una malattia oncologica. Ci siamo rivolti allora a un centro svizzero di Procreazione medicalmente assistita (PMA) a Lugano, con un carico di sofferenze e spese notevoli. Cinque tentativi falliti, sia di inseminazione con gameti “freschi”, sia di fecondazione in vitro con gameti crioconservati».
Insomma questa sentenza riaccende la speranza di poter finalmente diventare genitori nel nostro Paese. Una speranza condivisa dalla coppia di Catania, che aveva presentato ricorso al tribunale della propria città, per un problema di sterilità che riguardava, in questo caso, la moglie, in menopausa precoce a soli 37 anni e desiderosa di poter avere un secondo figlio. «Ci siamo battuti per ottenere il riconoscimento di quello che è un diritto sacrosanto delle coppie sterili, costrette a peregrinare all’estero per avere un figlio, rischiando magari di non avere le garanzie sanitarie che i centri italiani sono in grado di fornire», ha commentato l’avvocato Maria Paola Costantini, dell’Associazione Cittadinanza Attiva che collabora anche con SOS Infertilità, e che ha seguito, insieme ad altri colleghi, queste due coppie.
«In più il pronunciamento della Corte costituzionale darà la possibilità a tutti i centri, anche quelli pubblici, di poter praticare le tecniche per la fecondazione eterologa, che prima della Legge venivano eseguite solo nei centri privati. E garantirà regole ben precise, già previste dalla Legge 40, di accesso alla fecondazione eterologa solo a coppie sterili in età fertile, sposate o conviventi, con entrambi i partner in vita e su precisa indicazione medica, oltre a mantenere l’anonimato del donatore e vietare il commercio dei gameti».
Viene allora scongiurato il rischio, paventato oggi dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e dal presidente del Comitato di Bioetica, Francesco d’Agostino, di una sentenza che potrebbe creare problemi etici e morali, generando figli con più genitori o, ancor peggio, favorendo la “commercializzazione” dei gameti?
«Già la Legge 40 garantiva l’anonimato del donatore e vietava la commercializzazione dei gameti», puntualizza il dottor Antonio Guglielmino, responsabile del Centro medico di riproduzione assistita HERA di Catania. «La normativa dei Centri di riproduzione assistita è molto rigorosa e segue le direttive europee. In più i nostri Centri di conservazione dei gameti seguono le normative del Centro Nazionale dei Trapianti (CNT) che garantisce l’assoluto anonimato del donatore e la totale gratuità della donazione. Prima della Legge del 2004, già si facevano le donazioni con la formula dell’“Eggs sharing” (condivisione degli ovociti): molte donne che si sottoponevano a cicli di fecondazione assistita e riuscivano ad avere figli, donavano i restanti ovociti congelati ad altre donne sterili. Lo stesso si potrà farà adesso, appena la sentenza verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. In Italia, nei Centri di PMA, sono congelati circa 80 mila ovociti, di cui 17 mila sono trattati con la nuova tecnica della “vitrificazione” che sembra dare maggiori garanzie e risultati. Questa sentenza potrebbe sbloccare una situazione, in cui molti ovociti, soprattutto quelli di donne che hanno già avuto figli, verrebbero distrutti: dal 2004 al 2011, circa 770 mila ovociti sono stati eliminati».
E’ quanto viene auspicato dalle principali società scientifiche che si occupano di PMA. E finalmente si potranno evitare i trasferimenti all’estero di 100 milioni di euro all’anno, tali sembrano essere i costi per il cosidetto “turismo procreativo”.
«Questo importante riconoscimento della Corte costituzionale si aggiunge al precedente, in cui era stato eliminato l’obbligo di produrre e impiantare solo tre embrioni ed evitare la crioconservazione di altri, lasciando a discrezione dei medici la decisione: rappresenta un passo avanti verso un’ulteriore modifica della Legge 40, che dovrebbe riconoscere la possibilità della diagnosi pre-impianto anche alle coppie fertili, portatrici di malattie genetiche», auspica il dottor Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Sterilità e Fertilità (SIFES). «E’ assurdo infatti che l’accesso alla fecondazione assistita sia consentito solo a chi è sterile e non a chi è portatore di malattie genetiche e non vuole trasmetterle al proprio figlio, con il rischio di dover poi fare l’amniocentesi e prendere magari in considerazione l’ipotesi dell’interruzione volontaria della gravidanza. A questo proposito sono stati presentati due casi di ricorsi sui quali la Corte Costituzionale si dovrà esprimere nei prossimi mesi. Come pure è ancora in sospeso la decisione di cosa fare delle migliaia di embrioni congelati, che sono stati abbandonati e potrebbero venire distrutti, se non si riconosce la possibilità di utilizzarli per la ricerca scientifica, magari relativa alle cellule staminali. Sono argomenti, questi, che dovranno essere dibattuti al più presto per poter modificare la Legge 40 nel rispetto dei diritti delle coppie che intendono procreare».
di Paola Trombetta