In vacanza, ai “nemici”, non si pensa; invece ci sono, e sono legati soprattutto ad alcuni rischi ambientali presenti in montagna come al mare. “Nemici” responsabili di alcune malattie – infezioni cutanee, gastroenteriti e intossicazioni alimentari, allergie da punture d’insetto, reazioni da contatto causate da meduse e tracine, colpi di sole di calore – causate da virus, batteri, miceti e parassiti, ma anche da inavvertenze che possono mettere a repentaglio il benessere e il relax della villeggiatura. La prima regola, per fare buona prevenzione, è il rispetto di alcune norme comportamentali e nel caso l’evento negativo si verifichi comunque, l’adozione di alcuni rimedi farmacologici che proteggono la salute da ulteriori complicanze.
La pelle è uno degli organi più esposti. Può essere infatti interessata da infezioni cutanee, come l’impetigine. Causata dai batteri Streptococcus beta-emolitico di gruppo A e più di rado dai Staphilococcus aureus, è una infezione molto contagiosa, più tipica dei bambini, che induce la formazione sulla pelle di vescicole-bolle, piene di liquido, che possono risolversi e scomparire in 4-8 giorni, se adeguatamente trattate. «Nelle forme più lievi e superficiali – spiega la professoressa Susanna Esposito, direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e presidente WAidid (Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici) – basta un trattamento locale con antisettici utili ad ammorbidire e rimuovere le squame crostose e l’uso di antibiotici locali da applicare 2-3 volte al giorno per almeno una settimana dopo la scomparsa delle lesioni. La terapia antibiotica per bocca, di norma con amoxicillina e acido clavulanico, che deve essere prescritta dal pediatra, è invece necessaria quando le lesioni sono più estese o profonde (piodermite diffusa) o se il bambino è immunodepresso».
Poi sono frequenti le micosi, ovvero dei funghi cutanei causati da due specie del Trichophyton (T. rubrum e T. interdigitalis), che possono manifestarsi soprattutto sotto la pianta dei piedi o sul palmo delle mani o tra le dita. Infatti l’ambiente ideale per contrarre questo fungo, caratterizzato da chiazze eritemato-squamose molto fastidiose e pruriginose, sono i luoghi pubblici: come le piscine o le palestre, contraendolo quando si cammina scalzi o si condividono indumenti e altro. La prevenzione però è possibile, indossando sempre a bordo piscina, nella doccia e nello spogliatoio ciabattine di gomma e utilizzando teli, asciugamani e spazzole rigorosamente personali. «Anche in questo caso – precisa la professoressa – la terapia richiede l’applicazione sulle lesioni, 2 volte al giorno per almeno 14 giorni, di una pomata a base di sostanze anti-micotiche. Mentre i farmaci per bocca vanno assunti solo in caso di resistenza alla terapia locale o di lesioni estese o plurifocali o anche di interessamento dei peli in quanto il follicolo non è raggiungibile dai farmaci topici».
La pelle può essere bersaglio anche delle punture degli insetti. A parte api, calabroni e imenotteri in genere, che possono causare la comparsa di semplici ponfi fino a shock anafilattico, raro ma possibile soprattutto in soggetti predisposti mettendo anche in pericolo di vita, la minaccia dell’estate 2016 sono le zanzare. In particolare quelle della specie Aedes che trasmettono zika, dengue e chikungunya, o del genere Anopheles che veicolano invece Plasmodium, causa di malaria che provoca febbre, malessere, coinvolgimento progressivo neurologico, respiratorio, metabolico, nefrologico ed ematologico, con potenziale prognosi infausta e/o sequele rilevanti. La prima regola protettiva da morsi di ogni sorta è il rispetto di alcune norme igienico-comportamentali: ovvero evitare l’uscita nelle ore del tramonto, utilizzare indumenti che coprano braccia e gambe, utilizzare laddove indicato zanzariere o eventuali repellenti da azionare negli ambienti o da applicare sulla pelle. E soprattutto ricorrere a un’adeguata profilassi, in particolare in luogo particolarmente a rischio: «Nella maggior parte dei casi – tranquillizza Esposito – le reazioni da puntura di insetto si limitano ad arrossamento, gonfiore della zona interessata, fastidio o dolore che si risolvono completamente in 5-10 giorni, o eventualmente febbre e sensazione di malessere destinati a scomparire abbastanza rapidamente. In presenza di queste manifestazioni, è sufficiente una pomata a base di anti-istaminici o in caso di febbre e molto dolore di paracetamolo o ibuprofene, un generico antifebbrile. Nei casi di anafilassi, gravi e che si manifestano con problemi cardiovascolari quali sincope, ipotensione e collasso, associati a disturbi respiratori come fischi e sibili all’ascoltazione toracica o stridore laringeo, e più raramente, a coliche addominali o diarrea, è necessaria la somministrazione tempestiva di adrenalina, così come di ossigeno e di fluidi per via endovenosa, e l’esecuzione di esami di laboratorio utili a confermare la sensibilizzazione a un veleno specifico».
Al mare, ben più probabili delle punture di imenotteri, sono invece le “pizzicate” di meduse di cui la più frequente è ad opera della Pelagia nucticola, piuttosto diffusa nel Mediterraneo, il cui veleno causa dolore bruciante seguito da prurito intenso, con la comparsa sulla pelle di una zona eritematosa ed edematosa (gonfia) e la formazione di una bolla, o di tracine che si trovano sotto la sabbia, vicino alla riva. Anche le punture di queste ultime causano dolore intenso che può persistere per alcune ore, generando arrossamento e gonfiore nella zona dell’inoculazione del veleno. «Dopo una puntura di medusa – raccomanda l’esperta – è necessario disinfettare con acqua di mare e poi con bicarbonato, medicando la parte con un gel a base di cloruro d’alluminio; mentre in caso di puntura da tracina occorre mettere subito il piede sotto la sabbia calda o tamponare con acqua bollente, perché il calore lenisce il dolore provocato dalle tossine velenose. Sono scorretti invece interventi quali il ricorso ad ammoniaca, limone, aceto, o alcol e l’uso di pinzette per rimuovere eventuali frammenti di tentacoli perché la lacerazione di tessuti provocherebbe la fuoriuscita di tossine. Ancora, non va strofinata o grattata la puntura per non correre il rischio di mandare in circolo le tossine rilasciate, né va disinfettata la zona con acqua dolce, troppo fredda o ghiaccio».
Oltre che dal mare, una minaccia potrebbe arrivare dal sole possibile responsabile di colpi di calore o insolazioni, queste ultime legate soprattutto all’esposizione diretta ai raggi solari causa dell’innalzamento della temperatura corporea oltre i 38 gradi o di scottature. Mentre il colpo di calore insorge quando la temperatura esterna è molto alta e il calore non viene efficacemente disperso dall’organismo. Tra i sintomi più tipici di queste condizioni, cui sono maggiormente esposti i bambini tanto più se molto piccoli, vi sono febbre, cefalea, nausea, irritabilità, confusione mentale e, nei casi più gravi, perdita di coscienza e collasso cardio-circolatorio. «A volte il colpo di calore si sovrappone a quello di sole – aggiunge la professoressa – e per prevenirli è importante evitare l’esposizione prolungata al sole, soprattutto nelle ore più calde, e in assenza di un’adeguata protezione del capo».
Il secondo organo minacciato dai disturbi estivi è l’apparato gastrointestinale, messo a dura prova dalla possibile diarrea del viaggiatore o da intossicazioni alimentari, dovute nella maggior parte dei casi a cibi avariati e a scarse condizioni sanitarie e igieniche dei luoghi di vacanza, primi tra tutti l’Africa, l’Asia e l’America Latina, l’America Centrale e il Medio Oriente. A causare la gastroenterite di origine infettiva sono virus quali il Rotavirus, Norovirus, Adenovirus e batteri come Escherichia coli, Salmonella, Shigella e Campylobacter di cui l’E. coli è il principale responsabile della diarrea del viaggiatore, assieme ad alcuni parassiti (Giardia, Entamoeba histolytica, Cryptosporidium spp.)
Oltre alla diarrea, altrettanto frequente è l’Epatite A. Endemica nei Paesi a basso sviluppo socio-economico, si trasmette per via oro-fecale acquisendola soprattutto da frutti di mare non adeguatamente cotti. L’infezione può essere asintomatica o manifestarsi con diarrea e nausea, generalmente autolimitantesi, sebbene il problema maggiore resta il fatto che il virus si elimina con le feci nell’arco di 2 settimane, rendendo possibili i contagi ed eventuali piccole epidemie. «Per i bambini che vanno in viaggio in Paesi in cui è endemica l’epatite A – dichiara ancora Esposito – è utile e raccomandata la vaccinazione». Il cibo rappresenta un importante rischio anche per le Salmonella species. Mentre le Salmonelle non tifoidee sono batteri presenti tutto l’anno il cui veicolo principale è legato a prodotti di origine animale come uova, pollame e occasionalmente ad altri cibi fra cui frutta, verdura, cereali o acqua contaminati da animali infetti, le forme tifoidee (Salmonella typhi, Paratyphi A, Paratyphi B) sono endemiche in alcuni Paesi, soprattutto in Asia. «Bambini che hanno soggiornato in queste aree – aggiunge l’esperta – possono presentare sintomi gastrointestinali e febbre». Infine l’intossicazione alimentare dovuta a Staphyloccus aureus che, diversamente dalle altre, si manifesta entro 24–48 ore dall’assunzione dell’alimento contaminato, con diarrea, vomito, dolori addominali e raramente con febbre.
Tutte queste forme gastrointestinali hanno come effetto collaterale la disidratazione che deve essere ricompensata con l’assunzione di liquidi, evitando però bibite ad alto contenuto di zucchero come i succhi di frutta confezionati che potrebbero aggravare la diarrea. «Anche in caso di infezione – conclude Esposito – è importante continuare a mangiare pasti piccoli leggeri e frazionati, ad esempio 6 pasti al giorno. Come prevenzione generale, in zone con scarse condizioni igieniche, è importante bere solo acqua in bottiglia ed evitare sempre il ghiaccio; non consumare verdure crude e frutta sbucciata o cibi potenzialmente a rischio di contaminazione quali molluschi e mitili crudi; prediligere carne ben cotta soprattutto se non si è certi della provenienza; non condividere tovaglioli, bicchieri, posate e stoviglie. Soprattutto è raccomandato lavare sempre, spesso e bene, le mani con acqua e sapone o un disinfettante a base di clorexidina dopo essere stati alla toilette e prima di mangiare o manipolare del cibo».
di Francesca Morelli
FOCUS SU SOLE E MONTAGNA: DEDICATO AI PICCOLI
Sole o ombra, mare o montagna non fa differenza. La pelle dei piccoli è più delicata di quella dei grandi e merita la giusta protezione, sempre. A cominciare dal filtro solare: «Il più idoneo – spiega il Dottor Leo Venturelli, Pediatra di Famiglia di Bergamo e referente per l’Educazione sanitaria e la comunicazione della SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale) – è un prodotto dermotestato con fattore protettivo 50, ovvero a schermo totale, almeno per i fototipi di pelle chiari sia in caso di esposizioni in riva al mare, evitando le ore più calde (dalle 13 alle 16-17), sia in alta montagna». Non solo attenzione al sole, al mare è fondamentale fare il bagno al momento e con le modalità giuste: «Mai in acqua fredda e senza che si tocchi il fondo soprattutto subito dopo pasti abbondanti – continua l’esperto – per evitare il rischio di congestioni. Mentre non è controindicato giocare in acqua calda o sul bagnasciuga dopo pranzo o dopo la merenda». Inoltre, «è buona norma, dopo il bagno in mare – aggiunge il dottor Piercarlo Salari, pediatra a Milano e responsabile del Gruppo di lavoro per il sostegno alla genitorialità SIPPS – risciacquare i piccoli sotto l’acqua corrente, senza dimenticare di far loro indossare maglietta, cappellino e occhiali con lenti UV certificate, anche sotto l’ombrellone o durante le passeggiate perché i raggi solari vengono riflessi dalla sabbia, dall’acqua e perfino dai prati».
La corretta prevenzione mette i piccoli al riparo dal rischio di scottature, ma nel caso l’evento si verificasse comunque? «Le scottature dei bambini – precisa Venturelli – vanno considerate come ustioni di primo grado, da trattare dunque con creme anti arrossamento e lenitive o nelle ipotesi più gravi anche con creme al cortisone, se prescritte dal medico curante. Occorre fare sempre molta attenzione alla pelle scottata, perché se, da arrossata, tende a gonfiarsi e riempirsi di liquido si sta verificando il fenomeno del “flittene”. Il cui trattamento richiede l’applicazione di un fazzoletto bagnato freddo sulla zona interessata e poi il consiglio di un esperto o di un referente medico».
In montagna, invece, a cosa si può andare incontro più facilmente? A ferite o a escoriazioni, le quali vanno adeguatamente trattate. «Occorre innanzitutto lavare la ferita con acqua fresca e con sapone – raccomanda Venturelli – poi disinfettarla con acqua ossigenata o con composti a base di eosina, evitando che venga a contatto con terriccio o altri inquinanti, e infine proteggerla con garza e benda qualora fosse estesa. Invece, in caso di storta o distorsione, è necessario applicare del ghiaccio sulla parte articolare compromessa, evitando di camminarci per non peggiorare l’edema e l’infiammazione». Ancora, in montagna sono esposte ad alcuni rischi le vie respiratorie, tant’è che negli ultimi anni si è assistito a un aumento di epidemie sporadiche di raffreddori, faringiti e perfino bronchiti estive, spesso favorite dai bruschi cali termici associati a temporali e a condizioni di instabilità meteorologica. «Anche in estate – conclude Salari – valgono le stesse raccomandazioni utili nella stagione fredda, facendo attenzione a monitorare il decorso dei sintomi e della febbre e, se necessario, consultando il pediatra senza sottovalutare i disturbi del bambino». (F. M.)