Partorire nel comfort della propria casa, senza il disagio di dover ricorrere all’ambiente medicalizzato di un ospedale. Ma con la sicurezza dell’assistenza continua di un’ostetrica, pronta a intervenire in caso di problemi particolari. Potrebbe essere oggi una soluzione auspicabile, ma per quali donne e a quali condizioni? Dopo i recenti fatti di cronaca di mortalità ospedaliera per parto, molte donne si chiedono se sia possibile e soprattutto sicuro, partorire a casa. Lo abbiamo chiesto a Nadia Rovelli, mamma e ostetrica, presidente del Collegio Ostetriche di Bergamo e delegata regionale delle Ostetriche della Lombardia, all’indomani della Giornata dedicata al Parto a domicilio (6 giugno).
La sua è una posizione di vantaggio, in quanto mamma e ostetrica. Quando ha deciso di partorire a casa e perché questa scelta? Quali le difficoltà e i vantaggi?
«Ho partorito a casa il mio primo figlio nel 1998, una scelta maturata nel corso degli anni dopo una formazione post diploma di ostetrica sulla fisiologia della nascita. Quando mi sono diplomata in università ci insegnavano che l’assistenza ostetrica doveva velocizzare il processo del travaglio e parto. Negli anni la mia esperienza professionale, lo stare accanto alle donne, mi ha fatto riflettere sulla nascita in quanto non solo evento biologico, ma processo naturale che porta a stabilire in primis una nuova relazione: la donna, che diventa madre, attiva per tutto il resto della sua vita una relazione unica e straordinaria col proprio figlio. Per questo ho desiderato vivere il momento della nascita dei miei figli in un ambiente familiare, con persone conosciute e senza interferenze esterne. Per l’occasione avevo contattato alcune ostetriche che mi hanno presa in cura dall’inizio della gravidanza, sino a tre mesi successivi al parto. L’evoluzione normale della gravidanza ha permesso che il parto avvenisse nella mia casa. È accaduto tutto in modo molto naturale, come se la nascita fosse un processo integrato nella vita domestica, oltre che familiare. L’aspetto più positivo è di non essere mai stata separata da mio figlio, che ho tenuto a stretto contatto per oltre due giorni, permettendogli di adattarsi con molta gradualità alla temperatura, suoni e movimento della vita extrauterina, e ho potuto veramente allattarlo a sua richiesta scoprendo per la prima volta, malgrado fossi ostetrica da 9 anni, la perfetta simbiosi madre-figlio».
Non ha mai avuto neanche un attimo di ripensamento per aver scelto questa opportunità?
«No. In casa mi sono sempre sentita consapevole di ciò che accadeva: la fiducia nella professionalità delle ostetriche mi ha permesso di affidarmi alle esigenze del mio corpo, sapevo che loro accertavano continuamente che tutto stesse procedendo al meglio e io potevo pensare solo a me stessa e a mio figlio. Per la seconda figlia, ho scelto invece di partorire in ospedale perché in quel momento lo ritenevo il luogo a me più familiare, dove lavoravo e sapevo di incontrare molte colleghe/amiche. Cosi sono andata in ospedale alle 22 e un’ora e tre quarti dopo è nata Letizia, in una stanza normale e non in sala parto e, a mezzanotte, eravamo già a casa nel nostro lettone. La mattina seguente ci siamo preparate, siamo andate in pasticceria a fare colazione e poi nel piazzale della chiesa a sentire le campane che suonavano l’inno alla gioia per la sua nascita. Per la nascita del terzo figlio, Lorenzo, ho dovuto sperimentare l’effetto dell’ossitocina per l’induzione del travaglio, dopo più di 48 ore di attesa, in seguito alla rottura delle acque, ben tre settimane prima del termine. Lorenzo è nato velocemente e ho voluto tenerlo con me senza esserne separata, ho aspettato 12 ore in considerazione del peso basso (2600gr) e dell’uso dell’ossitocina in travaglio. Poi ho preferito rientrare a casa dove, assecondando i suoi e i miei ritmi, gli ho fatto il bagnetto e, potendolo allattare senza nessuna restrizione, Lorenzo ha raddoppiato il suo peso in un mese: piccolo ma vorace!».
Cosa le hanno “regalato” queste esperienze?
«Mi hanno fatto comprendere come tante difficoltà che le neomamme incontrano durante la nascita sono causate dall’ambiente e dai modelli organizzativi che non sempre rispettano i tempi e le esigenze delle donne. Ogni modello assistenziale deve mettere al centro la donna e la sua famiglia, se si vuole generare, oltre che salute, anche soddisfazione e benessere emotivo, sia della madre che del bambino. Come dichiara l’Oms, l’obiettivo dell’assistenza ostetrica alla nascita è “avere una madre e un bambino sani, col minor uso di medicalizzazione compatibilmente con la sicurezza...”. Ma soprattutto l’Oms sottolinea che “al termine del parto, la madre deve essere in grado di accudire ed interagire col suo bambino”: questo significa che le donne devono vivere l’esperienza della nascita in modo consapevole e sentirsi protagoniste attive».
Chi può scegliere oggi il parto a domicilio senza correre rischi, tenendo conto del fatto che la gravidanza è sempre più in età avanzata?
«Il parto a domicilio è un progetto, scelto dalla donna e dalla coppia, che nasce e continua per tutto il periodo della gravidanza e nel tempo si concretizza con l’assistenza e l’accompagnamento dell’ostetrica. Secondo quanto descritto dall’Oms/Unicef, ogni donna in buona salute, definita “a basso rischio”, ha la possibilità di informarsi, scegliere la propria ostetrica ed essere accompagnata e sostenuta in gravidanza, durante il travaglio e il parto sino alla conclusione del puerperio ovvero sino al primo anno di vita del bambino. I continui accertamenti e l’assistenza ostetrica durante il percorso nascita permettono di identificare segni e sintomi di possibile alterazione dalla normale fisiologia della gravidanza, del parto e del puerperio. In queste situazioni viene pianificata, in accordo con la donna, la richiesta di una consulenza o assistenza addizionale effettuata da un medico specialista».
Partorire in sicurezza: qual è il reale significato che sta alla base di questo concetto?
«Sicurezza significa conoscersi e conoscere, ricevere un’assistenza continua e personalizzata da parte della stessa professionista a partire dalla gravidanza. Significa pianificare il parto a casa e lavorare insieme affinché ci si avvicini alla realizzazione di questo progetto. A domicilio l’ostetrica mette in atto il modello assistenziale della midwifery, ovvero accerta e rileva i segni di benessere materni e fetali e con tempestività individua le situazioni che potrebbero deviare dalla fisiologia, mettendo in atto le modalità di trasferimento in ospedale già programmate, accertando ad esempio che l’ospedale sia raggiungibile in un tempo massimo di 30-40 minuti dal domicilio e predisponendo il mezzo più adeguato».
Le ostetriche hanno la competenza di affrontare, con un intervento di primo livello, le rare emergenze che potrebbero inaspettatamente verificarsi, e che si risolvono a domicilio?
«Nel 90% dei casi il parto avviene in tutta tranquillità, proprio perché si tratta di assistenza ostetrica a una donna sana. Non si può parlare di sicurezza assoluta, né di assenza di rischio di fronte a nessun evento della vita e dunque anche per il parto-nascita ovunque esso avvenga, a domicilio o in ospedale. Vorrei infatti sottolineare che gli ultimi casi di morte materna, che tanto hanno allertato la stampa, non sono avvenuti a domicilio, ma in ospedali, conformi ai criteri di sicurezza con professionisti attivi 24 ore su 24. La differenza del livello di rischio non è determinata dal luogo ove si svolge il parto, ma soprattutto dallo stato di salute della donna, anche prima della gravidanza, dai fattori sociali (abitudini alimentari, stili di vita, uso di alcol, fumo) e anche dai modelli organizzativi delle aziende ospedaliere e delle ostetriche che effettuano assistenza a domicilio. L’assistenza ostetrica a domicilio deve assicurare la presenza di due ostetriche dall’inizio del travaglio sino alle 2/4 ore successive al parto. Questo modello di assistenza “one to one”, ovvero un’ostetrica per ogni donna in travaglio, sempre meno implementato negli ospedali, assicura il raggiungimento del miglior esito di salute per la donna e il neonato».
Esistono Linee guida di assistenza al parto in casa?
«Le ostetriche che promuovono la continuità dell’assistenza e accompagnano le donne e le coppie a partorire in casa si riferiscono alle Linee guida di assistenza al parto a domicilio Oms/Unicef, Aogoi e Nice e all’Associazione Nazionale Culturale Ostetriche Parto a Domicilio. La condizione ideale che permette la miglior qualità della cura, è la presa in carico della donna dall’inizio della gravidanza da parte dell’ostetrica che assisterà poi il parto. In ogni caso, è opportuno che il contatto della donna con le ostetriche avvenga entro la 32a settimana di gravidanza. Un appropriato accertamento ostetrico valuta il bilancio di salute, e quindi il benessere emotivo-sociale e fisico della donna, e la definizione del normale decorso della gravidanza: la donna seguirà un percorso assistenziale con l’ostetrica di riferimento o gravidanza con eventuali fattori di rischio che richiedono la consulenza di un medico specialista per un approfondimento diagnostico. Gli esami ematici e diagnostici prescritti si attengono a quanto raccomandato dalle linee guida nazionali e decreti ministeriali. E’ opportuno che la donna abbia effettuato almeno un’ecografia ostetrica, precisamente tra la 18a e la 22a settimana, al fine di conoscere la morfologia fetale e la localizzazione della placenta. L’ostetrica documenta ogni visita prenatale, informa e coinvolge attivamente la donna-coppia in ogni processo decisionale dopo una chiara e obiettiva attività di informazione: questo facilità la conoscenza e la consapevolezza della donna sulle sue esigenze, paure e necessita. E’ appropriato che, al domicilio della donna siano presenti due ostetriche al momento del parto e che le stesse rimangano a sorvegliare l’adattamento della coppia madre-bambino per almeno le prime 4/5 ore dopo la nascita. L’ostetrica è una professionista laureata in scienze ostetriche neonatali e ginecologiche e dunque ha le specifiche competenze per accertare il benessere del neonato, le sue caratteristiche e modalità di adattamento alla vita extrauterina. E’ raccomandabile avvisare l’Ospedale di riferimento e il servizio del 118 che si sta verificando un travaglio pianificato a domicilio, affinché si possa disporre di un trasferimento se necessario».
Perché una donna oggi dovrebbe scegliere di partorire a casa?
«Perché ci sono garanzie di sicurezza. Il trentennio scorso ha infatti segnato profondamente la professione ostetrica, soprattutto quando, a seguito dell’abolizione delle ostetriche condotte nel 1978, il luogo del “nascere” divenne l’ospedale, con l’insediarsi del processo di medicalizzazione dell’intero percorso nascita e il ricorso quindi ad atti assistenziali, anche quando le condizioni della madre o del feto non lo richiedevano. Questo processo è stato influenzato dal diffondersi di una cultura che ha privato la nascita della sua dimensione naturale e intima, che sarebbe auspicabile tornasse a prevalere. L’ostetrica opera con competenza, professionalità e autonomia, come da norme previste dai decreti nazionali e dall’articolo 37 della Direttiva 55/2013 UE e poi dal Decreto Legislativo n. 15 del 28 gennaio 2016: l’ostetrica ha il compito di “accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale” in autonomia e con piena responsabilità».
Si può parlare di una nuova – o di una ritrovata – cultura della nascita?
«Sì. E la base per promuovere una nuova cultura della nascita, rispettando il tempo, il ritmo soggettivo di ogni donna e del suo bambino per vivere con soddisfazione e unicità la propria esperienza, sta nel garantire un’assistenza olistica alla donna. Inutile parlare di come e perché l’ostetrica deve entrare in rapporto con gli aspetti psicoemozionali di ogni nascita, rispettando l’unicità di ogni situazione. Questa è l’infinita ricchezza che ogni nascita porta con sé. Al di là di questi aspetti ci sono i limiti che la casa ha in sé, quando aumenta la probabilità di ricorrere a interventi assistenziali di secondo livello, erogati in ambiente ospedaliero. Le ostetriche sono professioniste sanitarie che diventano ospiti al domicilio della donna, garantendo un’appropriata assistenza in gravidanza, nel travaglio-parto e nel puerperio alla madre e al neonato, al fine di promuovere la salute, la sicurezza, l’intimità, il rispetto dei tempi e delle scelte assistenziali».
a cura di Paola Trombetta
MA C’E’ UN’ASSISTENZA ADEGUATA IN TUTTE LE REGIONI?
Attualmente, in Italia, sono diverse le ostetriche che operano in regime di libera professione e che si dedicano all’assistenza al parto a domicilio in diverse regioni italiane. Purtroppo, ancora oggi, non si è arrivati a garantire il parto a domicilio a tutte le donne che desiderano scegliere questo percorso, proprio perché non è stato ancora attivato un servizio di rimborso della spesa sostenuta dalla donna in tutto il territorio nazionale. Alcune Regioni hanno già predisposto, con delibere specifiche, la possibilità di rimborso, ad esempio in Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Lazio e la provincia autonoma di Trento. È fondamentale informare e sensibilizzare le donne e le coppie innanzitutto che l’evento parto è un evento naturale, che c’e la possibilità di pianificare il parto presso il proprio domicilio, è possibile ed è sicuro oggi più che in passato, ed è per questo che dal 1996 l’Oms lo raccomanda se appropriatamente pianificato per il 90% delle donne sane. Dal 2014 questa raccomandazione è stata sottoscritta anche dal Nice, National Institute for Health and Care Excellence, l’equivalente inglese del nostro Istituto Superiore della Sanità Italiano». (P. T.)