Sono più obese, più anziane e vivono per un maggior numero di anni con il diabete rispetto agli uomini. Le donne diabetiche hanno anche più alti livelli di colesterolo LDL e presentano un peggiore profilo di rischio cardiovascolare: 50% in più di eventi fatali rispetto agli uomini. Lo conferma il recente report dell’American Heart Association sull’aumentato rischio cardiovascolare nelle donne con diabete tipo 2. In occasione della Giornata mondiale della salute (7 aprile) dedicata quest’anno alla lotta contro il diabete, abbiamo intervistato la dottoressa Valeria Manicardi, coordinatrice nazionale del Gruppo Donna dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), all’indomani della pubblicazione degli annali AMD, un report annuale sulla qualità dell’assistenza diabetologia in Italia.
In che percentuale vengono colpite le donne da questa malattia, a che età (la menopausa potrebbe essere un fattore di rischio?) e da quale tipo di diabete?
«Le donne sono colpite da diabete in una percentuale lievemente inferiore agli uomini: i dati Italiani raccolti dagli ANNALI AMD (Associazione Medici Diabetologi), che pubblica dal 2005 i dati sulla popolazione italiana assistita nei nostri servizi di diabetologia, ci dicono che il 54% delle persone con diabete sono uomini e il 46% donne, sia nel Diabete Tipo 2 che Tipo 1, e queste prevalenze sono concordi con tutti i dati internazionali. Il diabete Tipo 2 costituisce il 95% dei diabetici, mentre quello di Tipo 1, che insorge in età pediatrica o comunque in giovane età, è il 5-6% dei casi. Il diabete T2 insorge in età adulta e nella maggioranza dei casi in età sopra i 50 anni, sia nei maschi che nelle femmine. Un dato rilevante è che le donne con diabete T2 sono più obese, e l’obesità è un fattore di rischio per questo tipo di diabete, e ne accelera la comparsa. La menopausa favorisce soprattutto l’aumento di peso e fa perdere alle donne la protezione ormonale dall’infarto miocardico, resa possibile dagli estrogeni».
Le donne con diabete hanno un profilo lipidico peggiore degli uomini, con più alti valori di colesterolo LDL: c’è una spiegazione? E quali rimedi adottare?
«I dati italiani su 450mila diabetici Tipo 2, dimostrano che le donne con questo tipo di diabete hanno valori più elevati di colesterolo totale e di LDL-colesterolo rispetto ai maschi, fin dalla diagnosi di diabete, e soprattutto raggiungono meno il target desiderato di LDL (inferiore a 100 mg/dl). Questa differenza aumenta con l’età e la durata del diabete: solo il 7% delle donne con diabete raggiunge il target desiderato di LDL, nonostante lo stesso trattamento con statine (i farmaci che servono a ridurre il colesterolo nel sangue). Non ci sono infatti differenze di trattamento con statine tra maschi e femmine con diabete Tipo 2, ma nelle donne si ottengono risultati peggiori. E’ possibile che nelle donne ci sia una resistenza a questi farmaci che influenza il risultato. Per molti anni la ricerca sui farmaci è avvenuta prevalentemente nei maschi e poi i risultati sono stati riprodotti anche sul genere femminile, ma senza avere certezza che fossero sovrapponibili. Certo anche lo stile di vita è importante: l’attività fisica regolare e costante (almeno mezz’ora al giorno), una dieta povera di grassi animali, e il mantenimento del peso ideale riducono i livelli di colesterolo totale e soprattutto LDL (che è il colesterolo aterogeno, che si deposita e ostruisce le arterie) . La prima regola è quella di prendersi cura di sé e adottare uno stile di vita più salutare».
E’ vero che le donne con diabete hanno anche un rischio cardiovascolare maggiore? C’è un regime terapeutico particolare a cui devono attenersi?
«Le donne con diabete Tipo 2 hanno raggiunto da sempre “pari opportunità” di rischio di essere colpite da infarto: il diabete infatti contribuisce a far perdere la protezione degli estrogeni. Negli ultimi 25 anni, mentre la mortalità da causa cardiaca si è ridotta nella popolazione generale, non si è invece ridotta nei diabetici, ed è aumentata nelle donne con diabete, che sono colpite 5 volte di più da malattie cardiache. Il profilo lipidico peggiore, la maggiore difficoltà di ottenere un buon controllo del diabete e l’obesità sono sicuramente tra le cause del maggiore rischio cardiovascolare femminile. Non ci sono trattamenti particolari da adottare, ma occorre intensificare i trattamenti fino a ottenere gli obiettivi terapeutici desiderati, e puntare molto di più sulle modifiche dello stile di vita: attività fisica e alimentazione corretta, assumere i farmaci per abbassare il colesterolo, senza ridurli o sospenderli».
C’è una differente risposta alle terapie per il diabete nelle donne rispetto agli uomini? Esistono categorie di farmaci che hanno una migliore risposta “al femminile”?
«C’è una diversa risposta a molti farmaci, sicuramente alle statine, ma anche all’aspirina. Non abbiamo per ora dimostrazione che ci siano risposte diverse anche ai farmaci per il diabete, ma occorrono più studi e più ricerca per conoscere meglio questi aspetti e poter avere trattamenti più efficaci anche nelle donne. Non sappiamo molto però sull’aderenza alle terapie: cioè se le cure prescritte vengono assunte regolarmente, autoridotte o sospese. Sappiamo invece che in molti Paesi le donne sono meno trattate rispetto ai maschi, sia con statine, che con aspirina, ace-inibitori e altri farmaci per l’ipertensione arteriosa, ma questo non avviene nella rete dei servizi diabetologici italiani».
Quali consigli dare a una donna con malattia diabetica, riguardo agli stili di vita, oltre che alle terapie?
«Lo stile di vita è di fondamentale importanza per queste donne: attività fisica e alimentazione sana sono due capisaldi della terapia del diabete, assieme ai farmaci. Ma spesso le donne hanno difficoltà a dedicare tempo a se stesse: si fanno carico della salute di tutta la famiglia, ma poco della propria. Ci sono spesso ostacoli allo svolgere di un’attività fisica regolare: assistenza agli anziani in casa, gestione dei figli e della famiglia vengono prima della cura di sé. Volersi bene, prendersi cura di sé, dedicare più tempo a se stesse: sono le regole per migliorare il proprio stato di salute».
di Paola Trombetta
MALATTIA SOTTO CONTROLLO CON UN CLICK A SETTIMANA
Basta un click, una sola volta alla settimana. E’ arrivato anche in Italia il nuovo trattamento antidiabete somministrabile settimanalmente con una penna innovativa, pronta all’uso, di semplice utilizzo, che non richiede più la gestione di aghi. Secondo uno studio pubblicato su Diabetes, Obesity and Metabolism, i diabetici la preferiscono alle pillole, perché rende la terapia semplice da ricordare e quasi completamente indolore. Insomma la qualità di vita migliora decisamente. Negli studi a lungo termine il farmaco contenuto nella penna, dulaglutide – un principio attivo della classe degli agonisti del recettore del GLP1 (Glucagon like peptide-1) – si è dimostrato più efficace nel controllo della glicemia rispetto ad altre terapie ipoglicemizzanti, inclusa l’insulina basale, e rappresenta perciò più di una speranza per il milione e mezzo di diabetici che abbandonano le cure o le seguono male perché sono troppo complicate o ne temono gli effetti collaterali. Inoltre riduce il rischio di ipoglicemie e fa perdere peso anziché ingrassare. Con la nuova penna basterà premere un pulsante senza neppure vedere un ago o dover imparare a usare una siringa. Basta posizionare la penna perpendicolare all’addome e premere il pulsante: dopo pochi secondi, l’ago si ritrae automaticamente, così da non vederlo neppure per un attimo.
«Dulaglutide, che si somministra solo una volta a settimana, si è dimostrato più efficace nel controllo della glicemia delle terapie con ipoglicemizzanti orali o addirittura con insulina basale, tutti trattamenti da assumere una o più volte al giorno» – spiega Francesco Giorgino, professore ordinario di Endocrinologia e malattie metaboliche all’Università “Aldo Moro” di Bari. «Gli studi a lungo termine più recenti, con follow-up dei pazienti protratto da un minimo di 26 settimane fino ai due anni, hanno dimostrato che dulaglutide è anche più efficace degli altri farmaci della sua stessa classe: soltanto in un caso si ha la parità di effetto con la dose massima di somministrazione di un altro agonista del GLP-1. Inoltre, le indagini più recenti mostrano che dulaglutide agisce prima rispetto agli altri prodotti in mono-somministrazione settimanale: l’effetto sulla glicemia è massimo già dopo la seconda dose. Accanto a un’efficacia notevole nel consentire un buon controllo glicemico, il farmaco è molto ben tollerato e sicuro: minimizza il rischio di pericolose ipoglicemie ed è addirittura un alleato nella perdita di peso. Gli studi più recenti dimostrano che la quota di pazienti che oltre a una riduzione dell’emoglobina glicata raggiunge anche l’obiettivo del dimagrimento è superiore rispetto a quella dei diabetici in terapia con altri farmaci». (P.T.)