MALATTIE NEUROLOGICHE: COME BATTERLE… SUL TEMPO

Non tutte le malattie neurodegenerative, quelle che colpiscono il cervello e le funzionalità, sono uguali. Anch’esse hanno il loro “genere” ed “età”: alcune possono, più di altre, presentarsi con maggiore probabilità nelle donne o in specifiche età. L’epilessia, ad esempio, è una di queste: «Sono tipiche della donna giovane, in età fertile, le epilessie catameniali che si verificano durante il ciclo mestruale», spiega il professor Leandro Provinciali, direttore della Clinica Neurologica  degli Ospedali Riuniti di Ancona e presidente della Società Italiana di neurologia (Sin) che organizza la Settimana del Cervello (dal 14 al 20 marzo). «Anche le forme epilettiche correlate alla gravidanza richiedono un approccio terapeutico più attento e l’esclusione di uno o due farmaci standard che potrebbero, in questa particolare circostanza, essere a rischio». All’epilessia comunque si guarda con più tranquillità perché nel corso degli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi terapeutici, anche per i casi più difficili. «Oggi – aggiunge Provinciali – disponiamo di farmaci caratterizzati da un meccanismo d’azione differenziato in relazione alla molecola interessata, che possono offrire soluzioni significative nelle forme non responsive ai trattamenti tradizionali o gravi. Molto promettenti sono alcuni approcci sperimentali o innovativi, basati in particolare sull’uso della cannabis, efficace anche in altre condizioni neurologiche». Ma anche per la donna i periodi più critici per il possibile sviluppo di malattie neurodegenerative, di demenze in particolare, restano la terza e la quarta età. A tal punto che alcune di queste forme, vengono definite “demenze delle vedove”. «Il nome – precisa Provinciali – lo si deve al fatto che il deterioramento cognitivo più evidente nella donna si osserva quando, perso il marito da accudire, vengono meno anche le abitudini routinarie che segnavano la sua progettualità e operatività quotidiana, dando un più facile avvio a forme di demenza senile. Quali l’Alzheimer ad esempio, una patologia strettamente correlata all’età biologica a cui la donna è più esposta nella fase finale della vita rispetto all’uomo, in funzione di una maggiore sopravvivenza».
A fianco dell’età, esiste però un altro aspetto importante e da non sottovalutare nelle malattie neurologiche: il “fattore tempo”. E non è un caso che il tema della Settimana Mondiale, scelto quest’anno dalla Sin, sia proprio il “Tempo è cervello”: un elemento cruciale in medicina, nell’approccio e cura di ogni patologia, ma soprattutto in quelle neurologiche. «Il neurologo – continua il Presidente – lotta ogni volta contro il tempo per limitare i danni al cervello. La rapidità e l’accuratezza dell’intervento neurologico, subito dopo la comparsa dei primi sintomi, consentono di ridurre o annullare i danni che spesso condizionano fortemente la qualità di vita dei malati. Ma non solo: la tempestività diagnostica consente anche, laddove possibile, di mettere in atto strategie terapeutiche che possono cambiare la storia naturale della malattia».
Dunque non vanno sottovalutati i sintomi, o i campanelli di allarme, che nel caso della malattia di Alzheimer sono rappresentati da iniziali disturbi di memoria episodica, cioè l’incapacità di ricordare eventi correlandoli a un preciso riferimento temporale, a cui si associano nel tempo disturbi del linguaggio, dell’orientamento, delle capacità di ragionamento, critica e giudizio, con perdita progressiva dell’autonomia funzionale. «Individuare i sintomi di Alzheimer nella primissima fase, quella in cui è ancora lieve il disturbo cognitivo, intercettabile con opportune valutazioni neuropsicologiche, consente di rallentare la progressione della malattia verso la demenza vera e propria», dichiara il professor Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze dell’Università Milano-Bicocca. «In questa fase iniziale è infatti possibile inserire il paziente in un trial clinico, ad esempio, o prenderlo in carico attuando correzioni negli stili di vita, sulla dieta o sull’attività fisica in particolare, che possono fare  la differenza sull’evoluzione dell’Alzheimer».
E poi c’è l’ictus. Anche questa malattia ha una predisposizione femminile: la donna è più esposta per via delle alterazioni ormonali e dell’assunzione della pillola anticoncezionale, tanto più importante in caso di donne che già soffrono di emicrania. Anche nell’ictus il fattore tempo è fondamentale, a tal punto che la distanza che separa il sintomo dall’azione terapeutica andrebbe quanto più possibile azzerata. «La nuova frontiera per la cura dell’ictus ischemico in fase acuta – commenta il professor Elio Agostoni, Direttore della Struttura Complessa Neurologica e Stroke Unit del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano – è rappresentata dalla combinazione di trombolisi sistemica, cioè della somministrazione di un farmaco capace di disostruire l’arteria dal trombo (coagulo di sangue) che la occlude, e di trombectomia meccanica, ossia la successiva asportazione del trombo per via endovascolare con un apposito device. La rimozione del coagulo, per essere efficace, dovrebbe essere eseguita il più precocemente possibile e possibilomente entro le 6 ore dall’esordio dei sintomi perché, in particolare l’ictus, è un’emergenza tempo-dipendente: la riuscita della terapia dipende dal tempo in cui essa viene praticata».
A Parkinson o Alzheimer è stata riconosciuta una possibile correlazione con depressione o emicrania, due problematiche a prevalenza femminile. Sono due sintomatologie da considerarsi presunti campanelli di allarme per una possibile patologia neurodegenerativa, tali da ricorrere ad accertamenti diagnostici più approfonditi? «Affatto – tranquillizza Provinciali. Una depressione recidivante o primaria, correlata ad esempio al post-partum o a un lutto, oppure legata a fattori ormonali o emotivi, non hanno alcuna relazione con questo tipo di malattie. Se una depressione compare invece in età senile, verso i 65 anni, e senza una ragione apparente, potrebbe essere un fenomeno destinato a evolvere. Anche la fenomenologia è differente, perché la depressione senile è anedonica, non si trovano più motivazioni o piacere nel fare le cose, si ha un ritiro sociale, accompagnato da abulia». Lo stesso è possibile dire delle emicranie: quelle che persistono dopo il climaterio, sono sempre le più “pesanti” e problematiche.
Da ultimo, la donna ha anche un altro aspetto a suo vantaggio: la capacità di reagire. «La malattia viene sempre vissuta in maniera molto più catastrofica nell’uomo – conclude il Presidente – mentre nella donna la risposta è sempre più risolutiva». Soprattutto nell’attenzione ai sintomi di queste malattie: perché il fattore tempo in neurologia è salute.

di Francesca Morelli

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