«Avevo 43 anni quando ho iniziato ad avvertire tremori a livello dello stomaco e della gamba sinistra, che poi, pian piano, si sono estesi alla parte destra. All’inizio il medico pensava si trattasse di un po’ di esaurimento: lavoravo come impiegata, avevo due bambini e una casa da gestire, insomma una bella mole di lavoro! La mia condizione fisica peggiorava: mi sentivo sempre più stanca, spossata e rigida nei movimenti. Mio figlio maggiore, che studiava Medicina, aveva parlato dei miei sintomi al suo professore di Neurologia: subito capì che si trattava di Parkinson».
Così Francesca Mattei, oggi 65 enne, di Roma, ricorda gli esordi della sua malattia.
«Non conoscevo bene la patologia, ma pensavo colpisse solo gli anziani. All’epoca della diagnosi avevo 45 anni e quindi da 22 convivo con questi disturbi che nel tempo sono peggiorati. Oggi sono rigida nei movimenti e quando cammino le mie braccia rimangono bloccate lungo il corpo. All’inizio mi sono chiusa in me stessa e mi vergognavo della mia condizione. Poi ho incontrato l’AIP, Associazione Italiana Parkinsoniani che ha rappresentato per me la svolta! E soprattutto l’amicizia con la signora Grazia Nardone, responsabile per Roma e Lazio. Stare assieme ad altri parkinsoniani, sentire le loro storie e capire chi vive lo stesso disagio, ti fa stare meglio e ti aiuta nella gestione della malattia. Ho conosciuto tante persone, anche più giovani di me, con i miei stessi problemi. Tutti accomunati da situazioni simili, dalle difficoltà di camminare o di parlare, dalla necessità di assumere la Levodopa, il farmaco che sostituisce la dopamina mancante, molte volte al giorno, con tutti i disturbi collaterali che può comportare. Condividere questi problemi è stato ed è fondamentale. Con un amico, Oliviero Isopi, che oggi purtroppo non c’è più, per aiutare quanti sono nelle nostre stesse condizioni e vivono quotidianamente i disagi del Parkinson, abbiamo raccolto le nostre riflessioni, emozioni e le nostre poesie in un saggio dal titolo: “La nostra anima non trema”, di cui si possono leggere alcuni brani nel sito: www.parkinsonroma.it o si può richiedere a: aip.roma@tiscali.it, l’Associazione Italiana Parkinsoniani di Roma e Lazio che tra l’altro organizza eventi, gite, incontri informativi, momenti conviviali. Sentire solidarietà e amore intorno è fondamentale!».
Come Francesca, ogni anno 6mila persone vengono colpite dalla malattia di Parkinson e una su 4 ha meno di 50 anni. Rimanere attivi il più a lungo possibile può prevenire il Parkinson e, insieme alle terapie più avanzate e un approccio multidisciplinare, può contribuire a rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita in tutte le sue fasi. Questo è il messaggio chiave della Giornata Nazionale del Parkinson (28 novembre) promossa dall’Accademia Limpe-dismov. Testimonial della Giornata è il campione olimpico Jury Chechi, che ha voluto trasferire in questa iniziativa la sua esperienza di campione nello sport e nella vita.
La Giornata nasce con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della seconda patologia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. Una malattia che colpisce in Italia oltre 250mila persone con una prevalenza destinata a raddoppiare nei prossimi vent’anni. «Le ultime evidenze scientifiche dimostrano che chi pratica regolarmente un’attività fisica ha un rischio inferiore del 43% di sviluppare la malattia di Parkinson, mentre i parkinsoniani che continuano a praticare attività fisica e sport, non solo mantengono nel tempo una migliore autonomia, ma presentano anche un’evoluzione più lenta e meno invalidante rispetto a quelli che conducono una vita più sedentaria», dichiara Alfredo Berardelli, Presidente dell’ Accademia Limpe-Dismov, del Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, della Sapienza Università di Roma.
«Una prospettiva multidisciplinare nella gestione delle persone con Parkinson e le terapie farmacologiche più avanzate, aiutano a gestire la malattia per lungo tempo, mentre l’attività sportiva, le terapie fisiche e riabilitative e i piccoli cambiamenti nello stile di vita possono facilitare la gestione del Parkinson, la mobilità dei pazienti e quindi la loro autonomia. L’esercizio fisico può infatti aiutare a migliorare l’equilibrio e ridurre del 70% le cadute, che sono la più comune causa di accesso al pronto soccorso. Sul fronte delle terapie, non esiste ancora una cura risolutiva, ma gli approcci terapeutici più recenti hanno evidenziato l’importanza di affidarsi a un team strutturato. La ricerca neurologica in Italia è di primissimo livello, con strutture d’avanguardia competitive rispetto a quelle presenti in Europa e negli Stati Uniti. L’obiettivo degli studi in corso è quello di trovare una terapia che agisca sul meccanismo fisiopatologico che dà origine alla malattia. Essenziale è che la diagnosi venga fatta da un neurologo, l’unico professionista che può seguire il paziente durante le fasi di progressione della malattia, per consigliare il trattamento più idoneo e garantire una buona qualità di vita».
In occasione della Giornata Nazionale Parkinson 2015, circa 90 strutture sanitarie saranno a disposizione dei pazienti e dei caregiver. I medici specialisti daranno informazioni sulla diagnosi e terapia e sarà possibile partecipare a eventi (spettacoli teatrali, concerti, mostre…), incontri di informazione e confronto organizzati in tutto il Paese dalle strutture aderenti. Per ogni dettaglio, consultare il sito www.giornataparkinson.it o contattare il numero verde 800.149626. La Giornata Nazionale Parkinson 2015 sarà anche l’occasione di raccogliere fondi che la Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus destinerà al sostegno di progetti di ricerca clinici e sperimentali sulla malattia di Parkinson e sui disordini correlati. Come il primo Progetto di Ricerca sulla prevenzione delle cadute nelle persone con malattia di Parkinson che si è concluso in questi giorni.
«Lo studio si proponeva di valutare, in un ampio campione di pazienti italiani affetti da malattia di Parkinson, la frequenza delle cadute e i possibili parametri clinici associati o predittivi del rischio di caduta», dichiara Giovanni Abbruzzese, Presidente della Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus. «La ricerca si è svolta in 19 centri che hanno arruolato 544 pazienti e 301 soggetti di controllo. I risultati preliminari evidenziano come il 42% dei pazienti italiani con malattia di Parkinson cada almeno una volta l’anno (media 23 cadute) rispetto al 17% dei soggetti di controllo. Tanti fattori (età, durata e gravità di malattia, stato cognitivo, presenza di disturbi del cammino, presenza di ansia e depressione) sono associati al rischio di cadere, ma soprattutto la durata della malattia e alcuni specifici disturbi del cammino risultano essere predittivi. L’identificazione di fattori predittivi del rischio di caduta appare fondamentale al fine di programmare interventi di prevenzione o trattamenti riabilitativi specifici».
di Paola Trombetta
UNO STUDIO SUL CORRETTO APPORTO NUTRIZIONALE
L’Unità di Nutrizione del Centro Parkinson-ICP di Milano ha presentato i dati preliminari dello studio sulle abitudini alimentari dei malati di Parkinson, al fine di fornire corrette indicazioni nutrizionali ai pazienti in terapia con Levodopa. Lo scopo dello studio è quello di descrivere le abitudini alimentari e lo stile di vita di un ampio campione di pazienti, confrontato con i controlli su persone sane associate per sesso, età e provenienza. Lo studio ha utilizzato il software gratuito online dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano (OGP) per analizzare 600 pazienti Parkinson, provenienti da diverse Regioni italiane, confrontato con 600 persone sane (www.educazionenutrizionale.granapadano.it/).
Dallo studio è emerso che i pazienti hanno un’assunzione di calorie significativamente maggiore (di circa 400 kcal) rispetto ai controlli sulle persone sane, nonostante abbiano minore peso, minore Indice di massa corporea (26,1 Kgm2 rispetto 28,5 Kgm2) e uno stile di vita più sedentario. Vi è inoltre un’assunzione significativamente maggiore di tutti i macronutrienti (ad esempio, per le proteine, 1,2 g/kg di peso verso 1 g/kg di peso) e i micronutrienti, ad eccezione di vitamina B12, calcio e vitamina D. L’assunzione di proteine correla con un aumentato fabbisogno di Levodopa, indipendentemente dalla durata di malattia. Nei pazienti Parkinson si osserva una prevalenza di stipsi del 47% rispetto al 7% dei controlli sulle persone sane e un’idratazione inferiore rispetto ai controlli. «La dieta a controllato apporto proteico e la regolarizzazione dell’alvo sono due punti chiave nell’ottimizzazione del trattamento con Levodopa», ha dichiarato la dottoressa Michela Barichella, responsabile dell’Unità di Dietetica e Nutrizione Clinica del Centro Parkinson di Milano. «E’ infatti la prima volta che si trova una correlazione tra quantità di farmaco utilizzata, stipsi e le proteine introdotte. Bisogna consigliare di non superare 0,8 grammi di proteine/kg peso ideale e di bere 2 litri di acqua al giorno. Questi obiettivi diventano un punto cardine nell’approccio dietologico della patologia». (P.T.)
LE 10 REGOLE PER I PAZIENTI IN TERAPIA CON LEVODOPA
1. Assumere la Levodopa a stomaco vuoto, almeno 30 minuti prima del pasto
2. Spostare le proteine (carne, pesce, formaggio, affettati, legumi, uova) nel pasto serale
3. Assumere un pranzo vegetariano composto da primo piatto asciutto e verdura
4. I legumi sono una fonte proteica da assumere alla sera
5. Pasti piccoli e frequenti, facilitano lo svuotamento dello stomaco
6. Preferire spuntini freschi e morbidi per evitare la disfagia
7. Bere tanta acqua durante il giorno, almeno 2 litri, possibilmente ricca di calcio
8. Pesarsi regolarmente una volta a settimana
9. Fare fisioterapia quotidiana
10. Camminare ed esporsi al sole almeno 20 minuti al giorno