Una donna su due, nell’arco di 15 anni, sarà in sovrappeso, mentre il 15% diventerà obesa. Sono i dati allarmanti dell’OMS presentati in occasione del Convegno che si è svolto al Padiglione dell’Unione Europea a EXPO Milano, promosso da European Association for the Study of Obesity (EASO), Società Italiana dell’Obesità (SIO) e Centro per lo Studio e la Ricerca sull’Obesità (CSRO) dell’Università degli Studi di Milano. Nell’occasione è stata presentata l’EASO Milan Declaration, firmata dai rappresentanti di 32 società scientifiche internazionali e dalla Federazione mondiale (World Obesity Federation), per riconoscere e trattare l’obesità, vera e propria epidemia in tutte le nazioni. «Chiediamo che venga riconosciuta l’obesità come malattia sociale e che le persone obese non vengano discriminate come accade spesso, soprattutto nei luoghi di lavoro», ha puntualizzato Angela Ferracci, presidente del Comitato per i diritti degli obesi (CIDO). «Oggi purtroppo non tutte le persone con questa patologia vengono curate nei centri specializzati e non tutte le città offrono questi centri di cura. Non basta evitare determinati cibi o fare movimento: nella maggior parte dei casi è necessario uno specifico percorso riabilitativo, con particolari esami e terapie personalizzate».
Il quadro già delineato al recente Congresso europeo sull’obesità (ECO) è preoccupante: se il trend attuale non dovesse mutare, entro il 2030 in quasi tutti i Paesi europei si assisterà a un sostanziale aumento dell’incidenza di obesità. «Solo nel nostro Paese il 10 per cento della popolazione è obesa e il 40 per cento in sovrappeso, ma basta guardare oltreoceano per rendersi conto di che cosa ci può attendere», mette in guardia Paolo Sbraccia, presidente SIO. «La stessa OMS prevede che in Italia, entro 15 anni, le donne sovrappeso saranno una su 2 e gli uomini il 70%, mentre l’obesità raggiungerà il 15% tra le donne e il 20% tra gli uomini. È chiaro che la gestione del peso deve giocare un ruolo di primo piano nella riduzione delle malattie e della mortalità delle popolazioni in Europa e in tutto il mondo. Per questo abbiamo voluto presentare un documento, Milan Declaration, al quale hanno aderito tutte le associazioni di persone malate di obesità, che spinge al riconoscimento di malattia sociale, proponendo soluzioni concrete per combatterla».
«L’obesità è causa delle maggiori patologie cronico-degenerative», aggiunge Michele Carruba, past president SIO e Direttore CSRO. «È stato stimato che ridurre di 1 punto percentuale il numero di persone obese può evitare da 1 a 3 milioni di casi di tumore, malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione tra i cittadini europei; se questa riduzione fosse del 5 per cento, i casi evitati sarebbero tra i 2 e i 9 milioni. La riduzione della prevalenza di obesità in Italia può dunque comportare enormi risparmi per il sistema sanitario che superano di 3 volte l’investimento effettuato».
Firmata dai massimi esponenti delle società scientifiche per l’obesità delle 32 nazioni che formano l’EASO, la Milan Declaration, che si inserisce a pieno titolo nei propositi della Carta di Milano proposta da EXPO, puntualizza le seguenti direttive:
- Riconoscere che gli individui e le comunità colpite da obesità richiedono comprensione, rispetto e supporto;
- Riconoscere che il sovrappeso e l’obesità rappresentano le principali cause di malattie che affliggono dal punto di vista sociale ed economico gli stati europei;
- Riconoscere che l’obesità, oltre a essere in alcuni casi una malattia disabilitante di per sé, rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di malattie non trasmissibili;
- Riconoscere che dando la priorità alla prevenzione e cura dell’obesità, i sistemi sanitari possono efficacemente ridurre i costi causati dalle malattie non trasmissibili, in particolar modo se l’intervento sulla malattia avviene precocemente;
- Adottare e promuovere un approccio multidisciplinare per identificare e migliorare le soluzioni pratiche per bloccare l’obesità;
- Rendere l’obesità una priorità nazionale tramite lo sviluppo, il supporto e il miglioramento delle strategie per combatterla. Queste strategie devono dare la precedenza all’educazione scientifica a studenti e professionisti, e alle campagne di informazione pubblica;
- Rendere prioritaria l’identificazione di bisogni non soddisfatti nella ricerca sull’obesità, nella cura e nell’educazione;
- Supportare la ricerca nazionale ed europea volta allo sviluppo di nuove ed efficaci strategie di prevenzione e gestione della malattia.
Il documento contiene anche una presa di posizione del Patient Council dell’EASO, il comitato che riunisce le associazioni europee di pazienti. Il Council dichiara: “L’obesità è un problema multidisciplinare in una società in rapida evoluzione. Gli individui sono vulnerabili ai cambiamenti che avvengono nella produzione alimentare, nella preparazione dei cibi, nel marketing e negli stili di vita. Molti di questi cambiamenti sono collegati all’obesità. Ci si deve seriamente chiedere se l’obesità in quanto tale sia una malattia o non piuttosto il sintomo di una società malata. Per questo dovremmo cercare di agire per cambiare la società e non solo gli individui. Oggi purtroppo le colpe ricadono prevalentemente sulla persona obesa. È necessario far comprendere che la responsabilità deve coinvolgere anche scienziati, medici, manager e legislatori in uno sforzo congiunto”.
Per scaricare il documento 2015 Milan Declaration:
http://easo.org/wp-content/uploads/2015/06/EASOMilanDeclaration2015.pdf
di Paola Trombetta