Crescono i fumatori in Italia: il 22% della popolazione “ama” le sigarette. Lo attestano, con preoccupazione, gli ultimi dati del Rapporto sul Fumo sviluppato da Doxa per conto dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Sarebbero oltre 11 milioni i dipendenti dalle “bionde”, di cui più di 5mila donne. Un quadro reso più preoccupante dal fatto che cedono alla tentazione della sigaretta il 20% di italiani con meno di 24 anni: oltre il 17% delle donne – pari a circa 496 mila giovanissime tra i 15 e i 24 anni – contro poco più del 22% dei maschi, 670 mila della stessa fascia di età. Ma il problema non si limita al numero di fumatori, perché questi portano con sé anche il rischio di una maggiore incidenza di malattie: tutte più o meno gravi e importanti e a carico principalmente dell’apparato respiratorio. Le probabilità di sviluppare una patologia in questo distretto, secondo i dati della Sorveglianza PASSI pubblicati nella Relazione sullo Stato Sanitario del Paese, edito dal Ministero della Salute, salgono infatti dal 5,8% dei non fumatori, al 9,1% dei fumatori fino al 10% fra coloro che hanno smesso l’abitudine al tabacco. Vale a dire che fumare o avere fatto uso e consumo di sigarette negli anni immediatamente precedenti, raddoppia la possibilità di incorrere in problemi gravi, anche non respiratori. Tanto che sono almeno nove le patologie imputabili al tabagismo o per le quali esso costituisce un significativo fattore di rischio: insufficienza cardiaca e respiratoria, aterosclerosi coronarica, polmoniti, vasculopatie cerebrali acute, infarto del miocardio, malattie polmonari croniche ostruttive o altre malattie delle vie respiratorie superiori, tumori maligni dei bronchi e dei polmoni. «Se degli 11 milioni di fumatori italiani – dichiara Carlo La Vecchia, professore ordinario di Epidemiologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università di Milano – solo quelli ad alto rischio per malattie di cuore e polmonare, quindi 2 milioni, facessero ricorso a terapie non mediche accompagnate da supporti farmacologici per smettere di fumare, il vantaggio sarebbe enorme». Perché se occorre aspettare 5-15 anni per vedere i vantaggi terapeutici di queste misure preventive sul tumore del polmone, basta un mese per osservare i benefici sulla riduzione del rischio di infarto del miocardio, fumo-correlato. E nella direzione di aiuto alla disassuefazione, la scienza e la tecnologia stanno mettendo a punto mezzi (pare) efficaci, con una particolare attenzione ai fumatori della popolazione di mezza età, che ha fumato moltissimo negli anni ’70, e che dunque rappresenta la classe più a rischio. Ma anche alle donne con l’intento di diminuire l’incidenza di tumore del polmone, sempre più in aumento. Si stima di potere raggiungere e disincentivare questa popolazione di mezzo e femminile con un counseling, attuato grazie al coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale (MMG), che ha dato ottimi risultati a Milano, attestati da due importanti progetti di cui il più ampio nel periodo 2011-2013 che ha coinvolto 65.529 fumatori e 784 professionisti. «I risultati ottenuti – ha precisato il dottor Pierluigi Diano, pneumologo all’ASL Città di Milano – confermano tassi di cessazione nei primi tre mesi in oltre il 7% dei casi e per un periodo superiore a tre mesi in oltre il 10,83% dei casi. Tuttavia un importante limite alla disincentivazione resta l’elevato costo di alcuni trattamenti farmacologici». E su questo fronte, anche in Italia, è in arrivo una nuova opportunità: un principio attivo, la citisina, derivante da una pianta naturale che agisce come sostanza nicotinsimile: riduce cioè il tempo di interazione tra nicotina e i recettori corrispondenti, portata a una graduale diminuzione e quindi a una interruzione della dipendenza fisica e psichica da nicotina, tipica fumatori. La molecola non è nuova; è stata infatti scoperta da ricercatori dell’Europa dell’Est negli anni ’60, ma solo ora si stanno cominciando a cogliere i risultati, specie in quest’area geografica e in Polonia dove il farmaco è già in uso e ha registrato negli ultimi due anni un calo di 500 mila fumatori e dei tumori polmonari. Oltre all’efficacia, la citisina offre anche altri vantaggi: l’alta tollerabilità (effetti collaterali di tipo gastrointestinali sono possibili solo nella fase iniziale, stati di ansia, cambiamento del metabolismo quindi un possibile aumento dell’appetito e tendenza a ingrassare, aumento del muco e problemi respiratori), basso costo (un ciclo completo di terapia “galenica” (il farmaco va infatti preparato in farmacia) ha un costo pari a 3 pacchetti di sigarette contro i 300-400 euro delle attuali terapie) e una durata di trattamento più contenuta (8 settimane contro le 12 degli altri farmaci) e possibilità di essere ripreso ogni qualvolta necessario. «Questi buoni risultati – commenta il professor Witold Zatowski che utilizza il farmaco in Polonia – e le caratteristiche del principio attivo inducono a continuare nell’azione di sensibilizzazione perché i fumatori restano ancora tanti».
Soprattutto fra i 24 e i 35 anni che rappresentano l’altra fetta di popolazione importante da disincentivare. È infatti indirizzata a loro la quinta edizione della campagna Gli ex fumatori sono inarrestabili (Ex smokers are unstoppable), lanciata dall’Unione Europea, che sfrutta per il proprio obiettivo un “personal trainer” digitale. Ovvero una “app”, i-Coach, gratuita, accessibile a tutti, disponibile in 23 lingue dei 28 paesi membri UE, che pare in grado di dissuadere dal fumo nell’arco di qualche mese. Almeno è quanto accaduto a un fumatore su 3 tra i 431mila utenti registrati all’edizione della precedente campagna, con risultati positivi anche tra gli italiani. Questo perché i-Coach considera le intenzioni dei giovani fumatori (www.exsmokers.eu/uk-en/index.html) dividendoli in cinque fasce secondo le motivazioni, pianificando per ciascuna categoria un programma di obiettivi a tappe, traguardi intermedi e facilmente raggiungibili al fine di non perdere la speranza di trasformare ciascun fumatore in un ex. Gli obiettivi raggiunti sono anche premiati con messaggi di incoraggiamento che incentivano a passare alla fase successiva del programma e che possono essere condivisi con la comunità: insomma uno stimolo anche per gli altri fumatori a fare altrettanto in uno sforzo “global e social”.
Ma verso i giovani occorre fare di più: «Bisogna entrare nelle scuole non con la semplice informazione, specie se trasmessa da esperti e che potrebbe sortire effetti contrari – spiega la dottoressa Roberta Pacifici, direttore dell’Osservatorio Fumo, Alcool e Droga (OSSFAD) dell’Istituto Superiore di Sanità in occasione di un incontro promosso dalla LILT (Lega Italiana Lotta ai tumori) per la Giornata Mondiale senza Tabacco del 31 maggio – ma con programmi combinati che agiscano sulla personalità dei giovani, sulle loro abilità e che forniscano strumenti utili a potenziare la loro capacità di resistere alla tentazione della sigaretta». Una sperimentazione dell’OSSFAD ha infatti dimostrato, nell’arco di nove mesi, un decremento più che dimezzato di fumatori tra i giovani informati degli effetti del tabacco in maniera “educazionale”, rispetto a coloro che avevano partecipato a incontri con l’esperto, in cui il tasso di fumatori era addirittura aumentato. Poi occorrerebbe aumentare le tasse e i prezzi delle sigarette, identificato dall’OMS come mezzo più efficace per disincentivare al fumo; estendere ulteriormente i divieti di fumo fino a quello di vendita in casi estremi e pensare a programmi educazionali “free smoke” anche nelle famiglie. Con un unico scopo: disincentivare i fumatori e ridurre l’incidenza di tumore polmonare. Un’opinione globalmente condivisa, tanto che si stanno studiando nuove metodiche di prevenzione. Prima fra tutti un test sul sangue in grado di identificare i “veri” fumatori a rischio di sviluppare un tumore, con due anni di anticipo rispetto alla TAC spirale, che rappresenta oggi lo strumento standard per scovare i tumori più aggressivi e a prognosi peggiore. Questo esame sul sangue lo sta mettendo a punto l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, con uno studio dedicato (bioMILD), rivolto a uomini e donne di età superiore ai 50 anni, forti fumatori, che consumano un pacchetto di sigarette al giorno da almeno 20 anni o due da 10 anni o che abbiano smesso di fumare da meno un decennio. L’adesione al progetto è volontaria e completamente gratuita: basta compilare un modulo on line oppure inviare una mail all’indirizzo: info@biomild.org o ancora telefonare al numero verde 800 213 601 o al fisso 02 23902913. «Ricerchiamo nel sangue – spiega il dottor Mattia Boeri, ricercatore all’INT – piccoli frammenti di molecole (microRna), in particolare una ventina, che sono state identificate come “firma molecolare” del tumore al polmone». Questo test sul sangue potrebbe migliorare l’accuratezza diagnostica alla malattia. «La TAC spirale – aggiunge la dottoressa Giuseppina Calareso, medico specialista in Radiologia dell’INT – consente il riconoscimento di noduli polmonari, ma non ha la capacità di differenziare tra noduli polmonari benigni o maligni con il rischio di incorrere in frequenti falsi positivi. Ovvero lesioni sospette, anche più di una e altamente probabili in fumatori con più di 50 anni, ma di cui solo una su 100 potrebbe essere davvero un futuro tumore meritevole di trattamento». E il test molecolare sul sangue, in questa azione di discriminazione, è di grande aiuto come dimostra lo studio condotto dall’Unità di Genomica Tumorale, dall’Unità di Chirurgia Toracica e Radiologia dell’INT, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology nel marzo 2014 secondo cui la combinazione dei due esami – Tac ed esame del sangue – comporta una riduzione di 5 volte del tasso di falsi positivi, passati dal 19,4% al 3,7%. Questo significa non incorrere in inutili sovra trattamenti: un risultato da non sottovalutare non soltanto in termini di costi, ma soprattutto di qualità di vita dei pazienti.
di Francesca Morelli
“NON FARE AUTOGOL”: CONTINUA LA CAMPAGNA NELLE SCUOLE
Si è svolta a Milano, il 20 maggio scorso, presso l’Istituto “Beccaria”, la 14a tappa della quinta edizione della campagna educazionale “Non fare autogol” dedicata ai giovani delle scuole di secondo grado, promossa da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e sostenuta da Presidenza del Consiglio, CONI, Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana). Un’iniziativa che è una necessità perché in Lombardia, più che altrove, i giovanissimi fumano: lo fa l’1% degli 11enni (contro l’1% della media nazionale), il 4% dei 13enni (contro l’8% della media nazionale) e ben il 22% dei 15enni (contro il 19% del resto d’Italia). La campagna gode di un testimonial di eccezione: le 20 squadre del campionato di calcio di Serie A. L’iniziativa si qualifica come un vero e proprio “Tour della prevenzione” itinerante in 15 città con, in più, un media partner speciale. Infatti tutti gli incontri tra giovani e calciatori, interni agli Istituti, verranno ripresi da Sky Sport e mandati in onda in programmi dedicati e sul sito www.skysporthd.it. Ancora “Non fare autogol” può contare su un supporto digital: pagine Fb (www.facebook.com/NonfareAutogol) e Twitter (twitter.com/NonFareAutogol) e il sito www.nonfareautogol.it, dove è possibile scaricare l’opuscolo informativo del progetto e partecipare al “Quiz della salute”, rispondendo alle 21 domande sui 7 autogol al benessere, cioè i comportamenti dannosi più diffusi tra i giovani. In occasione di ogni tappa, tra i ragazzi dell’Istituto selezionato che hanno totalizzato il miglior punteggio, verrà estratto il vincitore di un tablet, premiato direttamente da un calciatore, mentre tra tutti gli studenti d’Italia che hanno risposto al “Quiz della salute” sarà sorteggiato, al termine della campagna itinerante, il vincitore di un premio finale.
Perché questa iniziativa? «Vogliamo far capire che la vera sfida contro il cancro – ha sottolineato la dottoressa Gabriella Farina, coordinatore regionale AIOM – inizia da giovani: l’importanza di un corretto stile di vita, fin da ragazzi, è ampiamente dimostrata nella prevenzione oncologica. Il 40% dei decessi per tumore, infatti, è causato da fattori di rischio potenzialmente modificabili». E i dati parlano chiaro: nel 2014, in Italia, si sono registrati 365.500 nuovi casi di tumori (contro 366.000 nel 2013) con percentuali di guarigione in miglioramento: 63% di donne e 57% di uomini vivi a cinque anni dalla diagnosi. Di cui, parte del merito, è da ricondurre alla più alta adesione alle campagne di screening, alla maggiore efficacia delle terapie e ai progetti di sensibilizzazione. Diciamolo anche ai giovani. (F. M.)