IN ARRIVO TERAPIE MIRATE PER IL TUMORE ALL’OVAIO

«Tutto è iniziato due anni fa con problemi respiratori, pancia gonfia, aumento di peso e inappetenza. Mai più avrei pensato di avere un tumore all’ovaio, che è stato diagnosticato dopo una Tac fatta ai polmoni, in seguito a un ricovero urgente perché non riuscivo più a respirare. In realtà avevo già un’ascite con travaso di liquidi che dall’addome avevano raggiunto i polmoni». Così Adele Leone, neurologa all’Ospedale Villa San Giuseppe di Bisceglie, ricorda la diagnosi della sua malattia, il tumore all’ovaio, che purtroppo non dà segni se non quando è già a uno stadio avanzato. «Nel giro di 15 giorni sono stata operata all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e subito dopo, sei cicli di chemioterapia. Da allora la mia vita è completamente cambiata. E non solo perché ho cessato il mio lavoro, scegliendo di fare libera professione che mi lascia più tempo libero, ma soprattutto perché ho voluto dedicarmi alle donne che si trovano nelle mie stesse condizioni, con una diagnosi che ti sconvolge la vita. Ho fondato, con altre donne, l’associazione ACTO BARI, Alleanza Contro il Tumore Ovarico, e ne sono presidente: ha come scopo quello di informare e sensibilizzare su questa patologia e di essere accanto alle donne con tumore all’ovaio. Stiamo cercando di far conoscere questo tumore, subdolo e insidioso, che non dà sintomi, se non quando è già avanzato. Non esiste prevenzione, ma è importante non sottovalutare alcuni segnali (fitte addominali e gonfiore persistente, necessità di urinare spesso…) che possono migliorare la diagnosi precoce».

In Italia si registrano 6 mila nuovi casi l’anno, con più di 3600 morti. E questo perché la malattia viene diagnosticata quando è già in fase avanzata, con una sopravvivenza del 40% a cinque anni, tra le più basse nei tumori ginecologici. Sono in arrivo promettenti novità che potrebbero migliorare la prognosi e la sopravvivenza.

La prima buona notizia riguarda il test genetico BRCA 1 e 2, di cui tanto si è parlato dopo il caso di Angelina Jolie, portatrice di questa mutazione che predispone al tumore a seno e all’ovaio. Le linee guida americane e canadesi hanno esteso questo test (che costa circa 3 mila euro) a tutte le donne che hanno un tumore all’ovaio, non solo a quelle con familiarità o con diagnosi in età giovanile. E’ stato infatti dimostrato che sino al 44% delle donne portatrici di mutazione non presentano una storia familiare positiva.

I vantaggi? «Si è visto che queste mutazioni genetiche sono presenti nel 15% delle donne con carcinoma ovarico», puntualizza la professoressa Nicoletta Colombo, direttore del Programma di Ginecologia all’IEO di Milano e professore associato all’Università Bicocca. «In particolare si trovano queste mutazioni nei tumori di tipo sieroso di alto grado (20-25%) che sono i più responsivi alla chemioterapia, ma hanno anche una prognosi peggiore L’individuazione di queste alterazioni genetiche consente di ottimizzare la terapia».

Arriverà presto anche da noi una nuova classe di farmaci (inibitori di PARP) che sono particolarmente efficaci nei tumori con mutazioni BRCA1 e 2. Già approvati dall’EMA, dovrebbero ricevere la rimborsabilità da parte dell’AIFA nei prossimi mesi e quindi essere disponibili anche in Italia. «Si tratta di farmaci in grado di bloccare il meccanismo di riparazione del Dna delle cellule tumorali, che sono così indotte alla morte. Sono terapie orali, con effetti collaterali differenti dalla chemioterapia: hanno dimostrato di poter prolungare la sopravvivenza libera da malattia da 4 a 11 mesi, se usati come terapia di mantenimento in pazienti con recidiva di tumore e rispondenti alla chemioterapia con platino. Ci sono comunque pazienti che stanno utilizzando questo farmaco per un periodo molto lungo, anche oltre 5 anni, in via sperimentale, senza aver avuto recidive di malattia. Si tratta di una terapia rivoluzionaria che potrebbe essere utilizzata nel 50% delle pazienti e rendere cronica una malattia come il tumore all’ovaio».

Novità nella prevenzione. La decisione di Angelina Jolie di farsi asportare le ovaie sane per evitare di avere un tumore, sta prendendo piede in molte donne. «In Italia non è ancora una profilassi molto diffusa», fa notare la professoressa Colombo. «La percentuale di donne che decide per l’asportazione delle ovaie dopo i 40 anni e in presenza di mutazione BRCA 1 o 2 sta aumentando in relazione a una maggiore diffusione del test. Con questo intervento si riduce il rischio di sviluppare un tumore fino al 90%. Un altro sistema “preventivo” per evitare il tumore è l’uso della pillola contraccettiva per almeno 5 anni: riduce del 50% il rischio».

Per far conoscere questo tumore nella Giornata della prevenzione (8 maggio) si svolgono incontri e dibattiti, tra i quali un convegno scientifico all’Istituto Mario Negri di Milano e un congresso internazionale al Policlinico Gemelli di Roma, dove verrà inaugurato un nuovo centro di Ginecologia oncologica dedicato alle pazienti con tumore ovarico. Per info: www.ovariancancerday.org e www.actoonlus.it

di Paola Trombetta

 

 

TEST PER IL GENE BRCA

 

Nel 15% dei tumori all’ovaio si riscontra la mutazione dei geni BRCA1 e 2. Come scoprire questa mutazione? «Esistono appositi test genetici, praticati in molti centri specializzati, ma i tempi per avere il referto possono raggiungere anche diversi mesi, un tempo troppo lungo per chi ha già un tumore», fa notare il professor Giovanni Scambia, direttore del Dipartimento “Donna e bambino” del Policlinico Gemelli di Roma. Per questo è stata messa a punto una nuova “procedura diagnostica”, sviluppata al Gemelli, con il supporto di AstraZeneca, che permette di avere risultati in tempi brevi (alcune settimane), a vantaggio di una diagnosi precoce che consente di iniziare subito una terapia mirata. «Tutte le strutture specializzate nel tumore ovarico possono richiedere la realizzazione di questo test grazie a una speciale piattaforma on-line, da cui gli specialisti visionano in tempo reale i risultati – precisa il professor Scambia –. Circa il 20% delle donne con tumore all’ovaio presenta queste mutazioni del gene BRCA. Oggi, grazie a farmaci target mirati, il tumore all’ovaio, soprattutto quello con alterazione dei geni, guarisce nell’80%, se individuato ai primissimi stadi».

 

(P.T.)

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