«Il cuore di suo figlio è incompatibile con la vita». Fu il verdetto dei medici a pochi giorni dalla nascita di Matteo. Fino a poche settimane prima mamma Francesca ascoltava il battito del cuore di suo figlio che sembrava regolare. A dieci giorni dalla nascita iniziano i primi problemi: il cuore rallenta e Matteo sta male, vomita e non ha neppure la forza di mangiare. Viene ricoverato per una presunta gastroenterite, ma ben presto, dopo un ecocardiografia, i medici capiscono che il problema è cardiaco: il piccolo viene trasferito d’urgenza dall’Ospedale di Viterbo al Bambino Gesù di Roma. E qui inizia una lunga degenza di 23 mesi in terapia intensiva. A Matteo viene diagnosticata una cardiomiopatia dilatativa, associata a una malattia rarissima che provoca calcificazione delle arterie che si assottigliano sempre più. Il sangue non riesce a fluire e il cuore non pompa. Matteo viene messo in lista d’attesa per il trapianto di cuore, ma i tempi d’attesa sono troppo lunghi e il piccolo viene collegato a un cuore artificiale esterno, in circolazione extra-corporea. In attesa di preparare l’impianto del più piccolo cuore artificiale (Infant Jarvik), eseguito dall’équipe cardiochirurgia del Bambino Gesù per la prima volta al mondo.
«Si tratta del più piccolo cuore artificiale che esista in assoluto, del peso di soli 11 grammi, che viene impiantato nei bambini sotto i 15 chilogrammi», spiega il professor Antonio Amodeo, responsabile del Dipartimento Medico Chirurgico di Cardiologia Pediatrica e Assistenza Cardiorespiratoria. «Finora sono stati avviati alcuni trial clinici di sperimentazione in 18 Centri americani di cardiochirurgia e pochi altri in Europa. L’Ospedale Bambino Gesù ha da poco avviato il progetto “Un cuore nuovo”, con il contributo di Conad che ha stanziato 860 mila euro per l’acquisto di due nuovi cuori artificiali, del peso di 11 e 40 grammi. Si tratta di apparecchi molti piccoli, di ridotta invasività che vengono posizionati interamente all’interno del torace, riducendo il rischio di infezioni. Questi nuovi modelli permetteranno ai piccoli pazienti di essere dimessi dall’ospedale e attendere il trapianto nel loro ambiente familiare».
Purtroppo non è stato così per il piccolo Matteo che ha avuto un arresto cardiaco 15 giorni dopo l’impianto del cuore artificiale. E in quella circostanza anche il cuore di mamma Francesca ha subito un durissimo colpo. E dai suoi ricordi non si potrà mai cancellare la corsa dei medici per salvare il suo bambino, ripristinando d’urgenza il cuore artificiale esterno.
Ma dal buio profondo in cui Francesca stava precipitando, è apparsa una luce: un altro bimbo era diventato un angelo e aveva donato il suo piccolo cuore a Matteo. «Ho pianto tanto per il bimbo che non c’era più», ricorda mamma Francesca, «ma ho pianto anche di felicità perché avevo intravisto una speranza per Matteo». Tredici ore di intervento: l’ansia, l’angoscia, la paura e finalmente la gioia! Dopo 23 mesi di degenza in ospedale, dove i medici e gli infermieri, assieme a mamma Francesca, sono stati la sua famiglia, Matteo è ritornato a casa! Oggi ha quattro anni e il suo cuore batte regolarmente. Va alla scuola materna, anche se con qualche difficoltà di parola, ma sta facendo esercizi di logopedia. E quando ha pronunciato per la prima volta la parola “mamma”. Francesca ha pianto di gioia, e in un istante ha dimenticato gli anni di sofferenze e angosce che ha vissuto.
di Paola Trombetta