PERCHE’ HO DECISO DI DONARE I MIEI GAMETI

«La principale motivazione che mi ha convinto a donare gli ovociti è stata quella di dare la possibilità ad altre donne di provare la gioia della maternità, che io stessa ho vissuto alla nascita dei miei due gemellini, dopo un percorso di fecondazione assistita». Così Anna, 32 anni, siciliana, spiega i motivi per cui ha deciso di donare 6 dei suoi ovociti congelati a donne sterili. E lo ha fatto al Centro Hera di Catania, supportata dall’Associazione italiana per la donazione altruistica e gratuita di gameti, nata da pochi mesi in Italia. «Ho patito molto per le procedure di stimolazione ovarica, anche perché soffrivo di ovaio policistico e sono stata ricoverata diverse volte in ospedale per sottopormi all’iter di prelievo degli ovociti e all’impianto degli embrioni. Ma finalmente la gravidanza e la nascita dei miei due gemellini: non ci sono parole per descrivere la mia gioia! E ora che il mio progetto di diventare mamma si è finalmente concretizzato, perché non dare la possibilità a un’altra donna di realizzare questo bellissimo sogno? ».

Come Anna potrebbero essere molte le donne che sono disposte a donare gli ovociti congelati in sovrannumero ad altre donne, desiderose di procreare, ma sterili. Nel nostro Paese però questa scelta potrebbe venire ostacolata da ritardi legislativi e procedure burocratiche che rendono sempre più difficoltosa la donazione dei gameti. Non da ultimo il recente Decreto Stato-Regioni che ha posto un ulteriore paletto all’avvio della tanto sospirata fecondazione eterologa. Dopo aver ribadito i punti fermi, già codificati dalle Linee-guida delle Società scientifiche, che riguardano il limite di 10 donazioni, l’età dei donatori (18 e 35 per le donne e 18 e 40 per gli uomini), sono stati inclusi una serie di esami, non solo per stabilire la compatibilità fenotipica dei gameti, già approvata dalle linee-guida, ma anche per escludere eventuali malattie infettive nei donatori, come il tampone vaginale prima del prelievo degli ovociti. Un vincolo, questo, che non tutti i ginecologi ritengono indispensabile e soprattutto che impedisce l’utilizzo di ovociti già congelati da tempo, non potendo oggi risalire alle donne che un tempo li hanno congelati.

«Sì, è un ulteriore ostacolo all’avvio della fecondazione eterologa nel nostro Paese e penalizza molto la possibilità di utilizzare ovociti congelati da tempo», ha commentato Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità (SIFES), in occasione del Congresso promosso da Tecnobios Procreazione a Roma. «Innanzitutto perché non possiamo risalire alle condizioni della donna all’epoca della conservazione dei propri ovociti e poi, francamente, non si comprende il perché di questo test, in quanto patologie come le infezioni genitali (Clamidia, Micoplasma…) non intaccano gli ovociti. Personalmente non condivido questo ulteriore esame, come non sono d’accordo sul limite della donazione di gameti maschili solo a quegli uomini che hanno una produzione di almeno 75 milioni di spermatozoi, considerando che la media è al di sotto dei 50 milioni. A mio parere queste ulteriori limitazioni sono una scusa per ritardare l’avvio della fecondazione eterologa in Italia e costringeranno ancora le nostre coppie a rivolgersi ai centri stranieri, come è avvenuto in questi anni in cui la legge ’40 vietava l’eterologa. All’estero c’è una maggior disponibilità di gameti congelati, perché le donatrici sono più motivate, in quanto ricevono veri e propri “rimborsi”, che vanno da 900 euro in Spagna, ai compensi di 3.500-4.000 dollari negli Stati Uniti. Da noi purtroppo sarà molto difficile che una donna giovane si sottoponga volontariamente a una donazione di ovociti che richiede un percorso medico complesso e laborioso, a fronte di un semplice rimborso per le giornate lavorative perse, che però avviene solo nei casi di dipendenti pubblici».

«Occorre motivare le donne alla donazione dei gameti anche in Italia», replica Antonino Guglielmino, responsabile del Centro di medicina della riproduzione/Hera di Catania. «Dalla nostra esperienza, le più convinte sono quelle che hanno già concluso il loro progetto di genitorialità e hanno avuto dei figli, congelando ovociti in sovrannumero che sono disposte a donare ad altre donne, come è stato il caso di Anna, con la cosiddetta condivisione di gameti (egg-sharing). Oppure proponiamo lo scambio di gameti tra coppie che si ritrovano insieme nel percorso di fecondazione assistita: se una coppia riceve ovociti da un’altra coppia, ed è quindi sensibilizzata alla problematica della donazione, proponiamo al partner maschile, qualora fosse fertile, di diventare a sua volta donatore. Oppure le coppie stesse tendono a sensibilizzare i rispettivi familiari a diventare donatori, mantenendo l’anonimato. In più, con l’Associazione italiana per la donazione altruistica e gratuita del gameti (www.aidagg.it) stiamo proponendo anche dei “riconoscimenti” alle donne che donano gameti. Ad esempio, non facciamo pagare il congelamento degli ovociti alle donne in età fertile che congelano i propri ovociti come forma di autoconservazione, per prevenire un possibile sterilità futura legata all’età e contemporaneamente dichiarano di essere disposte a donare parte degli ovociti, donazione che utilizzeremo però solo quando la donatrice avrà completato il suo progetto genitoriale. Stiamo anche valutando la proposta di mettere a disposizione delle donne donatrici la possibilità di usufruire, in futuro, delle cellule staminali derivate dal cordone ombelicale dei figli che nasceranno dalle loro donazioni, utili nei casi di insorgenza di malattie curabili con queste cellule. Si tratta di riconoscimenti dovuti a chi ha il coraggio di attuare un gesto di generosità gratuita, che già sono stati adottati da alcuni Paesi europei, come l’Inghilterra che ha però 40 anni di pratica della fecondazione eterologa».

Un ulteriore punto di discussione è l’anonimato del donatore. Pare infatti che chi vuole la nuova legge sulla fecondazione eterologa in Italia ipotizzi anche la possibilità di modificare le attuali norme sull’anonimato. «Non dovrebbe però diventare un’imposizione», mette in guardia Laura Volpini, psicologa e presidente di AIDAGG. «Ci possono essere ragazzi desiderosi di conoscere i genitori biologici, ma non sempre questo desiderio può essere ricambiato. Chi fa una donazione gratuita non sempre vuole essere anche coinvolto affettivamente dalle conseguenze del suo gesto. Occorre distinguere l’affettività dalle implicazioni genetiche. Chi cresce e ama i propri figli è il “vero” genitore, non chi dona materiale genetico per concepirli. Analogo è il caso delle donazioni di organi, che rimane quasi sempre nell’anonimato. Per avere meglio il polso della situazione abbiamo deciso di sottoporre alle coppie che si rivolgono alla nostra associazione un questionario per sapere cosa pensano dell’anonimato. Una valutazione di cui dovrebbero tener conto anche a livello ministeriale…».

di Paola Trombetta

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