E’ in evidente crescita nei giovani e nelle donne, anche sotto i 55 anni. In Italia si verificano circa 200 mila casi di ictus all’anno e più di 900 mila persone hanno conseguenze invalidanti. Per sensibilizzare l’opinione pubblica, l’Associazione per la lotta all’Ictus Cerebrale promuove una serie di iniziative per tutto il mese di aprile, che è stato dedicato alla prevenzione (www.aliceitalia.org). Fumo, vita sedentaria, abitudini alimentari scorrette, sovrappeso, colesterolo e pressione alta sono tra i principali fattori di rischio. Ma il pericolo di avere un ictus può essere causato anche da traumi alla testa e al collo che, soprattutto nei giovani, possono interessare le arterie. Per non parlare delle sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, anfetamina, ecstasy) e del fumo che causano sbalzi di pressione molto pericolosi.
Perché una malattia come l’ictus è più pericolosa nelle donne e ha una mortalità doppia rispetto al tumore al seno? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Antonia Nucera, neurologa presso la Stroke Unit dell’Ospedale Sant’Andrea di La Spezia, responsabile per la ricerca di SAFE (Stroke Alliance for Europe- www.safestroke.eu) e rappresentante italiana della World Stroke Organization (www.world-stroke.org).
«Innanzitutto le donne vivono almeno 7-8 anni più degli uomini e dunque si ammalano di più. Ma sono meno assistite, perché magari sono vedove, vivono sole perché i figli sono lontani, e non hanno possibilità di essere seguite. Ed è questo un motivo per cui muoiono più degli uomini per questa malattia. Soprattutto dopo i 60 anni il brusco calo degli estrogeni e l’aumento della pressione arteriosa possono predisporre a questa patologia. Come pure l’aumento di peso e di grasso addominale, misurabile dalla circonferenza vita che non dovrebbe superare gli 80-88 cm. Dopo i 60 anni, inoltre, le donne soffrono più degli uomini di fibrillazione atriale, un’aritmia cardiaca che può facilitare l’insorgenza di ictus».
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una diminuzione dell’età di incidenza dell’ictus che colpisce sempre più donne giovani…
«Sta infatti aumentando l’incidenza di questa malattia sotto i 50 anni. Le donne più predisposte sono le fumatrici: il fumo ha effetti nocivi sulle pareti delle arterie, soprattutto nelle donne perché la nicotina viene metabolizzata più velocemente: si dice che nella donna una sigaretta provoca danni quanto cinque nell’uomo. Lo stesso vale per le sostanze stupefacenti (anfetamine, ecstasy, cocaina, eroina). Un alto rischio di ictus si registra nelle donne che assumono la pillola contraccettiva: aumentando i fattori della coagulazione del sangue, si incrementa il pericolo di trombi. Per questo è fondamentale che la donna, prima di assumere la pillola, verifichi i parametri della coagulazione. Anche la gravidanza potrebbe far emergere il problema, in quanto può determinare un improvviso aumento della pressione arteriosa (eclampsia gravidica) che, per questa ragione, deve sempre essere monitorizzata nei nove mesi e anche dopo. Di recente è stata dimostrata una correlazione tra traumi al collo e alla testa, da incidenti o manipolazioni violente, e aumento di ictus. I traumi infatti provocano uno stiramento delle arterie, il cui rivestimento interno si scolla e può dar origine a un trombo».
Quali sono i segnali premonitori o i veri e propri sintomi per riconoscere un ictus?
«I primi campanelli d’allarme potrebbero essere dolori al collo o alla testa o sintomi neurologici lievi come ridotta sensibilità alle braccia o alle gambe. I sintomi veri e propri sono la bocca che si storta, improvvisi disturbi della parola, perdita di sensibilità e di forze da un lato del corpo, mancanza di equilibrio, perdita della vista in un emicampo visivo».
Cosa fare in questi casi?
«E’ necessario chiamare subito il 118 e trasportare la persona in ospedale, possibilmente dove si trovano le Stroke Unit, strutture specializzate nella gestione dell’ictus. Dopo aver sottoposto il paziente a una TAC, per accertare che l’ictus non sia di natura emorragica, si procede con la terapia fibrinolitica (rTPA), ovvero con il farmaco attivatore tissutale ricombinante del plasminogeno, che è in grado di sciogliere il trombo. Prima si somministra questo farmaco e minori sono le probabilità di avere danni cerebrali e conseguente disabilità fisica. L’importante è non superare le 4/5 ore, periodo in cui i danni cerebrali rischiano di diventare permanenti».
E se il trombo non dovesse sciogliersi?
«Si ricorre, in questi casi, alla terapia endovascolare con un catetere che raggiunge le arterie cerebrali e meccanicamente elimina il trombo. Due recenti studi (Synthesis e Merci) hanno messo a confronto le due terapie, i cui risultati però si equivalgono. Ovviamente la terapia con il farmaco per endovena è molto più semplice e rapida da utilizzare».
Cosa fare quando l’ictus è causato dalla fibrillazione atriale?
«Si deve curare anche questa patologia, molto rischiosa per le possibili recidive. Purtroppo si tratta di un’aritmia spesso asintomatica che colpisce soprattutto le donne. Attenzione, dunque, anche a leggere palpitazioni o aritmie cardiache, soprattutto se sono accompagnate da astenia. L’utilizzo precoce di farmaci antiaritmici e anticoagulanti per la fibrillazione atriale potrebbe scongiurare il pericolo di un ictus!».
di Paola Trombetta