Restano ancora da chiarire le cause dell’insorgenza dell’epilessia, una malattia neurologica che si esprime in diverse forme, di origine genetica o traumatica (malformazioni, farmaci, interventi chirurgici o tumori), ma qualche passo in avanti è stato fatto. Una recente scoperta di alcuni ricercatori italiani del Centro di Genomica Traslazionale e Bioinformatica, coordinati dal professor Giorgio Casari, ordinario all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Istituto Gaslini di Genova, l’Ospedale Meyer di Firenze e l’Università La Sapienza di Roma, pubblicata di recente su Annals of Neurology, avrebbe individuato un gene (che provoca l’alterazione del recettore adrenergico alfa2B), responsabile del brusco aumento dell’attività elettrica delle cellule nervose del cervello (neuroni), particolarmente evidente in una forma di epilessia definita “mioclonica corticale”.
Nei bambini, l’epilessia resta ancora uno stigma che segue il piccolo dai primi anni di vita e per tutto il corso della sua esistenza. Ne sono colpiti, ogni anno, 250 bambini, soggetti a crisi improvvise, imprevedibili, ricorrenti (da meno di una all’anno a diverse al giorno) a cui si possono accompagnare anche la temporanea perdita di coscienza, l’alterazione sensoriale, i disturbi dell’umore o delle funzioni mentali e del movimento, secondo le aree cerebrali in cui gli attacchi compaiono. Nella maggior parte dei casi le crisi, quando si presentano, si esauriscono spontaneamente in 1 o 2 minuti, più di rado perdurano per più di 5 minuti. Un tempo lunghissimo, in cui si mettono a repentaglio lo sviluppo cognitivo e sociale del bambino, aumentando anche le probabilità di morbilità e mortalità. È in questi casi, in quello scarto di pochi minuti, che la tempestività fa la differenza e segna il futuro del bambino. «Se non adeguatamente trattate – spiega il Professor Bernardo Dalla Bernardina, direttore dell’Unità di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona – Policlinico G. B. Rossi – le crisi possono infatti evolvere nel cosiddetto “stato epilettico” e diventare particolarmente difficili da gestire».
La risposta efficace, vale a dire a un facile, rapido trattamento di emergenza con una modalità di somministrazione socialmente accettabile e alta tollerabilità, è arrivato anche in Italia: è il Midazolam, soluzione per mucosa orale – ed è questa la grande novità rispetto ai classici trattamenti per via rettale – disponibile in siringhe preriempite senza ago da posizionare in fondo alla bocca nello spazio fra guancia e gengiva, dotate di dosi specifiche per fasce d’età. «L’assorbimento del farmaco a livello oromucosale – aggiunge Federico Vigevano, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – permette un controllo tempestivo delle crisi, a cui si aggiunge la breve emivita della sostanza che contribuisce a evitare una sedazione prolungata. Una gestione efficace delle crisi convulsive riduce così la necessità di ricovero ospedaliero, che è invece necessario se la crisi si prolunga, con ricadute positive anche sul costo-efficacia per il Sistema Sanitario Nazionale». Ottime le evidenze emerse da studi clinici a confronto che hanno dimostrato pari o superiore efficacia del midazolam oromucosale rispetto al diazepam rettale, il farmaco attualmente e più frequentemente in uso.
Fondamentale nella gestione dell’epilessia è anche la stretta cooperazione in primo luogo con il pediatra. «E’ il primo referente – commenta Alberto Villani, direttore dell’Unità di pediatria Generale e Malattie Infettive, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – che ha un ruolo di formazione per la famiglia che assiste un bambino epilettico, a cui deve dare indicazioni sia sulle modalità assistenziali, ma anche indirizzando a uno dei 52 centri specialistici sul territorio dove poter fare una diagnosi».
Accanto al medico, però, anche genitori, caregiver e insegnanti devono essere messi nelle condizioni di poter somministrare in autonomia una cura, di saper fare e agire di fronte a un attacco improvviso. «L’intervento fondamentale, ma spesso difficile da attuare – precisa Rosa Cervellione, Presidente FIE (Federazione Italiana Epilessia) – è quello di prevenire la caduta. Se la persona è già a terra, è utile allontanare tutti gli oggetti con i quali possa farsi del male, posizionando sotto il capo qualcosa di morbido per evitare che batta la testa sul pavimento durante le convulsioni e lasciare che si muova liberamente. Terminata la fase convulsiva, occorre sistemare la persona sul fianco per consentire la fuoriuscita della saliva e una respirazione regolare, rispettando il sonno che sopraggiunge». Ancora più importante, però, è non commettere errori grossolani: non si devono somministrare cibi né bevande, che potrebbero causare soffocamento, né aprire la bocca o inserire oggetti per impedire il morso della lingua o il suo rovesciamento, né cercare di bloccare braccia e gambe.
C’è ancora molto da fare, da sapere, da conoscere per sensibilizzare all’epilessia: diffondere informazioni corrette e complete sulla malattia, lottare contro il pregiudizio e la discriminazione nei confronti delle persone che ne sono affette, sostenere la ricerca scientifica anche con iniziative di raccolta fondi, promuovere progetti di legge volti a migliorare la condizione sociale, assistenziale e l’accesso ai farmaci o a terapie antiepilettiche alternative a chi ne necessita, costituire una rete di associazioni sul territorio per assicurare in ogni momento interventi capillari e tempestivi sono tra i principali obiettivi.
Su tutti questi fronti, indispensabili per la migliore gestione della malattia, sono impegnate quotidianamente, al fianco di ogni ammalato, anche AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia Onlus: www.aice-epilessia.it), FIE (www.fiepilessie.it) e LICE (Lega Italiana contro l’Epilessia: www.lice.it).
di Francesca Morelli
Contro questa malattia scendono in campo gli sportivi
Un calendario per la ricerca e la lotta all’epilessia. È questa l’iniziativa, insieme ad altri gadget natalizi (biglietti augurali, origami per decorare l’albero di Natale, Babbo Natale anti-stress, mug), proposta dalla Lega Italiana contro l’epilessia (LICE) e dalla Fondazione LICE per le prossime festività. Solidali all’impegno dei due Enti sono scesi in campo atleti di diverse discipline sportive – Isolde Kostner, Pierluigi Collina, Dino Meneghin, Carolina Morace, Igor Cassina, Stefano Baldini, Umberto Pelizzari, Adriano Panatta, Antonio, Rossi, Mauro Zuliani e Filippo Inzaghi – capeggiati in copertina da Totò (Salvatore) Antibo, campione europeo nei 5mila e 10mila metri, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Seul e portatore di epilessia. E non manca ovviamente la foto del grande Pietro Mennea. Accanto ad altrettanti volti di gente comune che quotidianamente sfidano la malattia, gli sportivi si sono fatti promotori verso una maggiore sensibilizzazione all’epilessia che ancora, solo in Italia, affligge 500 mila persona (all’incirca 1 su 100) e delle necessità di cure più mirate e adeguate. Nell’80% dei casi terapie disponibili ed efficaci (o con prognosi favorevole) ci sono, ma la ricerca deve ancora progredire con lo sviluppo di farmaci per la prevenzione di esiti gravi attraverso interventi farmacologici e/o chirurgici adeguati e con la definizione del ruolo dei geni nelle epilessie di origine genetica, derivanti da possibili interazioni tra fattori costituzionali e ambientali. LICE, tramite questa iniziativa, lancia anche un ulteriore importante messaggio: se adeguatamente curata, l’epilessia consente la conduzione di una vita normale e dedita al perseguimento delle proprie passioni. Anche quelle sportive, purché praticate solo a livello non agonistico e scegliendo discipline fra le meno pericolose (sono dunque esclusi alpinismo, paracadutismo, automobilismo, motociclismo, pugilato, immersioni subacquee e, con cautela, nuoto, sci, equitazione specie se svolti senza sorveglianza). Punto ancora da chiarire e al quale punta oggi la ricerca è il ruolo dell’iperventilazione (cioè la respirazione profonda) nell’attività sportiva. Quest’ultima infatti rappresenta una prova di attivazione da eseguire in laboratorio per evidenziare alterazioni elettroencefalografiche di tipo epilettico responsabili degli attacchi ma i cui effetti potrebbero essere contrastati durante l’esercizio fisico da modificazioni biochimiche (come ad esempio la produzione di acido lattico da parte dei muscoli).
Per acquistare le strenne natalizie e contribuire agli scopi della Lega e della Fondazione LICE: www.fondazioneepilessia.it.
(Francesca Morelli)