«Non è semplice spiegare cosa vuol dire per una giovane donna, piena di energie, progetti e speranze, accettare di avere la psoriasi. Ho 40 anni e da 21 soffro di questa malattia. La conosco bene perché ne hanno sofferto anche mio padre e mio fratello, che ora sono guariti. Nel mio caso, la psoriasi ha avuto un impatto più dirompente, sia per il periodo in cui è comparsa, avevo solo 19 anni, sia per il fatto che da quel momento non mi ha più abbandonato, interessando zone sempre più estese del mio corpo. Per fortuna, sino a oggi, non mi ha mai colpito sul volto, sulle mani e sui piedi, zone più esposte alla vista e al contatto con gli altri».
Così Elena Saftich, avvocato di Livorno, racconta gli esordi della sua malattia e ne parla pubblicamente al 52° Congresso nazionale dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri (www.adoi.it) a Lucca, in occasione della Giornata mondiale della psoriasi (29 ottobre).
«Questa malattia ha inciso fortemente sul mio equilibrio psicofisico, facendomi sentire diversa e condizionando le mie scelte di vita, a partire dalle più banali e quotidiane, quali il modo di vestire (con abiti accollati e coprenti), i luoghi che frequento (evitando palestre, piscine, spiagge). Senza parlare poi della vita di relazione e affettiva, a cui spesso ho rinunciato per paura di non essere all’altezza della persona che frequentavo, perché una relazione comporta necessariamente un grado di intimità, che ti costringe a “metterti a nudo” sotto tutti i punti di vista, sia fisico che psicologico e, in alcuni casi, la paura del rifiuto è stata tanta, che ho finito per arrendermi ancor prima di mettermi in gioco. Da più di 10 anni ho un compagno che condivide quotidianamente con me la malattia, aiutandomi a sentirne meno il peso: grazie a lui e al sostegno dei miei familiari sono riuscita ad accettare e a vivere con meno disagio questa mia condizione e a smettere di vergognarmi per i segni che il mio corpo porta impressi. E’ molto difficile convivere con questa malattia, anche da un punto di vista fisico, in ragione del dolore, del prurito, dell’infiammazione e delle abrasioni della pelle che ne derivano. Nel mio caso poi, si tratta di una psoriasi molto estesa e diffusa su gran parte del corpo, a cui è associata un’artropatia che sto curando con i farmaci biologici di nuova generazione. Purtroppo questa terapia è costosa, ma ha ridato la vita a me e a molte altre persone malate! Da quando sono in cura con questi farmaci sono tornata a stare bene e cerco, per quanto possibile, di “restituire” alla società il costo, purtroppo elevato, di questi farmaci, attraverso il mio lavoro di avvocato. Ringrazio in particolare i medici della Clinica dermatologica di Lucca che mi stanno curando e mi hanno sostenuto sotto tutti i punti di vista, facendomi sentire non già una malata ma una “persona”, tenendo conto non solo del dato clinico del momento, ma di tutta la mia storia, con i disagi di volta in volta manifestati, valutando insieme il miglior percorso da intraprendere e lasciandomi libera di decidere a quale tipo di trattamento sottopormi. Sarebbe bello poter pensare che, in futuro, questa malattia possa essere affrontata coordinando insieme più specialisti, per seguire il trattamento farmacologico, quello psicologico e alimentare. Molti cibi, infatti, favoriscono gli stati infiammatori e dovrebbero essere evitati. Auspico questa sinergia tra medici, psicologi e dietologi, al fine di affrontare assieme al paziente tutte le sfaccettature, le ripercussioni e i condizionamenti che ne derivano, perché la psoriasi non è solamente una malattia fisica, ma anche una sofferenza dell’anima».
La testimonianza di Elena vuol dare voce ai 3 milioni di persone che soffrono di psoriasi in Italia, di cui 2,5 nella forma lieve-moderata e 500 mila nella forma severa. Molti purtroppo sono ancora i pregiudizi su questa malattia che, a volte, viene addirittura considerata “contagiosa”. Oltre al dolore e alla sofferenza fisica che può comportare, come abbiamo visto c’è anche quella psicologica di sentirsi “diversi”, quasi “appestati” e isolarsi dai contatti sociali. «E’ fondamentale per i pazienti con psoriasi sentirsi “curati”, nel senso del verbo inglese “to care”, “prendersi cura”», puntualizza la dottoressa Patrizia Martini, direttore dell’Unità complessa di Dermatologia dell’Ospedale di Lucca e presidente del 52° Congresso nazionale dell’Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani (www.adoi.it). «Lo specialista dovrebbe avere un rapporto di confidenza con il paziente, tenere conto delle sue richieste, delle sue esigenze. Deve capire l’impatto di questa malattia sulla qualità di vita e lavorare in sinergia con il paziente, creando un “team” col paziente stesso, un “filo diretto” che garantisca la continuità di rapporto, per le visite, per dare consigli o incoraggiamenti. Per questo è opportuno effettuare le visite periodiche con lo stesso specialista che deve seguire l’andamento della malattia e la reazione dell’organismo ai farmaci. Le linee-guida di trattamento per la psoriasi lieve prevedono l’uso di creme o meglio di gel, facilmente applicabile e poco untuoso, per le forme medio-gravi si consiglia la foto-terapia con raggi UVB a banda stretta: poiché sono previste tre applicazioni a settimana, i centri specialistici dovrebbero renderle disponibili in tutte le fasce orarie, anche in orario serale come avviene nel nostro centro, per facilitare i pazienti. Sui farmaci biologici si apre oggi un nuovo capitolo: dal 2005 queste terapie hanno rivoluzionato la cura della psoriasi, migliorando situazioni spesso irreversibili. Persone che, a causa della malattia, hanno sviluppato nel tempo un’artrite psoriasica, che comporta rigidità di movimenti, stanno oggi bene e si muovono normalmente grazie a queste nuove terapie. Le molecole utilizzate sono tre anti TNF-alfa, che bloccano in particolare quelle citochine responsabili dell’infiammazione: infliximab che viene somministrato per endovena ogni due mesi; adalimumab, sottocute due volte al mese; etanercept (sottocute, due volte la settimana). Un altro anticorpo monoclonale (ustechinumab), sottocute ogni tre mesi, agisce su altre citochine (17 e 22) responsabili della malattia. Comodi da somministrare, questi farmaci hanno dato grandi benefici ai pazienti. Tra i problemi, i costi per il servizio sanitario (circa 15 mila euro all’anno). Nei centri “dedicati” alla cura di questa patologia, questi farmaci vengono utilizzati nell’ambito di precisi piani terapeutici ai pazienti che non hanno avuto risultati dalle terapie standard (metotrexate, ciclosporina, retinoidi): la somministrazione controllata e monitorata in questi centri è garanzia per il paziente e, in molti casi, blocca la progressione della malattia».
Molti di questi centri specializzati, tra cui l’Istituto San Gallicano e l’IDI di Roma, il 29 ottobre, in occasione della Giornata mondiale della psoriasi, hanno aperto gli ambulatori per visite gratuite. Per informazioni: www.psocare.it/cms/centri. E l’Associazione Pazienti con Psoriasi (www.adipso.org) ha organizzato, nelle principali piazze italiane gazebo e punti d’incontro per far conoscere la malattia.
di Paola Trombetta