Perché è stato realizzato questo studio?
<Si tratta di uno studio molto importante, il primo ad analizzare i dati sulla diffusione della violenza femminile nel mondo e le ripercussioni sulla salute della donna. E’ impressionante che il 35% delle donne subisca, nel corso della vita, qualche forma di violenza, soprattutto da parte di mariti e compagni (30%) e che il 38% dei femminicidi avvenga per mano del partner. Stiamo assistendo a una vera e propria “epidemia di violenza” che riguarda tutte le età e i ceti sociali. A subire violenza non sono solo le giovani e le adolescenti, ma anche donne di mezza età e persino quelle che hanno più di 60 anni. Né sembra esserci distinzione tra i ceti sociali: è in aumento la violenza domestica soprattutto nelle famiglie benestanti e di elevato livello culturale (23,2%). Forse una diversità sta nella reazione della donna che, nei ceti più bassi e nei Paesi più poveri, subisce e non denuncia la violenza, perché la considera quasi una consuetudine da tollerare socialmente, come fosse parte della propria cultura>.
Dai dati emersi nello studio si evince una forte ripercussione della violenza sulla salute della donna. Quali sono le patologie più ricorrenti correlate?
<Sicuramente le lesioni di carattere ortopedico (contusioni, contratture, fino a vere e proprie fratture) riscontrate nel 42% delle donne che hanno subito violenza. Molto frequenti sono gli stati depressivi: le donne che subiscono abusi dal proprio compagno hanno quasi il doppio delle probabilità di andare incontro a stati depressivi e abuso di sostanze alcoliche. Da rilevare poi il dato secondo cui le donne che subiscono violenza hanno 1,5 volte più probabilità di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, come la sifilide, la clamidia, la gonorrea e in molte regioni dell’Africa sub sahariana è triplicato il rischio di contrarre l’AIDS. Infine la violenza subita dal partner o da sconosciuti sfocia spesso in gravidanze indesiderate. Lo studio ha dimostrato che le donne che subiscono abusi hanno il doppio delle probabilità di avere un aborto e parti pre-termine, con conseguenze anche sulla salute del nascituro>.
Quale ruolo hanno i medici e gli operatori sanitari nel riconoscere la correlazione tra queste malattie e la violenza subita dalla donna? Esistono delle linee-guida per gestire queste situazioni?
<Gli operatori sanitari hanno un ruolo molto importante e dovrebbero essere adeguatamente preparati a fare domande in modo discreto, ma al tempo stesso interrogativo, sulle cause dei disturbi segnalati dalle donne. In più dovrebbero garantire un’assistenza medica, ma anche psicologica e fare da tramite per indirizzare la donna a strutture protette dove potrebbero essere accompagnate nel percorso che porta a denunciare la violenza. A tal proposito, l’OMS ha pubblicato linee-guida internazionali rivolte agli operatori sanitari sulla gestione delle situazioni correlate alla violenza contro le donne. E’ stata proposta anche una task-force tra i vari Ministeri di molti Paesi per sensibilizzarli alla ratifica della Convenzione di Istanbul, da poco recepita anche dal Parlamento italiano. Fa testo in particolare l’articolo 3 di questa convenzione che considera “la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani”. Purtroppo ancor oggi la violenza contro le donne è considerata un fatto “privato”, da nascondere in famiglia, quasi fosse parte di dinamiche familiari e culturali consolidate. Da sfatare, dunque, questa convinzione, partendo dall’educazione scolastica e familiare che abitui al rispetto dell’altro; da una maggior sensibilizzazione a livello sociale, con la promozione di centri anti-violenza: dal coinvolgimento delle forze dell’ordine per combattere la violenza e della magistratura che non deve “giustificare”, ma considerare “reato” e “punire” chi usa violenza. In questo modo si incoraggerebbero le donne a denunciare, a “dare voce a quel silenzio” che può far del male. Non è pericoloso solo chi fa del male, ma anche chi lo lascia fare….>
di Paola Trombetta
LE CONSEGUENZE IN GRAVIDANZA
Una donna su quattro, che subisce violenza, è in stato interessante e nella fascia d’età dai 15 ai 44 anni, la violenza è la seconda causa di mortalità, dopo le emorragie. Il 30% dei maltrattamenti inizia proprio durante la gravidanza, il 69% delle donne maltrattate in precedenza continua a subire violenza che nel 13% dei casi si intensifica. Ogni volta che una mamma viene abusata, anche il figlio che ha in grembo ne soffre. Sono alcuni dati riportati dal Centro per lo studio della Depressione della donna dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano. <Abbiamo dimostrato che le donne esposte a violenza domestica riportano conseguenze neuro-psichiche come depressione, disturbi del sonno, stati d’ansia, abuso di sostanze alcoliche e fumo, tentativi di suicidio> conferma il dottor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria. <Nelle donne in gravidanza sono frequenti disturbi fisici come placenta previa, dolori pelvici, rotture dell’utero, diabete gestazionale, ipertensione, infezioni genito-urinarie, perdite ematiche. E non mancano le conseguenze sul bambino. Spesso il feto viene abortito o muore in grembo, oppure la donna partorisce prematuramente un bimbo sottopeso, con tutte le conseguenze che ciò comporta per la salute>. Uno studio su 236 bambini, nati da madri che subivano violenza e condotto dal Centro Depressione della Donna dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, dimostra l’accorciamento di una particolare zona del cromosoma, indice di invecchiamento cellulare precoce: pare infatti che questi bambini abbiano un invecchiamento di 5 anni più dei loro coetanei. Ma non è tutto. Gli abusi lasciano tracce anche nel cervello del bambino che era in grembo durante le violenze. <E’ stata dimostrata una riduzione di 8 punti del quoziente intellettivo, disturbi d’ansia ripetuti, rischio di suicidio sei volte maggiore> replica il dottor Mencacci. <I bambini che hanno subito violenza nel grembo materno sono più propensi ad essere oggetto o soggetto di soprusi. Le loro facoltà cerebrali sembrano modificarsi nello stesso modo in cui mutano quelle del soldato che va al combattimento e reagisce in modo violento alla violenza>. (P.T.)
BOLLINI ROSA AGLI OSPEDALI PER LE DONNE
Dei 224 ospedali premiati da ONDA con i Bollini rosa, un riconoscimento che viene dato per l’attenzione riservata alle problematiche delle donne, 62 sono stati segnalati per i servizi contro la violenza alle donne. <Pronto Soccorso con “codice rosa”, che offre cioè un percorso dedicato alla donna maltrattata, counseling con personale qualificato, percorsi formativi e di assistenza psicologica: sono alcune delle prestazioni offerte da questi ospedali, premiati per la loro attenzione alle donne che subiscono violenza> conferma la dottoressa Francesca Merzagora, presidente di ONDA. <Tra questi i Centri di soccorso per la violenza sessuale e domestica della Clinica Mangiagalli di Milano, dell’Ospedale Careggi di Firenze, dell’Ospedale SS.Annunziata di Taranto e dell’Ospedale La Ferla (Fatebenefratelli) di Palermo. All’opera di assistenza promossa dalle strutture ospedaliere si affianca l’attività di informazione e prevenzione che deve essere attuata anche dai medici di base, come da raccomandazioni della Società di Medicina generale, nonché dal mondo del no-profit>. (P.T.)