Ha compiuto 90 anni ed è ancora il farmaco di riferimento per le persone che soffrono di diabete. La sua scoperta è stata in parte opera di una donna. Era la primavera del 1923 quando il premio Nobel danese per la Fisiologia e la Medicina, August Krogh, con la moglie, Marie, medico, affetta da diabete, vennero a conoscenza della scoperta dell’insulina avvenuta in Canada a opera di John Macleod, Frederick Banting, Charles Best. Spinto dal desiderio di sperimentare una nuova cura per la moglie diabetica, August Krogh ottenne dagli scopritori il permesso di avviare in Danimarca, suo Paese d’origine, la produzione di insulina, nei laboratori e stabilimenti che poi presero il nome di Novo Nordisk. Contemporaneamente in un piccolo laboratorio di Indianapolis, Ely Lilly riesce a perfezionare i metodi di purificazione e a produrre insulina a livello industriale, esportando il farmaco in tutto il mondo. Oggi le due case farmaceutiche coprono, con la loro produzione, la maggior parte del fabbisogno mondiale di insulina esportando il farmaco soprattutto in Europa, ma anche in Australia, negli Stati Uniti e, più di recente, in Giappone.
E da 15 anni è in commercio una nuova classe di farmaci antidiabetici (analoghi dell’insulina rapida), utilizzati per il diabete di tipo 1, che sono in grado di agire 15 minuti dopo l’iniezione, migliorando le modalità di assunzione da parte dei pazienti che prima erano costretti a iniettare l’insulina un’ora prima dei pasti, con disagi e condizionamenti di oraio.
Nuove formulazioni, dunque, sempre più simili a quella umana, per rispettare la fisiologia dell’organismo; innovative modalità di somministrazione, meglio accettate dai pazienti, come le pennette simili a una stilografica con la cartuccia, che evitano il disagio delle siringhe: i progressi della ricerca hanno fatto passi da gigante per rendere questo farmaco sempre più fruibile ai 23 milioni di persone che nel mondo hanno questa malattia (5 milioni solo in Italia).
Le ultime novità sul diabete sono state presentate in questi giorni a Roma al Congresso nazionale promosso dall’Associazione Medici Diabetologi (www.aemmedi.it). Prima fra tutte la nuova insulina degludec, cha ha di recente ottenuto l’approvazione dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA). «E’ un’insulina che garantisce una più lunga durata d’azione (oltre 24 ore), con un profilo stabile nell’arco dell’intera giornata», conferma il professor Francesco Giorgino, docente di Endocrinologia e Malattie metaboliche all’Università di Bari. Lo studio BEGIN condotto su 4330 persone, di cui una parte (2899) trattate con degludec e l’altra parte (1431) con insulina glargine, hanno evidenziato una significativa riduzione dell’incidenza di ipoglicemia, soprattutto notturna, nel caso di trattamento con degludec sia nel diabete di tipo 1 che 2. «Un dato molto importante – ha commentato il professor Giorgino – poiché gli episodi di ipoglicemia hanno un impatto negativo su molti aspetti della vita quotidiana, lavoro, relazioni sociali attività del tempo libero, guida dell’auto. Per non parlare dei costi causati dal ricovero ospedaliero dopo gli episodi di ipoglicemia».
Se un tempo il diabetologo aveva a disposizione solo l’insulina, oggi esistono ben nove classi di farmaci con diversi meccanismi d’azione che consentono di adeguare la cura a diversi profili di persona anche nel caso di diabete di tipo 2, come rivela l’aggiornamento degli Annali di AMD “Cambiamento delle terapie nel diabete tipo 2” presentato al Congresso di Roma.
«Questi nuovi farmaci, tra cui gli inibitori del DPP-4 (enzima che interviene nel complesso meccanismo di secrezione dell’ insulina), hanno un ruolo importante non solo nel controllo della glicemia, ma anche del peso, un fattore di rischio che peggiora la prognosi della malattia», fa notare il professor Carlo Giorda, presidente uscente dell’Associazione Medici Diabetologi. «Sono in particolare le donne diabetiche a registrare un aumento di peso, soprattutto dopo la menopausa, periodo in cui la caduta degli estrogeni provoca un rallentamento del metabolismo che favorisce il sovrappeso e aumenta il rischio cardiovascolare». Per monitorare gli effetti delle cure sul compenso metabolico della persona con diabete, riportando i valori di glicemia alla normalità, è partito lo studio SUBITO che si propone di valutare l’efficacia delle cure anche sul controllo dell’obesità e delle complicanze cardiovascolari, con un occhio di riguardo per le donne.
di Paola Trombetta