E’ un mini-ecografo di ultima generazione (Vscan), che ha le dimensioni di uno smart-phone. E’ stato donato dalla GE Healthcare, nell’ambito di un progetto socio-sanitario promosso da UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione), a quattro associazioni Onlus che operano in alcuni Paesi tra i più poveri del mondo (Apurimac, Emergency, Medici con l’Africa Cuamm, Medici Senza Frontiere). E dopo sei mesi di utilizzo sul campo, sono stati presentati i primi risultati. Nell’Ospedale di Wolisso, in Etiopia, questo mini-ecografo è entrato a pieno titolo nel programma “Prima le mamme e i bambini”, rivolto alle 18 mila donne che partoriscono ogni anno nei tre distretti intorno all’ospedale. «Su 270 parti avvenuti, Vscan è stato utilizzato con successo in 51 casi (quasi il 20% del totale)», conferma il dottor Edgardo Somigliana, ginecologo della Clinica Mangiagalli di Milano, che ha adottato l’apparecchio nell’Ospedale africano. «Si è rivelato uno strumento indispensabile per la gestione dei casi urgenti in sala parto. Abbiamo ad esempio riconosciuto parti gemellari, placente previe, posizioni fetali podaliche. Siamo anche riusciti a individuare un caso di morte intrauterina e di gravidanza ectopica che hanno reso necessario l’intervento chirurgico per salvare la vita alla mamma». «Nei casi dei bambini, si sono individuate perforazioni intestinali causate da tifo o appendiciti infiammate e purulente», puntualizza il dottor Gabriele Risica, referente medico del progetto Emergency Department del Centro Chirurgico Pediatrico di Goderich nei sobborghi della Capitale della Sierra Leone. «E tutto questo non si sarebbe potuto diagnosticare altrettanto facilmente con una semplice visita medica, risparmiando così tempo prezioso che ha permesso, in alcuni casi, di salvare una vita». «Questo strumento consente di fare diagnosi immediate in situazioni di emergenza e in condizioni di estrema povertà dove un ecografo “tradizionale” non avrebbe mai potuto essere disponibile, per mancanza di fondi e di fonti energetiche adeguate per poterlo alimentare», fa notare il dottor Franco Marchetti che ha usato lo strumento per accertamenti di pronto intervento in alcuni villaggi, tra le province più povere delle Ande peruviane, nell’ambito del progetto Apurimac. «Nella nostra esperienza abbiamo individuato numerosi casi di calcolosi della colecisti, di calcoli renali, di versamenti addominali e diagnosticato persino un aneurisma dell’aorta addominale. Nella routine quotidiana questo strumento suscitava tale curiosità, soprattutto tra le donne in gravidanza, che a volte simulavano un dolore addominale, pur di farsi applicare il mini-ecografo, nella speranza di conoscere il sesso del nascituro… E quando vedevano la fisionomia del loro piccolo e ne sentivano il battito cardiaco, l’emozione era tale che si dimenticavano di avere qualsiasi genere di dolore…».
di Paola Trombetta