E’ la prima causa di morte nelle donne sotto i 55 anni: il tumore al seno registra ogni anno un milione di nuovi casi al mondo, 40 mila dei quali in Italia. Tra le Regioni italiane la Lombardia è al primo posto con 7400 nuove diagnosi l’anno. Grazie alla diagnosi precoce e all’utilizzo dei nuovi farmaci-bersaglio, la sopravvivenza delle donne con tumore è aumentata del 30-40% e un numero sempre maggiore di pazienti arriva alla guarigione.
Per fare il punto su questo tumore e sui nuovi farmaci, si è tenuto in questi giorni a Milano (Hotel Executive) un importante workshop, al quale hanno partecipano autorevoli specialisti oncologi. Contestualmente all’evento è approdato a Milano il progetto itinerante “All Around Patients” che si propone un’informazione capillare della popolazione sulle nuove terapie contro il tumore al seno. «La sopravvivenza a questo tumore è in netto e progressivo miglioramento anche grazie alla maggior conoscenza delle donne che consente una diagnosi sempre più precoce», ha puntualizzato il professor Luca Gianni, direttore del dipartimento di Oncologia medica del San Raffaele di Milano. «Negli ultimi vent’anni, l’utilizzo dei nuovi farmaci-bersaglio ha aumentato la sopravvivenza, portando molte donne alla guarigione definitiva del tumore». E’ il caso del tumore al seno Her2 positivo (15-20% dei tumori mammari), considerato uno dei più aggressivi e con età di insorgenza più precoce, tra 30 e 45 anni, oggi trattabile con uno specifico farmaco-bersaglio (trastuzumab) che ha ridotto del 40-50% la mortalità delle donne. «La proteina Her2 (Human Epidermal Growth Factor Receptor2) è un recettore presente sulla membrana di molte cellule che, in situazioni normali, ne regola la crescita e la proliferazione», spiega il professor Gianni. «Nelle cellule tumorali questo gene viene iper-espresso e ne provoca una crescita incontrollata. Per questo è fondamentale la tipizzazione istologica per individuare esattamente questo tipo di tumore e poterlo trattare con farmaci mirati. Il loro meccanismo d’azione, infatti, permette di agganciare e bloccare questi recettori che cessano così di far proliferare la cellula, fermando la crescita del tumore».
Oggi la ricerca farmacologica sta puntando a migliorare non solo la sopravvivenza delle pazienti, ma anche la loro qualità di vita. Di questo farmaco è stata di recente approvata una nuova via di somministrazione sottocutanea che ha un’efficacia sovrapponibile a quella endovenosa finora adottata, col vantaggio di essere meno invasiva, di durare solo 5 minuti anziché i 30-90 minuti dell’infusione endovenosa, e successiva riduzione dei costi ospedalieri. In sperimentazione anche nuove combinazioni dei farmaci-bersaglio con sostanze chemioterapiche. «Un nuovo farmaco, altamente innovativo, usato per ora in Italia solo nelle sperimentazioni cliniche, è il pertuzumab, già in commercio invece negli Stati Uniti e in Europa», puntualizza il professor Sabino De Placido, ordinario di Oncologia medica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, dove sono in corso due studi clinici con questo farmaco in donne con tumore operabile e in fase metastatica. «Si tratta di una molecola ancor più potente del trastuzumab, in grado di bloccare altri recettori presenti sulle cellule tumorali e impedirne la replicazione. Un altro farmaco innovativo in uso clinico è il T-DM1, indicato per i tumori Her2 positivi: è formato da due molecole, l’anticorpo monoclonale trastuzumab, specifico per il recettore Her2 e una potente tossina DM1 che ha la capacità di distruggere la cellula che colpisce. Questa tossina viene veicolata dal farmaco-bersaglio per poter eliminare solo quelle cellule che hanno il recettore Her2 iper-espresso: per questo limita la sua tossicità che, altrimenti, si estenderebbe anche alle cellule sane. Lo studio EMILIA ha chiaramente dimostrato i vantaggi di questa nuova combinazione coniugata rispetto al trattamento con il solo trastuzumab più un chemioterapico: al miglioramento della prognosi, si aggiunge un netto beneficio sulla qualità di vita delle pazienti, che vedono attenuati gli effetti collaterali provocati dalla chemioterapia tradizionale».
di Paola Trombetta
Un “Contact Center” al San Raffaele
Il Dipartimento di Oncologia medica dell’Ospedale San Raffaele ha messo a disposizione il servizio “Contact Center” al numero 848.800.585, per facilitare e ottimizzare il percorso diagnostico e terapeutico delle donne colpite da tumore al seno. Prende avvio in questi giorni la seconda fase del progetto finalizzata a facilitare le relazioni con gli specialisti durante il percorso di cura: il Contact Center metterà la paziente in contatto con un medico in base ai sintomi segnalati e all’urgenza.
«Le donne con neoplasia mammaria si trovano ad affrontare percorsi di terapia e cura molto complessi: per questo riteniamo opportuno offrire loro un servizio che possa agevolare e velocizzare l’accesso alla struttura e la relazione con i medici», puntualizza la dottoressa Milvia Zambetti, oncologa presso il Dipartimento di Oncologia Medica del San Raffaele. «E’ soprattutto dopo il rientro a casa che la paziente avverte la necessità di contattare telefonicamente il medico curante per disturbi legati al trattamento o sintomi per i quali ha bisogno di un chiarimento».
Attivo da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, il Contact Center è operativo dallo scorso anno ed è l’unico servizio di questo tipo mai attivato in Italia. La pronta disponibilità telefonica è stata pensata per consentire di impostare in tempi brevi e soprattutto clinicamente appropriati il percorso di cura, dalla diagnosi alle terapie, mantenendo un rapporto puntuale e organizzato con il personale medico di riferimento (radiologi, patologi, chirurghi, oncologi, radioterapisti).