“Vostra figlia non arriverà a 18 anni”: l’inesorabile verdetto fu pronunciato da un medico di un ospedale milanese ai genitori di Antonella, dove venne ricoverata quando aveva 15 anni, mandando nel panico totale lei e tutta la sua famiglia. Oggi Antonella Ferrari ha 42 anni e da 30 convive con la Sclerosi multipla, diagnosticata quando aveva 29 anni, dopo 18 anni di visite mediche e ricoveri.
«Mi consideravano pazza perché continuavo a dire di stare male, di non riuscire a muovere le gambe e cadevo ripetutamente», racconta Antonella, che in questi giorni è in tournée per l’Italia a presentare il suo libro: Più forte del destino (Mondadori) che presto diventerà anche una pièce teatrale. «Mesi e mesi di ricoveri, di esami e visite, ma i medici non riuscivano a capire di che malattia si trattasse. Il periodo peggiore è stato tra gli 11 e i 15 anni, in cui passavo interi mesi in ospedale, senza riuscire a camminare. Poi la ripresa, dai 15 ai 18 anni: avevo addirittura ricominciato a danzare, la grande passione della mia vita! Ma a 19 anni il tracollo: problemi agli occhi, mancanza di equilibrio, difficoltà a camminare. E ho dovuto rinunciare per sempre alla danza! Finalmente, però, avevo una diagnosi: Sclerosi multipla, una malattia di cui all’epoca si conosceva ancora poco. Mi sembrava di aver riacquistato la mia dignità, il mio diritto di poter stare male, senza essere derisa, umiliata, come accadeva prima, quando non si sapeva di cosa soffrivo. Anni duri però mi aspettavano: esami dolorosi, terapie debilitanti, continui ricoveri e frequenti interruzioni della mia attività a causa della malattia. Ma poi la ripresa,pur temporanea: la scuola di recitazione, il mio lavoro di attrice, e negli ultimi anni quello di scrittrice, quasi uno sfogo liberatorio per testimoniare agli altri che con la sclerosi multipla si può “vivere”, non “sopravvivere”, si possono fare progetti, si possono realizzare sogni che sembravano dimenticati nel cassetto. Come il calore di una famiglia che ti incoraggia e ti sostiene, l’amore di un marito che ti ama “nella salute e nella malattia”, l’affetto degli amici che ti fa superare i momenti di sconforto, la gratificazione che ti viene dal lavoro, motore dei miei sogni, e perché no, magari anche la gioia di una futura maternità! Tante le sfide e altrettante le conquiste quotidiane per dimostrare che la vita alla fine è “Più forte del destino”!».
Il valore della ricerca
Come Antonella, sono 65 mila in Italia le persone (43 mila donne, in un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini) che convivono con la Sclerosi multipla, di cui 25 mila affette dalle forme più gravi, ancor oggi orfane di terapie mirate. Per questo l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla – www.aism.it) ha promosso le Giornate della ricerca (8-9-10 marzo) in tremila piazze italiane: acquistando una gardenia da 13 euro, come regalo per Festa della donna, si può contribuire a sostenere la ricerca AISM. Oppure fino al 10 marzo si può inviare un sms al numero: 45509. La ricerca è fondamentale per capire l’origine e trovare le cure per questa malattia. Ne sa qualcosa Paola Zaratin, che da 15 anni si occupa di Sclerosi multipla e da tre ricopre l’incarico di Direttore della Ricerca scientifica dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Un incarico che ha coronato il suo sogno: portare la ricerca ad aiutare le persone malate! «Dopo più di 20 anni trascorsi nei laboratori, oggi l’opportunità è quella di dare risposte alle persone: conoscere le cause della malattia è sempre stata per l’Associazione una priorità, così come garantire ai malati – è un loro diritto – nuovi trattamenti in totale sicurezza». Ecco perché nell’intento di dare risposte chiare alle persone con Sclerosi multipla, AISM ha interamente finanziato lo studio CoSMo: per indagare la correlazione tra Insufficienza venosa cerebro-spinale (CCSVI) e Sclerosi multipla: secondo lo studio, questa correlazione non esiste. La ricerca negli ultimi dieci anni ha prodotto importanti risultati per alcune forme di malattia che hanno portato alla scoperta di nuovi farmaci, tra cui il più recente e promettente “fingolimod”, già approvato e disponibile, ha dato speranza proprio a quei pazienti che non rispondevano ai precedenti farmaci. «La sua azione è mirata ai linfociti T – spiega la ricercatrice – trattenendoli dentro i linfonodi e impedendo così di entrare nel cervello e attaccare la mielina, sostanza che avvolge i nervi, la cui progressiva degenerazione provoca rigidità muscolare, fino alla paralisi, ultima evoluzione della malattia». Si tratta di un farmaco orale, somministrato in compresse, ben più tollerato rispetto alle precedenti terapie, somministrate per infusione in ospedale. «Questo farmaco orale – spiega la dottoressa Zaratin – apre la ricerca verso una cura sempre più personalizzata e compatibile col diritto alla qualità di vita della persona. Il valore della ricerca, infatti, non può orientarsi solo verso la scoperta del farmaco miracoloso. Va orientato anche verso una cura che tuteli la qualità di vita dei pazienti. Ogni persona, ogni donna con Sclerosi multipla deve essere messa nella condizione di essere se stessa, continuando a essere moglie, mamma, donna che lavora. La ricerca farmacologica deve dare vita agli anni, non solo anni alla vita! »
di Paola Trombetta