Il picco è previsto tra la prima e la seconda settimana di febbraio. Nella prima metà di gennaio si sono registrati più di 500 mila casi, tra influenza e sindromi para-influenzali e quasi il doppio nelle ultime due settimane. Nei primi otto giorni di febbraio, più di 600mila persone si sono ammalate, per un totale di due milioni e mezzo di casi dall’inizio dell’epidemia: di questi più del 30% sono bambini, da 0 a 14 anni. Lo confermano i dati raccolti da un migliaio di medici che partecipano al Servizio InfluNet, coordinato dal Ministero della Salute in collaborazione con i medici di base e i pediatri.
La situazione nel nostro Paese non è certo paragonabile a quella americana, dove sono morti più di una ventina di bambini dai 4 ai 7 anni. In Italia, assicurano gli specialisti, sono dominanti i virus meno aggressivi di tipo B e A/H1N1, mentre quello più pericoloso, A/H3N2, diffuso negli Stati Uniti, è presente da noi in modo limitato. Poiché ormai non c’è più tempo di fare il vaccino, quali consigli in presenza di malattia e come riconoscere l’influenza dalle altre sindromi?
<La forma tipica influenzale comporta febbre superiore a 38°, sintomi respiratori (tosse secca, mal di gola, naso che cola), spossatezza e astenia> puntualizza il dottor Fabrizio Pregliasco, del Dipartimento di Scienze Biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano. <In presenza di uno solo di questi sintomi, non si tratta di influenza vera e propria, ma di uno dei 261 virus che circolano in questa stagione e provocano malesseri più attenuati. Il vaccino non protegge da questi virus e, anche chi è stato vaccinato, potrebbe incappare in queste infezioni>. Ad oggi sono stati vaccinati solo il 10-15% dei bambini, il 15% degli adulti e il 60% degli anziani, più a rischio di complicanze polmonari. Una percentuale bassa rispetto al 90-95% caldeggiato dall’OMS, per lo meno negli anziani, e ribadito in occasione del recente Congresso mondiale di Hong Kong. Dove è stata sottolineata l’importanza della vaccinazione, soprattutto nei bambini con malattie croniche e nelle donne in gravidanza. Raccomandazioni anche sulla vaccinazione nei bambini sani, che, indirettamente, potrebbe proteggere le persone anziane. In Giappone, addirittura, sono stati vaccinati tutti i bambini in età scolare per evitare il contagio dei nonni, che, essendo le persone a più diretto contatto, sono i primi ad ammalarsi se il bambino contrae il virus. Anche altri Paesi, Stati Uniti, Canada, Messico, Finlandia, Austria e Gran Bretagna, hanno adottato la vaccinazione universale per tutti i bambini, a partire dai sei mesi di età.
Come riconoscere i sintomi del bambino e come curarlo? <La sintomatologia dell’influenza nei bambini è un po’ differente da quella dell’adulto> puntualizza il dottor Pregliasco. <Sotto l’anno di età i sintomi influenzali possono essere diversi, non sempre di tipo respiratorio, a volte più di tipo intestinale o con malavoglia e spossatezza generalizzate. Dal 2°anno in poi i sintomi respiratori diventano sempre più intensi, anche perché, non essendo ancora ben sviluppato il sistema degli anticorpi, la risposta infiammatoria è molto alta. E altrettanto elevato è il rischio di complicanze batteriche, come otiti e polmoniti, frequenti nei bambini di questa età. Per questo i piccoli malati devono essere tenuti in casa, evitando gli sbalzi di temperatura e i luoghi sovraffollati dove il contagio si diffonde. Per abbassare la temperatura corporea è opportuno usare antipiretici, insieme a decongestionanti nasali e mucolitici. In caso di febbre molto alta, è bene applicare un panno fresco o fare spugnature di alcool sulla fronte del bambino. Se, dopo cinque giorni, le condizioni non migliorano, occorre rivolgersi al pediatra e optare per una terapia antibiotica. Un importante supporto alla guarigione può venire, soprattutto nei bambini, da un’alimentazione scarsamente calorica e dall’introduzione di liquidi in abbondanza. Molto importante la somministrazione di probiotici (lactobacilli) e immunostimolanti (pidotimod) che proteggono da infezioni intestinali e migliorano la risposta immunitaria. Nei casi di sintomatologia più grave si può ricorrere agli antivirali, che rallentano la replicazione del virus, riducendo l’intensità e la durata dei sintomi. In particolare è in commercio la formulazione in sciroppo di oseltamivir, prescrivibile dai sei mesi in poi>.
E PER LA DONNA IN GRAVIDANZA…
L’unico farmaco che può essere utilizzato per combattere l’influenza nelle donne in gravidanza è il paracetamolo, con effetto antipiretico, oltre ai mucolitici e decongestionanti nasali. Gli antivirali (zanamivir e oseltamivir) sono invece controindicati perché ancora non se ne conoscono le conseguenze sul feto. Come supporto alla guarigione, per rinforzare le difese immunitarie, si può ricorrere a prodotti fitoterapici come l’Echinacea.
In caso di infezione, la donna gravida deve stare particolarmente riguardata, perché il suo sistema immunitario non può rispondere pienamente all’infezione virale, essendo impegnato a “tenere a bada” le reazioni con il feto. Si è visto che, in alcuni casi, l’infezione da virus dell’influenza, contratto nei primi mesi di gestazione, può provocare parti difficili. Di recente è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine uno studio norvegese che ha dimostrato il rischio di morte del feto associato all’influenza contratta nel periodo del concepimento. In seguito a questo studio, è stata ribadita la necessità di sottoporre le donne in gravidanza alla vaccinazione.
di Paola Trombetta