FELICITA’ E’ PIENEZZA DI VITA

Le donne italiane sono le piu infelici d’Europa. A svelarlo è l’indagine “She – L’Italia è un Paese per donne?”, condotta da Discovery Network (su 4.500 donne tra i 20 e i 49 anni residenti in 9 Paesi europei) per “Valore D”, associazione a sostegno della leadership femminile nelle aziende. Solo il 22% delle italiane è felice e soddisfatta della propria vita, contro il 48% delle danesi, il 42% delle russe, il 40% delle tedesche e delle norvegesi, il 35% delle polacche, il 33% delle inglesi e il 28% delle svedesi e delle olandesi. In particolare, più di una donna su due ammette di non aver raggiunto quello che si era prefissata di avere una volta arrivata a quell’età (lo pensa il 54% delle italiane contro il 38% della media internazionale). «Quello che emerge da questa indagine internazionale è la grande difficoltà ad avere una realizzazione professionale in una società ancora dominata da vecchi stereotipi culturali», ha spiegato Alessandra Perrazzelli, presidente di “Valore D”. L’indagine ha però rilevato anche dei cambiamenti nella mentalità delle italiane, che continuano ad annoverare tra gli ingredienti per una vita felice i buoni legami familiari (83%) e un legame stabile con il partner (71%), ma che nel 70% dei casi pensano sia importante dedicare tempo a se stesse.

 

Per cercare di migliorare questo stato di cose, abbiamo incontrato Isabel Losada, scrittrice, cantante, ballerina e produttrice televisiva, autrice di best seller tradotti in 20 paesi (in Italia tutti pubblicati da Feltrinelli). Lei trascina e appassiona quando parla di felicità, seminando ironia e saggezza. «Se ci penso, ci sono tremila cose che mi mancano, ma sono felice, ed è una gioia raccontarla, questa mia felicità». Chi non ci crede, dovrebbe vedere il suo sorriso…

Isabel si avvicina alla lavagna e scrive la frase: “Usate ogni cosa per la vostra crescita interiore”. E spiega: «I fallimenti non esistono, io vedo la vita come un susseguirsi di esperienze che mi insegnano a capire me stessa e a curvarmi sul mondo, avvicinarlo, comprenderlo». E lei, che ha avuto sicuramente in dono una divorante curiosità, ha provato tutte le discipline e ogni forma di percorso spirituale: feng-shui, programmazione neuro-linguistica, meditazione indiana, ritiri spirituali, guru, sciamani. Di passaggio in Italia, tra seminari, dibattiti, reading, non ci siamo lasciati scappare l’occasione di seguire, presso l’Ispa (Istituto Sperimentale Psicodinamica Applicata), il suo work-shop ispirato al suo ultimo libro Voglio vivere di più (Feltrinelli).

Di solito le persone che si mostrano felici e serene in ogni situazione sono in realtà quelle che hanno sofferto di più.

«Sì, la mia vita è stata dura. Non ho mai conosciuto mio padre (ha abbandonato mia madre prima che nascessi) e mamma è morta quando avevo 18 anni… Mi sono sposata, ma non ha funzionato e ho cresciuto da sola mia figlia. Ho dovuto imparare presto come vivere bene e ora mi piace l’idea di trasmettere a qualcun altro il meglio di ciò che ho imparato».

Quando hai deciso di diventare una persona sempre felice?

«Ho fatto un lungo lavoro su me stessa. Ho sempre pensato alla felicità come a una dimensione di pienezza, a qualcosa che alimenta l’energia vitale. Abbiamo bisogno innanzitutto di essere felici con noi stessi per poter offrire il nostro meglio. Per riuscire ad avere un matrimonio felice, devi prima esser felice con te stesso. Per allevare bambini felici, devi prima esser felice con te stessa».

Cosa significa essere felici? A giudicare dal numero di libri pubblicati in questi ultimi tempi e dal successo dei dibattiti organizzati sul tema, sono in molti a chiederselo.

«Un nuovo imperativo categorico ossessiona le nostre vite ed è al centro di modelli di esistenza che sbandierano la felicità ovunque e in tutti i modi possibili. Sii felice e approfitta dei piaceri della vita! Spesso riempiamo la parola felicità di un significato troppo esile, fatto di istanti di puro piacere e di soddisfazione immediata. Per come la vedo io la felicità non è un sentimento banale e fugace, ma una serenità interiore, qualunque cosa succeda, qualunque cosa la vita ci dia o ci prenda, continuamente rinnovata. Essere felici non significa avere una vita perfetta, ma riconoscere che vale la pena di vivere nonostante le sfide della vita, le sconfitte e le frustrazioni E’ molto più interessante questa felicità che attraversa la vita di quanto non lo sia l’attimo. E’ diffusa l’’idea che basti volere per potere, ma è un’idea falsa: è un delirio di onnipotenza!. Occorre invece accettare il fatto che nella vita le cose spiacevoli accadono. E che bisogna saperle affrontare. Spetta a ognuno di noi scegliere come affrontare gioie e dolori, individuare le cose che si vogliono, le relazioni».

Cosa ci impedisce di sentirci felici?

«Nella nostra mente organizziamo, giorno dopo giorno, la nostra infelicità. Puntiamo sempre a quel che ci manca per essere felice .Sarò appagato quando avrò raggiunto l’obiettivo professionale che mi sta tanto a cuore. Sarò contento quando avrò al mio fianco l’uomo giusto. Mi sentirò serena quando i miei figli saranno sistemati. Ragioniamo così: pensiamo che la felicità sia un traguardo da tagliare. Che la possiamo conseguire una volta che siamo riusciti a ottenere un risultato. Ottenere i risultati desiderati è giusto. Ma io dico:sii felice adesso! La felicità è già dentro di noi…».

Qualche suggerimento?

«Mettetevi in gioco, non chiudetevi dentro un’identità limitata, uscite dalla comfort-zone dentro la quale vi sentite a vostro agio e chiedetevi: ma è davvero così confortevole? E poi occorre riconoscere e modificare quegli schemi interpretativi automatici e i pensieri sottostanti che si scatenano in determinate circostanze: “è troppo difficile per me”, “non ci riuscirò mai”, “non sono all’altezza”, “tanto non lo porterò a termine”… La modifica di un atteggiamento mentale passa anche dalla modifica del linguaggio che usiamo».

Questione di pratica

Isabel interrompe l’intervista e ci spiega il primo esercizio: su un foglio, ci chiede di unire nove punti con quattro linee rette senza staccare la penna. Pare una prova d’intelligenza, ci sforziamo. E comunque non è quel che interessa a lei. «Cosa pensavate durante i tentativi?», ci domanda. Risposta corale: “quanto sei stupida, non ci riuscirai…”. «Ecco: nessuno parla così duramente agli altri come a se stesso», osserva. «Imparate a trattarvi con gentilezza. Parlando, vietato utilizzare: non posso/dovrei/ci provo. Se ti definisci “non ho nulla di interessante da dire sono scialba e vuota”, ti comporterai così. Alle tante donne prive di autoindulgenza che si sentono inadeguate come madri, approssimative sul lavoro, in un corpo che non corrisponde all’immagine di bellezza proposto dai media, Isabel suggerisce: «Guardate a voi stesse e ai vostri sforzi con simpatia, indulgenza e affetto. Trattatevi con gentilezza. Credo nell’affermazione del Dalai Lama: la mia religione è la gentilezza. Suggerirei allora una cosa molto importante: non si può essere felici da soli. Il mondo ci viene incontro: non è solo il mondo fisico, è l’alterità, la relazione con gli altri. Non sprecate le vostre energie con la rabbia. Siate clementi con gli altri. Se partite dal principio che chiunque fa il meglio che può con la conoscenza, la comprensione e la consapevolezza di cui dispone in quell’istante, riuscirete ad abbandonare il rancore e la rabbia. Quando l’ho capito, l’odio verso il mio ex marito è svanito. Abbandonare il rancore non significa non essere addolorati o tristi. Credo però sia importante riconciliarsi con ciò che ci ha ferito e con chi abbiamo ferito, magari inconsapevolmente, accettare ciò che è stato come un dono anche quando non l’abbiamo subito compreso. Secondo una logica di serena convivenza fra mente, anima e corpo. Trovate il tempo per meditare. Andate in un posto tranquillo, parco, spiaggia, galleria d’arte o in qualsiasi altro luogo, lasciate il cellulare spento. Respirate, guardatevi intorno, respirate. Ascoltate il vostro Io più autentico, quella voce interiore che gli antichi greci chiamavano daimon che ci guida alla pienezza della autorealizzazione».

di Cristina Tirinzoni

 

La felicità al Festival della Scienza

Sarà la felicità il tema principale a cui è dedicato quest’anno il tradizionale Festival della Scienza, in programma all’Auditorium di Roma dal 17 al 20 gennaio (www.auditorium.com). Quali sono i comportamenti che portano alla felicità? Quali sono le basi della felicità nel nostro cervello? Come varia la felicità attraverso le culture? Esiste un concetto di felicità negli animali? Possiamo mettere la felicità al centro delle nostre decisioni politiche? L’ottava edizione del Festival delle Scienze di Roma affronterà questi e altri quesiti su questo desiderato e pervasivo oggetto dell’indagine umana, come sempre dalla prospettiva della scienza più avanzata, riunendo i grandi nomi della ricerca italiana e internazionale, ma anche filosofi e storici della scienza, osservatori ed esperti per capire cosa può insegnare la scienza sulla felicità. Tra i protagonisti, Amartya Sen, docente di Filosofia alla Harvard University di Boston; Darrin McMahon, professore di Storia alla Florida State University; Paul Bloom, professore di Psicologia alla Yale University di New Haven; David Linden, docente di Neuroscienze alla John Hopkins University di Baltimora. E per l’Italia: Gilberto Corbellini, docente di Bioetica e Storia della Medicina all’Università “La Sapienza” di Roma; Fabrizio Benedetti, docente di Neurofisiologia all’Università di Torino; Claudio Franceschi, docente di Immunologia all’Università di Bologna.

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