L’adolescenza, un periodo di passaggio critico nei ragazzi, fino a qualche anno fa si poteva dire terminasse a 20 anni, mentre oggi sempre di più si prolunga ben oltre quell’età. I motivi sono tanti, naturalmente, e risiedono soprattutto nella difficoltà, da parte dei giovani, di affrancarsi dalla famiglia dal punto di vista economico e relazionale.
Ma perché l’adolescenza è un periodo così critico? Perché, come abbiamo detto, oltre a essere caratterizzato dalla dipendenza affettiva, fisica ed economica dei figli dai genitori, rivela un altro aspetto molto importante: la negazione da parte dei ragazzi di questa dipendenza. Poiché stiamo parlando di un periodo di crescita, modulazione, formazione della personalità, possiamo dire che una sana adolescenza è quella in cui il ragazzo (o ragazza) si differenzia dai genitori e, se è sano appunto, si impegna a farlo. Si tratta di essere “contro” per affermare la propria individualità. E’ molto importante che un genitore se ne renda conto, e non interpreti la ribellione dell’adolescente come un fenomeno antisociale.
In altri termini l’adolescente si sta trasformando da bambino in giovane adulto, ma questa trasformazione è dolorosa: lui non è ancora adulto e a volte non sa chi è e cosa vuole diventare.
Consideriamo soprattutto la trasformazione fisica, la scoperta di un corpo che assume caratteri sessuali nuovi: sia nel maschio sia nella femmina, avviene una tempesta ormonale tale da provocare cambiamenti a volte traumatizzanti. L’adolescente si trova così a vivere desideri nuovi; la sessualità prorompe e apre nuove prospettive, che possono essere vissute con timore e vergogna.
I genitori sono di fronte a un figlio (o figlia) che non ha ancora rinunciato a essere bambino, ha paura di diventare adulto e nello stesso tempo tiene a dimostrare che lo sta diventando. Da qui crisi emozionali, atteggiamenti di ribellione che possono sembrare immotivati, rigetto delle abitudini personali e familiari. Mamma e papà non sanno più come comportarsi: a volte sono tentati di diventare “amici” e complici dei figli, sforzandosi di stare al loro livello. Niente di più sbagliato! I genitori devono fare i genitori, guidare i ragazzi, fornire loro un modello, un punto di riferimento anche utile per “differenziarsi contro”.
Ma, attenzione: essere troppo rigidi può portare a stimolare eccessivamente le emozioni, come la rabbia dell’adolescente, con conseguenze a volte catastrofiche (vedi la cronaca); o può portare a un’eccessiva inibizione, con effetti altrettanto disastrosi (anche se questi sono i casi in cui spesso si sente dire: “è proprio un bravo/a ragazzo/a”).
Il compito difficilissimo dei genitori “sufficientemente buoni” è quello di armarsi di santa pazienza e di mettersi nei panni dell’essere umano che in quel momento sta attraversando una fase di crescita e individuazione. L’adolescente ha comunque bisogno della guida dei genitori, anche quando sembra non accettarla: quel che conta è che mamma e papà lo rispettino come individuo, motivando sempre le proprie decisioni.