Diversi anni fa erano prodotti o rimedi “alternativi”. Oggi sono detti, senza mezzi termini, cosmetici “naturali”. Una definizione rassicurante, che dovrebbe garantirne l’efficacia, nel pieno rispetto della pelle. Ma che può trarre in inganno e indurci a scegliere una crema più sull’onda della suggestione, che della razionalità. Va chiarito infatti che in questa categoria rientrano trattamenti molto diversi tra loro: dai cosiddetti “bio” alle formule a metà tra natura e sintesi di laboratorio. Perché non provare a capire meglio e più a fondo questi prodotti, per il bene della nostra pelle?
Per fare chiarezza, abbiamo intervistato il dottor Umberto Borellini, cosmetologo a Milano.
Cosa significa cosmetico “naturale”?
«È un termine generico e molto inflazionato, che raggruppa diversi tipi di prodotti solo all’apparenza uguali. La formulazione propriamente naturale è quella a base di sostanze estratte da vegetali, animali o minerali, senza alcuna modificazione chimica. Inoltre, l’estrazione di questi principi attivi deve avvenire solo con mezzi fisici. Diverso il caso di prodotti con ingredienti di derivazione naturale che hanno subito lievi modifiche in laboratorio, senza comprometterne la naturalità. Infine, quando gli interventi chimici hanno un ruolo più significativo, si parla di composti ottenuti da sostanze naturali».
Un cenno anche ai trattamenti “bio”. Ci sono disposizioni legislative per distinguerli dagli altri cosmetici naturali?
«Per distinguerli sono nati alcuni enti certificatori, che appaiono sulle etichette dei prodotti, come Cosmebio, Aiab, Cepb ed Ecocert. Ma ci si sta muovendo per ottenere anche una vera e propria regolamentazione europea. Secondo il protocollo Ecocert, che resta il più diffuso, un cosmetico è ritenuto “bio” solo se composto per il 95% da ingredienti naturali, di cui il 10% circa provenienti da colture biologiche. Niente pesticidi e coloranti sintetici, materie prime di origine animale e Ogm (organismi geneticamente modificati). Infine, sono vietate oltre la metà delle 8mila sostanze autorizzate, invece, nei cosmetici tradizionali».
Sono efficaci?
«Certo. Ma, data la presenza di un numero così ristretto di principi attivi, si possono ottenere solo prodotti semplici: creme idratanti, detergenti, tonici, oli, e non formulazioni più complesse, che richiedono tecnologie sofisticate».
Si sente spesso parlare di cosmetici “organici”. Cosa si intende esattamente con questo termine?
«“Organico” è solo la definizione americana del cosmetico naturale, sinonimo di erboristeria».
Ha senso parlare di una formula “naturale” al 100%?
«Solo per quel che riguarda i prodotti “anidri”, cioè privi di acqua (e dunque, non contaminabili da batteri), come, per esempio, oli da massaggio, rossetti o ciprie. Per il resto, un cosmetico è sempre un mix tra estratti di origine vegetale, eccipienti (sostanze in cui si scioglie il principio attivo) e conservanti chimici. Contiene in media il 10% di oli naturali e il 60% di acqua, che va depurata da microbi e batteri. Solo così, sarà davvero efficace,“stabile”, (non facilmente alterabile) e ben tollerato dalla pelle».
Come si possono identificare questi cosmetici, grazie alle etichette?
«La corretta lettura degli ingredienti sulla confezione fornisce indicazioni importanti, anche la legge non è precisa in proposito. I componenti vegetali utilizzati integralmente, senza aver subito alcuna trasformazione chimica, devono essere indicati con il nome botanico, in latino. E vanno citati in ordine decrescente: i primi dell’elenco saranno quelli a concentrazione più elevata, gli ultimi sotto l’1%. Inoltre, oggi bisogna specificare quale parte della pianta (foglie, fiore, radice, olio…) è stata utilizzata».
Anche il packaging contribuisce alla messa a punto di un cosmetico naturale?
«Per i prodotti “bio”, le confezioni sono in materiali riciclabili. Più in generale, per essere definito naturale, un prodotto dovrebbe essere proposto in tubetti airless, con dispenser, che evitano il contatto con le dita e l’aria, potenziali veicoli di batteri. O, ancora meglio, nelle confezioni monodose, come bustine e capsule, che permettono di consumare il prodotto subito, al massimo della sua efficacia».
Si sente parlare spesso di make up con pigmenti naturali. Ha una resa cromatica migliore ed è più tollerato rispetto a quello tradizionale?
«Nell’ambito del trucco, le distinzioni tra “naturali” e “non”, appaiono più difficili. A parte pochi visagisti, che amano utilizzare solo elementi naturali, come i bastoncini di liquirizia o la polvere di riso, tutti i pigmenti utilizzati per i trucchi sono “naturali”, in quanto estratti dalle rocce: dall’ossido di zinco al biossido di titanio, dalla mica al ferro e al talco. Dunque, gli effetti dipendono non tanto dai materiali, ma da come vengono trattati e la tollerabilità è legata alla sensibilità individuale. In più, la maggior parte dei prodotti di make up è priva di acqua: dunque, non richiede conservanti».
Una formula “naturale” (od “organica”) è anche sinonimo di ipoallergenica e, dunque, indicata per le pelli più reattive? O, al contrario, data la maggiore concentrazione di estratti vegetali, può risultare potenzialmente irritante?
«Un cosmetico naturale dovrebbe garantire maggiore sicurezza. Ma non è affatto scontato che sia innocuo. Se si è intolleranti a una particolare sostanza come, per esempio, alla soia o alla pesca, si continuerà a essere sensibili, anche nel caso sia disciolta in modo naturale in un cosmetico. Resta vero che, di solito, i rischi di allergia sono più contenuti rispetto alle sostanze chimiche, in grado di provocare reazioni cutanee più “violente”. Il motivo è semplice. Da organo intelligente qual è, la pelle le ha memorizzate da millenni. E, nel momento in cui entra in contatto con una di loro, la riconosce e se ne “appropria” più facilmente. D’altra parte, chimica e tecnologia possono essere utilizzate anche per “pulire” il principio attivo naturale, privandolo, del tutto o in parte, di sostanze potenzialmente irritanti, che per anni ne hanno limitato l’uso nelle formulazioni cosmetiche».
Qual è la possibile evoluzione di questo settore cosmetico?
«Tra le attuali, nuove frontiere c’è la scoperta di sostanze vegetali, con una spiccata attività anti-microbica. Alcuni oli essenziali, come l’estratto di mirto australiano, quello di ylang ylang o di geranio, favoriscono la conservazione del cosmetico, oltre a regalargli una piacevole fragranza. Insomma, il mondo del naturale riserva ancora molte sorprese per il futuro. Ciò non significa, comunque, “demonizzare” la chimica. Meglio puntare sulla loro sinergia. Oggi, per esempio, si può disporre di metodi scientifici molto sofisticati per calibrare quantità e combinazioni dei fitoestratti. E in laboratorio si possono mettere a punto ottimi principi attivi, con un Dna in tutto simile al loro corrispondente vegetale, in grado di resistere meglio a luce, calore e agenti esterni, mantenendo più a lungo la loro efficacia».
di Monica Caiti
GUIDA ALLA “FISIO-COSMESI”
“La vera bellezza è sempre intelligente ed essere intelligenti è più semplice di quanto si possa credere”. È con questa convinzione che Umberto Borellini apre il suo ultimo libro: “La bellezza intelligente – Strategie anti-age con i rivoluzionari cosmeceutici” (edito da J4Life). E se lo dice lui, che è uno dei massimi esperti dell’argomento, c’è da crederci. Ma la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, ingredienti essenziali del fascino, richiedono alleati irrinunciabili come i cosmetici. Meglio se di ultima generazione, frutto della sinergia tra tecnologie e ingredienti naturali. Obiettivo di questo volume è appunto quello di guidare la lettrice lungo un percorso complesso, che terrà conto di stile di vita, formulazioni e tecniche per esaltare al massimo il proprio charme.
M.C.