Donne e lavoro. Un binomio che in Italia presenta ancora molte incertezze. Il rapporto dell’Ocse su uguaglianza di genere e ripresa economica, illustrato di recente a Parigi, parla infatti del 51% di presenza lavorativa femminile nel nostro paese, contro il 65% della media Ocse. Un dato che ci posiziona agli ultimi posti tra i paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, riguardo al lavoro femminile. E che penalizza l’economia italiana. Le donne sono inoltre poco presenti ai vertici aziendali (33% dei dirigenti d’azienda, 7% dei consiglieri d’amministrazione, 22% degli imprenditori con lavoratori dipendenti).
Essere donna, magari mamma, e manager, ed esserlo al meglio, è quindi ancora oggi una sfida quotidiana nel nostro paese. Ci parla della sua esperienza Mariagrazia Sturniolo, da tre anni Customer Service & Distribution Manager della divisione Medical Diagnostics di GE Healthcare Italia.
Lei ha un ruolo di responsabilità all’interno di una grande azienda. Ma è anche una donna con una famiglia, un figlio. E’ stato difficile affermarsi in ambito professionale, dovendo conciliare impegni lavorativi e familiari?
«La difficoltà maggiore è stata interiore, trovare il giusto equilibrio tra vita professionale e famiglia, una maggiore soddisfazione per tutte le parti coinvolte e soprattutto una tranquillità d’animo. Un’attività portata avanti giorno per giorno, con scelte a volte non facili, ma definendo alcune linee fondamentali: obiettivi professionali chiari; attenzione ai bisogni della famiglia e del contesto professionale; separazione netta degli ambiti famiglia e lavoro; condivisione familiare delle attività casalinghe; saper dedicare il tempo giusto e “di qualità” ai figli. Inoltre, creare una rete di persone fidate – nonni paterni e materni – che potessero prendersi cura di mio figlio durante le mie assenze lavorative è stato fondamentale».
GE risulta una delle aziende più attente alle esigenze delle dipendenti con figli (da due anni è nella classifica americana delle “Working Mother 100 Best Companies”). In che modo l’azienda risponde a queste esigenze?
«GE cerca di offrire opportunità flessibili al lavoratore, compatibilmente con il ruolo svolto. Per le dipendenti con figli c’è la possibilità di lavoro part-time in forme diverse e di un numero di ore settimanali variabili. In altri casi, è offerta anche la possibilità di lavorare parzialmente in remoto da casa. In GE si pone grande attenzione al benessere del dipendente sotto molti punti vista (salute, luogo di lavoro, sviluppo di carriera) e anche le esigenze delle lavoratrici e la loro tranquillità sono importanti, perché esiste un riconoscimento del valore delle persone e dell’importanza d’investire su di loro».
“Women’s network” è una rete che riunisce le donne che lavorano in GE nel mondo, con l’obiettivo di socializzare e favorire l’avanzamento della carriera. Ci può dire qualcosa di più in merito?
«Il Women’s Network è un forum che favorisce lo sviluppo professionale delle donne, aiuta a stabilire relazioni che possano essere utili per indirizzare la propria carriera. E’ organizzato in centri principali collegati alle sedi GE (in Italia abbiamo un centro a Milano e uno a Firenze), gestiti da più leader, che si occupano di organizzare eventi anche in collaborazione con associazioni, focalizzate sul ruolo professionale femminile, come per esempio “Valore D” (Donne al Vertice per l’Azienda di Domani, associazione di grandi imprese per sostenere la leadership femminile in azienda, ndr), ma anche incontri con personalità di rilievo, sia interne a GE, sia esterne».
Non crede che una risposta adeguata all’esigenza delle donne di conciliare carriera e famiglia debba far leva sulla collaborazione maschile, in modo che la gestione della vita familiare sia maggiormente condivisa?
«A questo proposito riprendo il tema evidenziato dal Presidente del Consiglio, durante la conferenza di fine anno. Per l’equità e lo sviluppo della società italiana ci vuole un salto di qualità nel modo di concepire il ruolo della donna, sia dal punto di vista demografico – e quindi per la maternità sarebbero auspicabili provvedimenti specifici di aiuto, flessibilità e sostegno – sia dal punto di vista sociale che politico. Sociale perché, nonostante la recente legge sulle quote rosa per le aziende, ancora molta strada deve essere percorsa in termini di meritocrazia senza distinzione di genere. Ma non solo, dovrebbe esserci anche la valorizzazione economica di tutte le attività sommerse, a favore di bambini e anziani, di cui le donne si fanno carico. Dal punto di vista politico, mi riferisco all’applicazione delle quote rosa in Parlamento, nelle Università, negli Istituti scientifici e ai vertici della pubblica amministrazione. Deve cambiare la mentalità della nostra cultura, che per certi aspetti si presenta inadeguata allo sviluppo del mondo moderno, non favorendo l’accesso delle donne a certi ambiti privilegiati».
A cura di Eleonora Rigato