Pregiudizi e falsi miti sono ancora oggi diffusi tra le donne italiane sull’assunzione di sostanze come gli ormoni. Basti pensare che il nostro Paese è tra gli ultimi in Europa per utilizzo di contraccettivi ormonali (16% contro il 39% della Francia, il 49% della Germania e addirittura il 59% del Portogallo). Per non parlare dell’8% delle donne che fa terapia ormonale in menopausa, un periodo in cui il brusco calo degli estrogeni influisce negativamente sulla qualità di vita e la salute. Eppure gli ormoni fanno parte della fisiologia della donna e, quando mancano, provocano non pochi problemi. Non solo, ma in alcuni casi sono indispensabili per tutelare la salute della donna, soprattutto se giovane, e proteggerla non solo da gravidanze indesiderate, ma anche da patologie per le quali gli ormoni rappresentano vere e proprie terapie.
Di questo si è parlato i giorni scorsi in occasione di due importanti eventi: ”Cura, femminile plurale: donne protagoniste di salute”, promossa da Teva Italia nell’ambito della manifestazione “Il tempo delle donne” che si è tenuta a Milano e “Amore e ormoni nella vita delle donne”, promossa da MSD a Roma.
«Molto è stato fatto per informare le giovani donne sull’importanza di fare contraccezione in maniera responsabile e molto c’è ancora da fare per abbattere i pregiudizi e la disinformazione legata ad esempio alla menopausa», dichiara il professor Paolo Scollo, presidente della SIGO – Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. «Pensare che le donne, a causa di un’informazione errata, possano andare incontro a danni irreparabili è una sconfitta sociale che va evitata con un’azione di tipo educazionale tra medici, istituzioni e aziende».
E questo accade, nonostante da diverso tempo siano sul mercato vari tipi di contraccettivi ormonali, di semplice gestione, in grado rispondere alle necessità di ogni donna: oltre alla pillola, che rimane il contraccettivo più usato, è disponibile il cerotto che va cambiato una volta alla settimana; l’impianto sottocutaneo che offre una copertura contraccettiva per tre anni; il dispositivo intrauterino che, inserito dal ginecologo, rimane efficace per tre anni; l’anello vaginale mensile, recentemente dotato di applicatore monouso che permette di posizionarlo ancora più facilmente, come fosse un assorbente interno.
«In Italia la cultura della contraccezione ormonale è ancora avvolta da paure e tabù: la donna la teme e la collega all’insorgenza di eventi avversi, come rischio di tumori, la perdita della fertilità, l’aumento di peso», commenta il dottor Roberto Bernorio, ginecologo, psicoterapeuta e sessuologo. «La speranza è che le nuove generazioni cambino atteggiamento, ma perché questo avvenga è necessario che le ragazze siano “educate” a gestire la propria vita sessuale. Se è vero che la scelta di un contraccettivo è quanto mai personale e andrebbe decisa insieme al proprio ginecologo, è altrettanto vero che le giovani sono alla ricerca del metodo contraccettivo ideale che sia facile da usare, efficace, sicuro e che non richieda un’attenzione continua».
In molti casi poi i preparati ormonali diventano una vera e propria cura per disturbi che non devono essere trascurati, tra cui le mestruazioni dolorose, spesso sintomo di patologie come l’endometriosi e la policistosi ovarica. «In questi casi la pillola diventa una vera e propria “terapia” e deve essere usata in continuo, per mesi, senza interruzioni», puntualizza la dottoressa Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia medica dell’Ospedale San Raffaele/Resnati di Milano. «Evitare le fluttuazioni e mantenere un costante rilascio di ormoni dà benefici anche in altre malattie infiammatorie. Sono noti i vantaggi della terapia ormonale nei casi di cefalea mestruale. Uno studio recente, pubblicato sulla rivista Multidisciplinary Respiratory Medicine, ha addirittura confermato i benefici di una somministrazione continua di ormoni nelle donne che soffrono di asma, le cui crisi si intensificano in prossimità del ciclo mestruale».
Per non parlare dei benefici a lungo termine, soprattutto nella prevenzione del tumore all’ovaio e al colon. Da ridimensionare i rischi di un minimo aumento di tumore al seno, dopo anni di utilizzo di ormoni, anche in menopausa. «Dal recente congresso della Società Internazionale della Menopausa sono emersi addirittura dati che confermano la riduzione del rischio mammario nelle donne senza utero. Inoltre sembra che le donne che usano la Terapia ormonale in menopausa abbiano una mortalità minore anche per altre cause, comprese le malattie cardiovascolari».
Un ultimo tabù da sfatare riguarda la fertilità, che per molte donne giovani verrebbe compromessa dall’uso di preparati ormonali. «In realtà è esattamente l’opposto», replica Alessandra Graziottin. «Tanti anni di contraccezione ormonale mettono a riposo le ovaie e migliorano la fertilità, allorché si dovesse decidere di attuare un progetto procreativo. Oggi le donne hanno circa 450 cicli mestruali nell’arco della vita fertile e questo provoca uno stato infiammatorio delle ovaie che una volta, le nostre nonne non avevano, avendo solo 150 cicli perché facevano molti figli e li allattavano».
Oggi esistono addirittura dei preparati ormonali per mantenere a riposo le ovaie, che vengono somministrati durante i cicli di chemioterapia, per proteggere l’apparato genitale femminile e, dopo qualche anno, poter attuare un progetto procreativo. Grazie alla possibilità di congelare i gameti, sia femminili che maschili, è possibile diventare genitori anche dopo diversi anni dall’asportazione di un tumore.
«Stiamo diffondendo questo messaggio che tranquillizza soprattutto le donne e dà loro una chance in più per combattere il tumore», conferma il dottor Salvo Catania, chirurgo-oncologo, ideatore del blog: “ragazzefuoridiseno”. «Moltissime giovani ci scrivono e ci chiedono consigli su come poter riprendere la vita sessuale e riproduttiva dopo l’esperienza di un tumore».
«Come medici ed esponenti di società scientifiche abbiamo il compito di prenderci carico dei temi che riguardano la fertilità e la riproduzione», conclude il dottor Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Fertilità, Sterilità e Medicina della riproduzione. «Per questo abbiamo istituito un Centro Studi dedicato proprio a questi argomenti che nei prossimi due anni si concentrerà sul tema “giovani e fertilità” per mettere in luce il grado di consapevolezza delle nuove generazioni riguardo alla fertilità».
di Paola Trombetta
NUOVO CENTRO DI CRIOCONSERVAZIONE DEI GAMETI AL SAN MATTEO DI PAVIA
“Madri oltre il tempo della malattia”: è il progetto da poco avviato presso il Policlinico San Matteo/Università di Pavia. Il progetto vuole portare un modello innovativo nello studio della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Oggi è possibile grazie alla crioconservazione delle cellule uovo contenute nell’ovaio, ogni qual volta i tempi di diagnosi e cura lo consentono. La procreazione medicalmente assistita permette di prelevare in modo rapido e sicuro le cellule uovo e di conservarle intatte fino a quando la donna avrà superato la malattia e sentirà il desiderio di diventare madre. Inoltre, non si deve dimenticare che anche i partner maschili possono affrontare patologie i cui trattamenti mettono a rischio la fertilità futura e, pertanto, è possibile crioconservare il liquido seminale.
«Generare informazione e consapevolezza su un tema così importante per la vita di tutti noi è un dovere del medico specialista in tema di fertilità per preservare la capacità riproduttiva in un Paese dove si programma di “avere un bambino” sempre più tardi e, dunque, con potenziali maggiori rischi e difficoltà», fa notare Rossella Nappi, professore associato di Clinica ostetrico-ginecologica all’Università di Pavia e coordinatrice del progetto. «Serve però un aiuto per dare spazio e tempo alla realizzazione di questo progetto che va ad affiancarsi al carico di attività di routine dedicato alle coppie infertili che svolgiamo presso il Centro della Procreazione Medicalmente Assistita dell’IRCSS Policlinico S. Matteo. Nel contempo è importante per noi continuare a studiare le migliori strategie metodologiche di crioconservazione dei gameti femminili e maschili al fine di preservare un materiale quanto più simile a quello “a fresco” fino a quando i malati saranno guariti».
Per info: https/:universitiamo.eu:campaigns:madri-malattia
(P.T.)