E’ Parma la città dov’è comparso per la prima volta il virus influenzale (A/H3) della stagione autunno-inverno 2016-2017, con possibili propaggini anche primaverili. È stato isolato in un bambino di 3 anni e 5 mesi proveniente dalla Libia che ha richiesto un ricovero nel Dipartimento materno-infantile dell’Azienda ospedaliero-universitaria della città emiliana. Ma l’influenza “vera”, con manifestazioni epidemiche – tranquillizzano gli esperti – non è ancora arrivata: questo primo caso sporadico, che per tradizione colpisce soggetti più deboli come i bambini, è solo un annuncio di quale forma virale ci attenderà ai primi freddi. «Avere già scovato il virus – afferma Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore del Dipartimento Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano, Direttore Sanitario dell’IRCCS Galeazzi della città lombarda e responsabile scientifico di www.osservatorioinfluenza.it – ci permette di confermare la validità della scelta dei piani vaccinali e quindi l’efficacia della campagna vaccinale che comunque non va anticipata». Ma che tuttavia va raccomandata a tutti e soprattutto a persone a rischio: bambini, anziani e donne in dolce attesa. Con un particolare riguardo verso queste ultime, emerso dalle nuove indicazioni scientifiche. Infatti, vi sarebbero forti indicazioni che la vaccinazione antinfluenzale, fatta dalla mamma in gravidanza, protegga anche il bambino, soprattutto nei primi quattro mesi di vita, abbassando del 70% il rischio di contrarre la sindrome. Il vaccino sarebbe cioè in grado di svolgere, anche sui neonati, un’azione immunizzante indiretta grazie alla correlazione tra gli anticorpi della madre e quelli del figlio. È quanto attesterebbe un ampio studio, pubblicato su Lancet Infectious Diseases, condotto su oltre 4 mila mamme in dolce attesa dall’University of Maryland School of Medicine’s Center for Vaccine Development di Baltimora e dal Center for Vaccine Development del Mali, in Africa occidentale. In quest’ultimo Paese l’assistenza sanitaria è scarsa a tal punto che anche una problematica banale come l’influenza può causare la morte dei nascituri se non adeguatamente trattata e dove ad oggi non esiste alcuna forma di vaccinazione approvata per bambini con meno di sei mesi di età.
“L’immunità” offerta dal vaccino ai piccoli è una protezione a tempo, tuttavia efficace come dimostra lo studio malese, nel quale metà delle donne erano state vaccinate contro l’influenza e la restante contro la meningite. In entrambi i gruppi, i nascituri erano stati monitorati per sei mesi con lo scopo di osservare “l’effetto scudo” svolto dalla vaccinazione, in particolare contro la sindrome influenzale. A sorpresa, è stato possibile notare che i neonati di donne vaccinate godevano di una protezione anche del 70% nei primi quattro mesi di vita, riducendosi al 57% al quinto mese dal parto fino ad abbassarsi a zero dopo sei mesi dalla nascita. «In Mali – spiega Milagritos Tapia, principale autore dello studio – la maggior parte delle donne in attesa riceve il vaccino contro il tetano quale protezione da ogni possibile contrazione al momento del parto. Ad esso, in funzione dell’efficacia comprovata dalla nostra ricerca, si potrebbe aggiungere anche il vaccino contro l’influenza».
Un altro studio, pubblicato su Jama Pediatrics, attuato dall’Università di Witwatersrand di Johannesburg, in Sud Africa, su oltre mille bambini nati da donne immunizzate nel corso del secondo e del terzo trimestre di gravidanza contro l’influenza e altri mille nati da donne trattate con placebo, avrebbe dimostrato che la vaccinazione stimola la produzione di anticorpi nei piccoli, con un’efficacia massima attorno ai due mesi di vita che va poi progressivamente a scemare al termine del sesto mese. In particolare, è emersa l’efficacia dell’antidoto nel primo gruppo di donne, con valori decrescenti da più dell’85% nel secondo mese a oltre il 30% al sesto mese. Dunque? Entrambi gli studi confermerebbero l’azione protettiva svolta dal vaccino contro l’influenza da madre a figlio. Relazione che lo farebbe raccomandare (sebbene non sia obbligatoria) anche alle donne italiane, la cui offerta è gratuita nel primo trimestre di gravidanza e si può effettuare presso gli studi dei medici di famiglia o il dipartimento di prevenzione della Asl di riferimento.
E invece ai bambini quando e che tipo di vaccinazione antiinfluenzale raccomandare? Meglio intramuscolare, piuttosto che spray, già dopo i sei mesi di vita. Almeno secondo i pediatri americani dell’Aap, Accademia americana di pediatria, che in uno studio pubblicato su Pediatrics sconsigliano l’uso del vaccino influenzale vivo attenuato per via intranasale, asserendo che non protegge contro alcuni ceppi virali che hanno giocato un ruolo prominente nelle ultime tre stagioni: «Il vaccino spray nella stagione 2015-2016 – ha dichiarato Henry Bernstein, uno dei coautori dell’articolo – si è dimostrato efficace tra i bambini da 2 a 17 anni solo nel 3% dei casi rispetto al 63% di quello iniettivo». Aggiungendo che occorrerebbe sensibilizzare alla vaccinazione soprattutto bambini e adolescenti con malattie che potrebbero aumentare il rischio di complicanze».
Infine, alcune componenti delle uova presenti nel vaccino possono rappresentare una controindicazione alla somministrazione in soggetti allergici? Affatto, dicono sempre in America. «Uno studio di revisione pubblicato nel 2012 – conclude Bernstein – dimostra che la quantità di proteine dell’uovo contenuta nel vaccino non aumenta il rischio di anafilassi anche in soggetti sensibili o allergici». Dunque il vaccino iniettivo si confermerebbe con un parere internazionale, il migliore “strumento” di immunizzazione o di prevenzione per mamma, bebè e bambino, contro l’influenza e le sue complicanze.
di Francesca Morelli
IL VERO E IL FALSO DELL’INFLUENZA
È vero: quest’anno l’influenza sarà più “vivace” del solito. Di certo più dello scorso anno, soprattutto se – come attestano le prime previsioni stagionali meteo – l’inverno si prospetta più lungo e freddo. Mietendo più vittime – la stima si aggira intorno a 6/7 milioni di italiani contro i 5 milioni di casi del 2015 – costretti a letto con i sintomi classici della influenza“vera”: febbre alta, sintomatologia alle vie respiratorie, quali mal di gola, tosse, raffreddore, e poi spossatezza e abbattimento fisico (i sintomi più tipici del virus influenzale) e dolori muscolari. Lo asserisce sempre il virologo professor Fabrizio Pregliasco, che così precisa: «Quest’anno avremo due nuovi virus: insieme al virus A/California/7/2009 (H1N1), già noto, si aggiungeranno anche A/Hong Kong/4801/2014 (H3N2) e B/Brisbane/60/2008 (lineaggio B/Victoria), nuove varianti, che saranno presenti anche nella composizione vaccinale». A questi ceppi virali si aggiungono oltre 260 virus parainfluenzali che assomigliano per sintomatologia all’influenza, ma che in realtà non lo sono. È vero che è possibile proteggersi dal contagio personale e collettivo che avviene piuttosto facilmente da individuo infetto a un altro individuo? Sì, ed è bene seguire alcune semplici regole quotidiane come lavarsi accuratamente e di frequente le mani risciacquandole poi per almeno 30 secondi sotto il getto del rubinetto, mettere le mani davanti alla bocca e al naso quando si tossisce o si starnutisce, avere un’alimentazione ricca di frutta e verdura fresche, vestirsi a “cipolla” perché il virus spesso si innesca con lo sbalzo termico, nel passaggio da un luogo caldo a un luogo freddo, limitare la frequentazione di luoghi affollati e umidi come metropolitane, palestre, cinema che sono spesso un covo di virus influenzali. Qualora il virus ci attaccasse, oltre a modificare alcune abitudini nello stile di vita alimentare (vanno bene il brodo di pollo che può aiutare in caso di inappetenza, favorendo anche l’apporto di liquidi e meno il latte caldo che, a causa della componente proteica, potrebbe avere un rebound sulla sintomatologia respiratoria aumentando la produzione di muco), è corretto rimanere a riposo e a casa per evitare di contagiare gli altri.
È vero che è saggio ricorrere all’automedicazione? Sì, perché resta il pilastro principale del trattamento delle sindromi influenzali e parainfluenzali, a condizione che vi si ricorra in maniera corretta e responsabile. «L’uso di questi farmaci – aggiunge Pregliasco – è utile per attenuare i sintomi del virus senza però azzerarli, seguendo l’andamento della malattia e consultando il medico se le cose non migliorano dopo 4–5 giorni. Tra i farmaci di automedicazione più utilizzati sono disponibili ad esempio: antistaminici, contro gocciolamento nasale, starnuti, congiuntivite; vasocostrittori (contenuti negli spray nasali) contro il naso chiuso; collutori o pastiglie anti congestionanti o antisettici contro il mal di gola; sedativi, fluidificanti e mucolitici contro la tosse; antinfiammatori (antidolorifici e antipiretici) contro dolori e febbre». Mentre gli antibiotici devono essere utilizzati solo dopo aver effettuato una visita medica, quando i sintomi dell’influenza non passano o se, dopo un’apparente guarigione, si manifesta un ritorno di febbre e tosse produttiva o in caso di complicanze. Resta fondamentale la vaccinazione, garantita dal Servizio Sanitario nei soggetti a rischio (acquistabile con un costo che si aggira intorno ai 10 euro), meglio consigliata a tutti, fin dall’apertura del periodo vaccinale che partirà a ottobre come ogni anno, quale efficace prevenzione.
Cosa c’è ancora di vero e di falso sull’influenza? Almeno cinque affermazioni.
È vero che bere una spremuta d’arancia al giorno aiuta a prevenire raffreddore e influenza. Questo perché la vitamina C contribuisce a rafforzare il sistema immunitario, senza tuttavia esagerare perché quantitativi extra-large potrebbero scatenare disturbi gastrointestinali.
È falso che dopo 3 giorni non si è più contagiosi. Non esiste un tempo prestabilito in cui si smette di essere “untori”. Ecco perché è utile mettere in pratica delle sagge norme di igiene preventiva e protettiva.
È vero che pulire e disinfettare la casa aiuta a liberarsi dei virus in circolazione. Infatti possono sopravvivere sulle superfici dure, quindi mobili, lavelli o fornelli in acciaio inox, per 8-12 ore, mentre hanno vita breve su materiali morbidi. È dunque meglio pulire le superfici con prodotti a base di candeggina e sostanze disinfettanti.
È falso che il vaccino allontana il rischio di influenza per tutto l’inverno. Protegge dai virus prevalenti nel corso dell’anno, ma non copre da tutti i virus parainfluenzali. Però chi si è vaccinato avrà minori probabilità di ammalarsi o, nel caso, i sintomi saranno più lievi.
È vero che dormire aiuta a difendersi dal virus. Sonno e risposo sono fondamentali, tanto più importanti nei bambini che devono esser lasciati dormire anche più del solito monitorando le vie respiratorie, quando infiammate, o aiutando se necessario a liberarle.
È falso che gli antibiotici aiutano a combattere l’influenza. Contrastano solo le infezioni batteriche che, invece, non sono la causa dell’influenza stagionale. Dietro prescrizione medica, potrebbe essere necessario assumerli in soggetti a rischio per contrastare infezioni batteriche che potrebbero subentrare a seguito o come causa dell’influenza.
(F.M.)